lunedì 23 dicembre 2019

Nulla due volte accade


Accingersi a scrivere l'ultimo post di questo anno è molto difficile.
Impossibile non vedere la grande nube scura che è stata la morte di mio padre e con lei ogni bilancio, ogni ricordo, ogni considerazione, se messa a paragone, verrebbe oscurata. Mentirei però se dicessi che, dopo il due marzo, questo anno è sempre stato solo brutto, grigio, triste.
Ci sono stati giorni buoni, giorni meno buoni, giorni bellissimi, giorni disperati.
C'è stata vita.
Se c'è una cosa per cui devo essere grata è la consapevolezza e l'accettazione, o almeno il provarci, per ciò di cui è fatta la vita. Chiamatela maturità. Non lo so. So solo che sto smettendo di lottare inutilmente contro cose che non posso cambiare, contro cose di cui non ho il controllo. Non sono rassegnata, cerco solo di prenderne atto e vedere che cosa posso fare con tutto questo. Alle volte è pura convivenza. Alle volte gli eventi si trasformano in lezioni.
Nei momenti di lucidità, mi rendo conto che sto imparando a vivere e sono fiera di me stessa. Nei momenti di tristezza, sento che ho sbagliato e mi sento persa. Nei momenti di ottimismo sento che ho ancora molto da imparare e mi sento speranzosa.
Per la prima volta non ho fretta che un anno si chiuda e non ripongo nessuna speranza in quello che si apre, perché ho l'assoluta certezza che la vita mi offrirà sicuramente tante cose, belle e brutte, proprio come ha fatto finora. Starà a me avere occhi e cuore aperto per accoglierle. Sarebbe bello la bilancia pendesse sempre solo verso quelle belle, purtroppo la vita non sempre è così.
Spero di riuscire ad essere presente e attenta, per godere di ogni attimo, per poter dire più e più volte “Ah, allora è così...”
Nulla due volte accade
né accadrà. Per tal ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c'è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Perché tu, malvagia ora,
dai paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e qui sta la bellezza.

Wisława Szymborska
Vi faccio i miei migliori auguri. Arrivederci nella nuova decade,
Francesca

mercoledì 27 novembre 2019

Il fucile da caccia


C'è un uomo, di spalle, che si inerpica per un sentiero in mezzo a un bosco. Ha un fucile in spalla, un cane che lo segue a poca distanza e fuma la pipa con aria meditativa. Nell'aria gelida del mattino di inizio inverno procede lentamente, passo dopo passo, attento a non scivolare: è l'immagine di una sconfinata solitudine. “Un freddo guerriero”, “uno spirito solitario” che “punta il fucile sulle sue prede”.
Potrebbe succedere che, come me, siate riluttanti a seguirlo, ma vi invito a insistere, a non abbandonare il sentiero e a tenere il suo ritmo, che non è affatto veloce, tutt'altro.
Potrebbe succedere che sentiate avvolgervi dal freddo e dalla solitudine emanati dalla sua figura, che vi farà scoprire che “esiste il colore della tristezza, un colore che le persone possono vedere chiaramente”.
Quest'uomo ha una storia da raccontare, è una storia d'amore, “un amore che non riceve i raggi del sole, che non si sa dove nasca e dove vada a finire, sepolto nelle viscere della terra come un canale sotterraneo”.
Quest'uomo vi metterà di fronte a questa domanda: è meglio amare o essere amati?

Ho conosciuto “Il fucile da caccia” di Inoue Yasushi grazie a un corso di libroterapia che sto seguendo presso la biblioteca di Collegno, in provincia di Torino. La prima cosa bella è stato proprio la scoperta di un autore e di un libro che, molto probabilmente, non avrei mai letto. La seconda cosa bella è che si potrebbe andare avanti all'infinito a parlare di questo libro, lungo appena un centinaio di pagine, così come leggerlo e rileggerlo facendo ogni volta una nuova scoperta: una frase, un'immagine, una sfumatura. Nella sua brevità è così potente, così denso di significati, così denso di vita da sorprenderti ad ogni pagina. Volutamente non racconto qualcosa di più della trama, perché è importante scoprirla un poco alla volta, seguendo il ritmo del racconto.
L'autore è un critico d'arte e questo si riflette sulla sua scrittura, dove le parole sono calcolate al millimetro così come il tratto di un pennello, la storia procede per immagini e le pagine sembrano aprirsi sul destino dei suoi personaggi, sui grandi bivi che la vita ci presenta.
Se ci penso adesso, è stata quella strada a portarmi fin qui dove mi trovo adesso. Se in quel momento avessi preso la strada verso il mare, dove eravate voi, forse oggi sarei una persona diversa. Ma, per fortuna o sfortuna, non lo feci. Pensandoci, credo di essermi trovata allora di fronte al più grande bivio della mia vita.

giovedì 31 ottobre 2019

Il posto che più fa paura


Due settimane fa c'è stato il compleanno di mio padre, il primo senza di lui. Avrebbe compiuto ottant'anni e, chissà, forse gli avremmo fatto una grande festa. Ci siamo riuniti comunque e gli abbiamo dedicato una cena, mio nipote avrebbe voluto che apparecchiassimo anche per lui.
Inevitabile quindi, anche in vista di Halloween e del giorno dei morti e il mio vissuto come malata (ma anche caratteriale), che i miei pensieri siano andati più volte in quella direzione, che si siano soffermati più del dovuto negli angoli oscuri della mente.
Nel mio percorso di malattia ho avuto la fortuna di incontrare una bravissima psicologa, che non solo era in grado di leggermi dentro, ma che è riuscita a fornirmi, senza che io quasi me ne rendessi conto, gli strumenti per combattere il mio peggior nemico: la mia mente. È lei a creare le mie paure, è lei a nutrirle ed a farle crescere, è lei a dargli potere e ad esercitarlo contro di me.
Ho pensato di condividere con voi quanto ho appreso, perché tutti passiamo momenti bui, perché a tutti capita di incappare quella strada senza ritorno che sono le paure e chissà che non possa esservi di aiuto. Ci tengo però a sottolineare che quanto sto per scrivere non può e non deve sostituirsi a un medico vero e proprio e che, se sentite di averne bisogno, non dovete esitare a chiedere aiuto a chi ha le competenze giuste.
Inoltre, per quanto razionalmente io sappia che cosa dovrei fare (pensare) in alcuni frangenti, non sempre ci riesco, lo dimostra la profonda depressione in cui sono caduta la scorsa estate e per cui ero quasi pronta a ritornare dalla mia dottoressa.

SONO SOLO PENSIERI

Pare assurdo, ma spesso ce ne dimentichiamo, sono così grandi, forti e occupano per intero la nostra mente che diventano reali. E invece no, non esistono e ricordarcelo può alle volte aiutarci a ridimensionarli. Ripeterlo spesso «È solo un pensiero» può aiutarci a ricordare quello che è veramente: un frutto della nostra fantasia, che non è successo, o non ancora, che potrebbe non succedere mai.

CI PENSERÒ SE E QUANDO ACCADRÀ

Sono campionessa mondiale di “studio di possibili scenari”. Pensate di aver considerato tutte le eventualità e tutte le variabili di un caso? Venite da me che ve ne tiro fuori almeno un altro paio. “E se” è il mio secondo nome e “Se qualcosa può andar male, lo farà” il mio motto. Ho perso il conto delle giornate che trascorro zittendo la mia mente dicendole che ci penserò quando sarà il momento. (E pregando dentro di me che quel momento non venga mai...)

NON È CAMBIATO NIENTE RISPETTO A IERI

La mia quotidianità ora è fatta anche di frequenti controlli medici e di attese tra un esame e il ritiro degli esiti. Questi periodi possono essere stancanti per i pensieri apocalittici di cui vi parlavo nel punto precedente, ma anche per l'entrata in scena di un nuovo personaggio: l'ipocondria. Il dottore che mi ha in cura me l'ha anche detto: «Passerai il resto della tua vita a fare esami che, nella maggior parte delle volte, risulteranno inutili.» Allo stesso tempo non fanno che ripetermi che devo stare attenta a ogni minimo segnale... Non è facile trovare un equilibrio in tutto questo e, se davvero non voglio passare il mio tempo a fare esami di controllo, ogni tanto devo ricordarmi che fisicamente sto esattamente come …(inserire periodo felice e spensierato a piacere)

METTERE VIA I PENSIERI

Questo consiglio mi rendo conto non essere molto facile da mettere in pratica; parte dal presupposto che i pensieri siano cose materiali, fisiche e che tu sia in grado di maneggiarli. Un giorno, durante l'incontro con la mia psicologa, ero particolarmente arrabbiata e lei, prima di concludere e di salutarmi, mi ha chiesto di lasciare a lei la mia rabbia. Ha ignorato il mio sguardo stupito e scettico e ha continuato il discorso come se nulla fosse. «Ti vedo davvero tanto arrabbiata, se non ti dispiace, ti pregherei di lasciarmi la tua rabbia. Me ne prenderò cura io, lasciala qui con me, lasciala a me. Ora sai che lei è qui con me, in buone mani.» Le ho risposto dubbiosa di sì, ma uscita da lì, ho realizzato che, come per magia, la rabbia non era venuta via con me. Da quel giorno, sebbene riconosca l'importanza dei miei sentimenti e il diritto di provarli tutti, nessuno escluso, mi sento anche in potere di scacciarli fuori dalla porta, di lasciarli orfani. Soprattutto le paure.

So per esperienza personale che non è affatto facile; ci sono giorni in cui arrivo a sera stremata dalla lotta continua nella mia testa per tenere a bada le paure, ci sono giorni in cui basta un richiamo e le paure se ne vanno, ci sono giorni in cui soccombo e il terrore vero mi scuote, ci sono giorni in cui le paure non si presentano e io sono più leggera. Per fortuna, ogni giorno è diverso dall'altro.
Per essere felici bisogna eliminare due cose: il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora.
Seneca

mercoledì 23 ottobre 2019

100 Gianni Rodari


Recentemente ho letto un post su Facebook, di quelli di persone sconosciute ma che per la magia del “tizio che conosci ha commentato” vedi anche tu. Questa persona, in merito all'iniziativa #ioleggoperché, affermava una cosa che condivido appieno e cioè che si dovrebbe smetterla di parlare della lettura come una cosa elitaria, difficile, impegnata, ecc.; forse, diceva, dovremmo partire dalla più semplice verità: leggiamo perché è divertente.
Io stessa sono spesso vittima di questo modo di vedere la lettura, lo capisco quando sono reticente ad ammettere che no, quel libro proprio non l'ho letto. Questa “vergogna” riguarda buona parte della mia infanzia. I libri in casa dei miei genitori non sono mai mancati, lo dimostra il fatto che sia io che i miei fratelli siamo diventati forti lettori; però se penso alla me bambina so che ci sono tante lacune: Rodari, Pitzorno, solo per elencarne alcuni, sono grandi assenti della mia biblioteca personale. Non lo so perché, forse i miei genitori non davano così grande importanza a che cosa si leggeva, forse non avevano il culto del “classico”. Sicuramente avendo due fratelli molto più grandi di me, io ci tenevo tanto a leggere i loro stessi libri, cosa che, infatti, facevo di nascosto. Non a caso affermo con sicurezza che per far leggere un libro uno dei miglior modi e vietarlo.
L'altro buon metodo, quello che involontariamente hanno applicato i miei genitori e ora stiamo facendo io e mio marito, è l'esempio: se tuo figlio ti vede spesso con un libro in mano, completamente assorto nella lettura e, se cerca di attirare l'attenzione, si sente rispondere “Fammi finire il capitolo”, ci sono buone possibilità che faccia anche lui la stessa cosa. Perché è divertente.
Le parole sono divertenti, con le parole si possono fare tantissimi giochi, sono uno strumento potentissimo, fanno volare la fantasia. Lo sapeva bene Gianni Rodari, che con le sue storie ha divertito, ispirato, insegnato, commosso e continua a farlo nei suoi libri senza tempo, perché parlano di sentimenti che sono universali. Proprio oggi, nel 2020, cadrà il centenario della nascita e sono già iniziati i festeggiamenti. Un anno in cui verranno ristampate nuove edizioni, verranno condivise foto, notizie, giochi e che andranno a creare un grande portale celebrativo. Lo trovate QUI e, se volete rimanere sempre aggiornati, potrete anche iscrivervi alla newsletter.
Inoltre, per i lettori “alle prime armi”, in libreria si può ora trovare una nuova collana: “Leggo una storia con il maestro Gianni”; quattro libri scritti in stampatello maiuscolo per esercitarsi nella lettura divertendosi, perché come diceva Rodari: vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Li trovate QUI.
Per quanto mi riguarda, è giunto il momento di recuperare un grande assente della mia biblioteca di bambina. Buon divertimento.
Un «libbro» con due b sarà soltanto un libro più pesante degli altri, o un libro sbagliato, o un libro specialissimo.
Gianni Rodari

mercoledì 9 ottobre 2019

La giornata mondiale della posta


Oggi è la giornata mondiale della posta; in questo giorno nel 1874 gli stati si riunirono a Berna e firmarono un trattato che governa ancora oggi le spedizioni di tutto il mondo.
Chi mi conosce sa del mio amore incondizionato per la corrispondenza, di come adori ricevere e spedire lettere e cartoline; così come mi piaccia molto leggere epistolari di autori famosi (Virginia Woolf ed Emily Dickinson su tutti). Oggi però voglio condividere con voi tre libri illustrati sempre a tema corrispondenza, tutti e tre scovati negli anni in quel pozzo delle meraviglie che è il Salone del Libro di Torino.

È COSÌ SPERO DI TE, Didier Lèvy e Tiziana Romanin, Terre di mezzo


Il libro narra la storia vera di una corrispondenza fittizia inventata da Franz Kafka per consolare una bambina della perdita della sua bambola preferita. Incontrata per caso al parco mentre passeggiava con la sua fidanzata Dora, Kafka racconta alla bambina in lacrime di aver ricevuto una lettera dalla sua bambola, in cui raccontava di essere partita per un lungo viaggio intorno al mondo. Lettera dopo lettera la bambola cresce e diventa una donna libera, indipendente, curiosa del mondo e così facendo prende congedo dalla bambina, che a questo punto è pronta anche lei a spiccare il volo. Illustrazioni in stile Liberty e una storia per appassionati di letteratura.

IL POSTINO DEI MESSAGGI IN BOTTIGLIA, Michelle Cueves e Erin E. Stead, Babalibri


C'è forse qualcosa di più romantico di un postino che ha come compito quello di recapitare i messaggi portati dal mare? Fino al giorno in cui ne arriva uno che è un invito a una festa ma il postino non riesce proprio a trovare il destinatario. Deciderà quindi di recarsi lui il giorno della festa, per scusarsi con la persona che aveva scritto il messaggio. Ma una sorpresa lo attende...
Disegni che sembrano avvolti dalla stessa bruma che abbraccia la spiaggia, poetico come un messaggio in bottiglia, che trasmette la gioia che si prova quando il destinatario finalmente lo legge e, anche e soprattutto, la gioia dell'attesa.

LE LETTERE DELL'ORSA, Gauthier David e Marie Caudry, Gallucci


Un'orsa che sente la mancanza del suo amico uccellino e che decide di partire in viaggio, per raggiungerlo. Ogni giorno gli scrive una lettera in cui racconta le sue avventure di viaggio, le scoperte sulla natura, gli incontri lungo il percorso. Un racconto sull'amicizia, pieno di amore e coraggio, con lettere portate dal vento.

E quale miglior modo di festeggiare questa giornata se non scrivendo una lettera?


lunedì 30 settembre 2019

Firenze e Lucca


Lo so cosa state pensando: “Siamo praticamente ad ottobre e questa è ancora lì che pensa alle vacanze”. Veramente penso anche alle prossime, non solo a quelle passate. E se siete come me, che subito dopo l'amore per la lettura, viene quello per i viaggi, ho pensato che un paio di consigli in più e la condivisione della nostra esperienza potesse interessarvi.
Non mi dilungherò troppo in preamboli, credo sia mondialmente riconosciuto il valore delle città come Firenze e Lucca, infatti ci troverete il mondo... Non mi dilungherò troppo neanche sulla questione turismo; diciamo che mentre ero lì ho ringraziato mentalmente innumerevoli volte il fatto che Torino non sia una città così turistica; dal canto suo VV era affascinata da tutte le lingue che sentiva parlare attorno a se.
Qui di seguito vi elencherò non tutto quello che abbiamo fatto ma le cose che ci sono piaciute di più, che ci hanno davvero tanto entusiasmato e che ci hanno aiutato nel nostro soggiorno come famiglia. (In blu i link)

DOVE SOGGIORNARE

Villa Cassia di Baccano a San Giustino Valdarno, provincia di Arezzo.


Tra le tre soluzioni in cui abbiamo dormito, questa ovviamente è stata quella che ci ha fatto sognare e sentire dei principi. Quando viaggiamo ci sono due tipi di luoghi in cui siamo soliti dormire, quelli “per comodità”, che possono essere anche low budget (basta che siano puliti, non abbiamo molte altre pretese) e quelli “coccola”, proprio come quest'ultimo. A seconda dei viaggi, non sempre ci possiamo permettere le strutture “coccola”, ma cerchiamo di regalarci almeno una notte, possibilmente l'ultima, per chiudere in bellezza.

COSA FARE

Family Tour da Palazzo Vecchio a Firenze


Il primo giorno ci siamo recati alla biglietteria di Palazzo Vecchio e, lasciando semplicemente un documento, ci hanno consegnato uno zainetto contenente tutto l'occorrente per un tour guidato della città in dieci tappe e altrettante attività da svolgere. VV lo ha adorato e anche noi; abbiamo visitato i monumenti principali della città, letto della loro storia, imparato tante cose nuove e ci siamo divertiti, macinando chilometri senza mai un “Sono stanca” o “Mi sto annoiando”.

Visita guidata “Vita a corte” presso Palazzo Vecchio a Firenze


Prima ancora di partire avevamo prenotato una visita guidata, scegliendo tra le molte proposte sul sito (QUI). Anche in questo caso ci siamo divertiti tantissimo, la guida è stata brava, dolce e coinvolgente, e VV si è sentita davvero speciale, tra la scoperta di passaggi segreti e “sfilate d'eccezione”.



Lucca è un gioiellino da girare a piedi, ed è così bella che quasi non viene voglia di andare a chiudersi in un museo. C'è però un biglietto unico che comprende queste tre attrazioni che possono essere divertenti per spezzare il solo e mero passeggiare, soprattutto se con voi ci sono bambini.
Sicuramente il panorama dall'una o dall'altra torre non cambierà molto, però sono diverse e soprattutto hanno storie differenti che è divertente conoscere.
VV non è così attratta da piante e fiori, a meno che non le possa raccogliere, spezzettare, sezionare, analizzare, piantare semi, però grande entusiasmo per lo stagno delle ninfee, dove c'erano parecchie tartarughe, girini, pesciolini,... zanzare... Magari al giardino botanico non andateci come noi, nelle ore più calde sotto un sole cocente, magari.


DOVE MANGIARE

Brunch al Cuculia Ristorante Libreria a Firenze


Il problema delle città molto turistiche è che nei pressi dei luoghi che visiti ci sono solo locali turistici. Vale la pena fare una piccola passeggiata per andare a pranzare, o cenare come preferite, in questo bellissimo ristorante libreria.

Fattoria Il Poggio a Montecarlo (LU)

Andare a Firenze e non assaggiare la fiorentina ci sembrava un'eresia ma, idem come sopra, volevamo evitare i posti troppo turistici. In realtà anche questo lo è, ma è in mezzo alla campagna e, mentre tutti mangiavano fuori sotto i pergolati con quaranta gradi all'ombra, noi abbiamo deciso di pranzare dentro con l'aria condizionata e così eravamo quasi soli.


Usciti dal giardino botanico io avevo solo voglia di cose fresche come, caprese, prosciutto e melone e acqua gasata a garganella. Abbiamo trovato anche penombra, aria condizionata, tranquillità e gentilezza.


La regola del dormire ce l'abbiamo anche per il mangiare; in vacanza cerchiamo sempre di regalarci un pranzo o una cena in qualche bel ristorante. Anche in questo caso non siamo rimasti delusi, mangiato benissimo, coccolati a dovere dal personale e, come direbbe Alessandro Borghese, location perfetta.

COSA LEGGERE


Vittoria ha adorato questo libro, ce lo chiedeva in continuazione, al punto che in alcuni casi abbiamo anche dovuto vietarglielo. Pieno di storie su Firenze, attività da fare e due cartoline che VV ha spedito alle sue migliori amiche; c'erano anche gli adesivi da mettere per ogni monumento che si visitava e non ci è stato permesso saltarne nessuno. Vale mettere l'adesivo del giardino botanico anche se in realtà si è visitato quello di Lucca? Vale, vale.

Leragazze di San Frediano” di Vasco Pratolini

Chi mi segue su Instagram ha seguito la mia ricerca del libro ambientato a Firenze da portare con me durante questa vacanza e molti mi hanno anche dato dei suggerimenti. Alla fine ho scelto questo perché il viaggio era breve e così è anche il libro. Lettura piacevole, perfetta per quando tornavo nella camera d'albergo stanca e accaldata, che mi ha fatto apprezzare un quartiere che in realtà ho solo intravisto. Non mi dispiacerebbe però leggere un romanzo ai tempi dei Medici o proprio su di loro.

A tal proposito, e come chiusura, Firenze e Luccanon solo mi sono piaciute tantissimo, ma mi hanno fatto venire voglia di studiare arte e storia e hanno riacceso in me la scintilla d'amore verso l'Italia e il nostro patrimonio culturale.

lunedì 23 settembre 2019

Come le montagne conquistarono gli uomini


Come vi ho anticipato, questa estate mi ero ripromessa di leggere molto e sono riuscita a farlo, quindici libri per la precisione. Tra tutti quelli letti, se ne dovessi scegliere uno, non avrei alcun dubbio: è stato il più entusiasmante, quello che mi ha fatto imparare tante cose e soprattutto mi ha regalato un nuovo sguardo sulle montagne. Anzi, oserei dire che mi ha fatto innamorare ancora di più delle montagne.
Se penso che mi ha attesa per almeno un paio di anni sullo scaffale della mia libreria e che più di una volta ho tentato di restituirlo a mio fratello, legittimo proprietario, e che lui ogni volta ha insistito perché lo leggessi. Devo ringraziarlo per essere stato, lui, così testardo.
Come molte cose, la montagna è circondata da tanti luoghi comuni; la mia impressione è che, dalla maggior parte, sia vista come un posto dove ci si reca a sciare d'inverno e a camminare d'estate, dove si magia la polenta e si beve un genepy. A parte questo, non sembra avere un ruolo nelle nostre vite cittadine e nella nostra percezione del mondo.
Ed è questo l'aspetto che mi ha più colpita del libro “Come le montagne conquistarono gli uomini” di Robert Macfarlane, edito da Mondadori; di come l'autore racconti non solo della passione di scalatori e conquistatori di vette, ma come nel momento in cui l'uomo ha posato lo sguardo sulle montagne sia cambiata la visione e la considerazione della terra. Per fare un esempio, è studiando la configurazione dei monti che gli uomini sono riusciti ad arrivare al calcolo esatto dell'età della terra; furono quelle strane protuberanze che sembravano immobili ed immutabili e che invece si scoprirono non esserlo a regalare il concetto di tempo che mancava del pianeta terra. I geologi compresero che il mondo non era sempre stato così, come Dio lo aveva creato, ed incominciarono a studiarlo per comprenderlo meglio e per farlo spesso si recavano proprio sulle montagne.
Numerose le scoperte che si fanno grazie a questo libro, non solo dal punto di vista geologico, ma anche politico, sociale e culturale (pubblicazioni che andavano a ruba, spettacoli teatrali che facevano il tutto esaurito e giravano i teatri di tutto il mondo!); al punto di poter affermare che quello che siamo e pensiamo lo siamo anche grazie a quello che le montagne ci hanno insegnato.
Non mancano ovviamente i racconti delle spedizioni e delle conquiste delle prime cime, delle mappature, dell'apertura dei sentieri, delle esplorazioni e grazie alla bravura dell'autore in più occasioni mi sono ritrovata con il fiato sospeso dall'emozione, nonostante sapessi bene come andava a finire.
Avrete capito che non posso che suggerirvi caldamente di leggerlo, soprattutto se amate la montagna, ma non solo. Volevo chiudere trascrivendo una frase del libro, per incuriosirvi ancora di più, ma poi mi è venuta in mente questa, che rende bene la sensazione che ti regala essere lì, sul fianco o sulla cime di queste presenze maestose:
Vero che ti sembra di poter toccare il cielo con un dito, mamma? Tu pensi di alzare il braccio e arrivarci.”

mercoledì 18 settembre 2019

Avevo espresso due desideri


Quando vi avevo salutato a luglio, lo avevo fatto con l'augurio di riuscire a “staccare”, soprattutto la testa; spegnere quei pensieri che la affollano e la rendono molesta, chiassosa e mi stancano infinitamente. Non avevo piani e programmi, la mia era proprio una speranza basata sul nulla, forse sulla buona sorte.
Un giorno, mentre ero in montagna, ho ricevuto una telefonata di mia suocera che mi chiedeva notizie della nipote e poi, buttato lì, sul finire della telefonata, perché lei ha sempre paura di essere invadente, mi ha chiesto “Hai ritirato l'esito dell'esame?” e io sono caduta dal pero. Mi ero dimenticata.
Non ho pensato “Mi sto trascurando” (anche se ho poi subito mandato un messaggio al marito chiedendogli se gentilmente poteva andare lui, visto che io ero in montagna), ho gioito dicendomi “Ce l'ho fatta! Ho staccato.”
Ero incredula.
Immediatamente ho incominciato a riflettere e analizzarmi per capire come ci fosse riuscita. Staccare sì, ma spegnere completamente il mio incessante interrogarmi no, quello è impossibile. Ci ho messo un po' a capirlo e, forse, l'ho compreso fino in fondo solo una volta tornata a casa e alle mie abitudini.
Sono andata contro la mia natura, mi sono fatta violenza.
Ho sempre detto di essere una persona introversa, che ha bisogno dei suoi spazi, della solitudine e del silenzio, che ha bisogno di pensare, di ascoltarsi e soffro quando non lo faccio per troppo tempo di seguito. Tutti i miei sforzi in passato sono stati concentrati per preservare questo lato del mio carattere; come una pianticella preziosa lo curavo, lo proteggevo, lo alimentavo. Non accorgendomi però che, così facendo, davo da mangiare al mio nemico.
Quando ti succedono cose gravi e brutte, abbiamo tutti fretta di lasciarcele quanto prima alle spalle, di dimenticarle, di tornare alla vita di prima, di essere quelli che eravamo prima. Alle volte, però, prima non è più il meglio per noi.
Non sto parlando di cambiare abitudini o di accettare il cambiamento; sto parlando di capire che, alle volte, per aiutare noi stessi dobbiamo anche farci un po' di violenza.
Cosa ho fatto in montagna di speciale per riuscire a staccare? Non mi sono data tempo per pensare. Questa estate la Pro Loco del paese di montagna dov'ero in villeggiatura aveva organizzato diversi eventi ed attività per grandi e piccini e, VV ed io, non ce ne siamo persi neanche uno. E' stato strano dover segnare sul calendario degli impegni per non rischiare di scordarli mentre eravamo in vacanza, ma erano così interessanti (e gratis) che avevamo piacere di prendervi parte. Le mie giornate erano piene; una volta, mi sarei lamentata perché non avevo un attimo di “calma”, ora ho scoperto che è un ottimo modo per mettere a tacere la mia testa, soprattutto i pensieri negativi.
Sono ancora un'introversa, anelo al silenzio e penso, penso, penso incessantemente; ma ora ho capito che, per il mio bene, non posso più darmi troppo spazio. Facendo un paragone un po' azzardato, è come se fossi stata tutta la vita un'alcolizzata; penso che chi lo è stato poi lo rimanga per sempre, solo impara a tenere sotto controllo quel lato del sue essere. Non credo che la mia natura interiore cambierà mai completamente, ma per forza di cose, dovrò metterla in un angolo, tenerla a bada, e dovrò impegnarmi per farlo. Pensare (bere) troppo non mi fa bene.
L'altro desiderio era leggere tanto. Si è avverato anche quello.

lunedì 9 settembre 2019

A bordo campo


Quando uscirà questo post mio marito ed io staremo accompagnando VV alla sua nuova scuola per il primo giorno di primaria. Molto probabilmente sarò concentratissima a mostrare la mia faccia migliore di madre serena, fiduciosa, tutta sorrisi ed entusiasmo, mentre farò del mio meglio per ricacciare indietro le lacrime e tenere a bada il terremoto che mi si starà agitando dentro.
Ogni passaggio che ha dovuto affrontare VV, come lo svezzamento, l'addio al ciuccio e al pannolino, così come il primo giorno di scuola dell'infanzia, sono sempre stati fonte di emozione e preoccupazione, come per ogni genitore, ma sono sempre riuscita a gestirli perché, alla fine di mille tormenti e ragionamenti, ero sempre arrivata alla conclusione che avevo fiducia in mia figlia, nelle sue capacità e «Non conosco nessuno che a diciotto anni porta ancora il pannolino, usa il ciuccio e dorme nel lettone». Insomma, prima o poi ce la si fa.
Quest'anno però sento che è diverso e ho capito che non ha nulla che vedere con VV; riguarda me.
Sei lunghi anni passati in un baleno in cui mi sono alzata, mi sono vestita, mi sono scaldata e mi sono presentata sul campo. Con qualsiasi tempo, in ogni condizione, da sana e da malata, con entusiasmo o poca voglia, con ben chiaro in testa che cosa fare, senza la più pallida idea di che cosa stessi combinando, ho calcato quel prato insieme a mia figlia. Lacrime e sudore, risate e urla, sconfitte e vittorie, piani d'azione, strategie di gioco, schieramenti in campo: non abbiamo perso un giorno di allenamento.
E adesso è arrivato il giorno della prima partita di campionato. Ci troveremo nello spogliatoio, controlleremo l'attrezzatura, l'aiuterò ad infilare la divisa, faremo riscaldamento insieme, le ultime raccomandazioni e poi ci avvieremo lungo il corridoio, verso la luce.
Ed è questa parte che ho compreso essere la più difficile per me.
Noi genitori ci preoccupiamo, vorremo il meglio per i nostri figli, vorremmo dare loro tutto quello che noi non abbiamo avuto e molto di più. Facciamo sogni e progetti sul loro futuro, ce li immaginiamo da grandi, adulti felici e realizzati. Vorremmo risparmiargli sofferenze e delusioni, rinchiuderli sotto la famosa campana di vetro. Pensiamo di conoscerli completamenti, pensiamo di sapere che cosa è meglio per loro, in che cosa sono bravi e in cosa no, vorremo spianargli la strada. Ecco perché a volta ci arrabbiamo tanto, rimaniamo delusi e la prendiamo sul personale. Ma la dura verità è un'altra, facciamo fatica ad accettarlo o addirittura a comprenderlo: è la loro vita, non la nostra.
Sei anni, di cui tre di asilo, per prepararci a questo momento, in cui potremo tifare, incitare, arrabbiarci, spronare, dare consigli e suggerimenti ma la partita è loro, non la possiamo giocare noi. E come un buon allenatore che si rispetti, non possiamo superare quella linea, il nostro posto è a bordo campo.

Buon ritorno sui banchi di scuola a tutti, grandi e piccini!

venerdì 5 luglio 2019

Arrivederci a settembre


Mi sono seduta davanti al pc non sapendo bene che cosa scrivere. Sono in difficoltà. Sotto molti punti di vista. Il che è assurdo visto che sono appena tornata da una bellissima vacanza a Firenze e Lucca e, quando uscirà questo post, sarò in viaggio verso il mare. Poi ci aspetta anche la montagna.
Potrei rammentarvi che sono solo tre mesi che ho perso contemporaneamente mio padre e subito altri due interventi. E in questi tre mesi sono già stata sotto l'assedio di due falsi allarmi che mi hanno tenuta col fiato sospeso. Ciao paura di morire io ti vedo e ti sento... Però tra le varie cose per cui sono stanca, lo sono anche per questo mio periodicamente venire qui a raccontarvi quanto sia dura. Mi annoio da sola a sentirmelo dire e non credo porti giovamento a nessuno. Allora rimando, non scrivo, il tempo passa, le cose belle e brutte si susseguono. Il blog tace.
Non trovo la quadra.
Per anni, quando veniva il momento di spegnere la candelina sulla torta, ho chiesto “serenità”. Come se fosse qualcosa che, come per magia, potesse arrivare all'improvviso, dall'esterno, un dono elargito da chissà chi e chissà come. Sono sempre stata un'anima tormentata. Non vi dico quanti frizzi e lazzi ora che ho buoni motivi per esserlo davvero, tormentata, e angosciata, e impaurita, e triste, e depressa, ecc. ecc.
Per fortuna c'è la salute” è diventata la battuta preferita tra me e mio marito.
Dato che però sono capace di tormentarmi anche per il fatto che non sto scrivendo più il blog e che non mi sono più fatta sentire, volevo dirvi che lo mando in vacanza fino a settembre (a data da destinarsi), così almeno ho una cosa in meno che mi angoscia. Sono seria, non sto scherzando, mi preoccupo anche per queste cose. Se andrò all'inferno mi riposerò, perché sarà una vacanza rispetto a quello che mi creo da sola ogni giorno...
Io non credo in questi due mesi di trovare la tanto desiderata serenità, ma un po' di riposo, soprattutto mentale me lo auguro tanto, ma tanto tanto tanto. E poi, come si dice, chi vivrà vedrà.
Mi auguro anche di leggere molto, ovvio.
Allora ciao, io vado, buona estate a voi.

lunedì 3 giugno 2019

Non solo libri, ma sempre sui libri


Anche il più accanito dei lettori, dopo ore e ore, si stanca di leggere e ha bisogno di altri svaghi, se però continuano ad essere ancora nell'ambito libri, il piacere è doppio. Qui di seguito alcuni film e documentari che ho visto in questi ultimi mesi nei momenti più disparati: da quando ero convalescente a mentre svuotavo la lavastoviglie.

MADE IN ENGLAND, RaiPlay

Realizzato da Enzo Biagi a cavallo tra il 1979 e il 1980; una grande inchiesta televisiva sull'economia, la società, la cultura e la storia della Gran Bretagna, raccontata da studenti, minatori, aristocratici, protestanti, ma anche da personalità quali gli scrittori Barbara Cartland, Anthony Burgess e Arnold Wesker, lo storico Eric Hobsbawm, gli attori Terence Stamp e Glenda Jackson, e la stilista Laura Ashley. Al momento ho visto solo la puntata “Incontri: chi ha paura di Virginia Woolf”, attratta ovviamente dal nome della mia scrittrice preferita. In realtà è un'intervista a Nigel Nicolson, autore del libro "Ritratto di un matrimonio", sulla vita dei propri genitori, la scrittrice Vita Sackville-West e il diplomatico Harold Nicolson. Fortune vuole che Lindau l'abbia da poco ripubblicato e io, ovviamente, non vedo l'ora di leggerlo.

UN ROMANZO, TANTE STORIE, RaiPlay

Trasmessa dalla BBC con il titolo “The secret Life of books”, attraverso testimonianze e documenti rari e con l'aiuto di attori, registi e specialisti, la serie spiega come sono nate opere che abbiamo imparato ad amare, dalla prima idea nella mente dello scrittore alle pagine passate di mano in mano per generazioni. Partendo dal “First Folio” di Shakespeare per finire con i “Mobinogion” (di cui non avevo mai sentito parlare), attraverso “Frankenstein”, “Jane Eyre”, “Grandi speranze” e “La Signora Dalloway”, vengono analizzate sei opere letterarie inglesi attraverso diari, lettere, manoscritti, la vita e la società dei loro autori nel momento esatto in cui le stavano scrivendo. Una più appassionante dell'altra, mi è molto dispiaciuto quando ho finito di vederle tutte.

BRIGHT STAR, RaiPlay


Basato sulla biografia “Keats” di Andrew Motion, il film narra dell'amore che sboccia tra il poeta John Keats e la giovane Fanny Browne, che diventerà sua musa, e ispirerà la poesia da cui il film prende il nome. Diretto dalla regista Jane Campion, solo a tratti riesce a raggiungere i fasti di “Lezioni di Piano”; dialoghi spesso senza senso e le difficoltà nell'individuare i rapporti tra i vari protagonisti rendono difficile all'inizio seguire lo svolgersi del film (non conoscendo la storia in anticipo). Bella la fotografia, i costumi e alcune scene, davvero molto poetiche.

JANE EYRE, Amazon Prime Video


Rilettura in chiave gotica dell'omonimo romanzo, opera del regista Cary Fukunaga del 2011, con Mia Wasikowska nei panni di Jane e Michael Fassbender in quelli di Mr Rochester. Ho letto il libro troppo tempo fa per poter fare paragoni, ma ho molto apprezzato le atmosfere gotiche e quella sorta di sospensione paurosa che pervade tutto il film. Bella anche la fotografia.

LES MISÉRABLES, Amazon Prime Video


Un film tratto dal musical tratto dal libro (che non ho letto). Non sono una grande fan dei film “cantati”, ma riesco a sopportarli se sono solo degli intermezzi. Questo invece è interamente cantato e devo confessare che, dopo un po', non ne potevo davvero più. Bellissima la regia, i costumi e la fotografia, bravissimi gli attori: Hugh Jackman, Russel Crowe, Anne Hathaway, Amanda Seyfred e i miei preferiti Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter. Curiosità: su espressa volontà del regista, i brani della colonna sonora eseguiti dagli attori accompagnati da un pianoforte sono stati registrati dal vivo sul set, durante le riprese del film. In una fase successiva è stata registrata la parte musicale eseguita da un'orchestra.

DON'T WORRY, HE WON'T GET FAR ON FOOT, Amazon Prime Video


Film del 2018 basato sull'autobiografia del vignettista satirico John Callahan, interpretato da Joaquind Phoenix, per la regia di Gus Van Sant. Alcolizzato fin dalla più tenera età, Johan diventa tetraplegico in seguito a un grave incidente d'auto causato dal bere, ma in cui non era lui a guidare. Nel film è ben rappresentato l'arduo cammino che il protagonista compie per guarire dall'alcolismo e ricominciare una nuova vita come invalido, e di come le vignette siano state di grande aiuto, oltre ad essere una spietata e sincera critica alla società in cui viveva.

Confesso che mi sto seriamente appassionando a tutte queste visioni a tema letterario, soprattutto, era davvero tanto che non guardavo un documentario e avevo dimenticato quanto fosse piacevole imparare qualcosa di nuovo.
Ovviamente, se avete visto anche voi qualcosa di interessante, condividetelo nei commenti. Io vado a preparare i popcorn.

lunedì 27 maggio 2019

La morte di Virginia


Per tornare a raccontare delle mie letture mi sembra ragionevole ripartire da dove ci eravamo lasciati, e cioè da le “Lettere in morte di Virginia Woolf” che mi ha tanto appassionato e vi raccontavo QUI.
Inevitabile far seguire a questa lettura quella de “La morte di Virginia” di Leonard Woolf, estratto dell'autobiografia di quest'ultimo, in cui descrive gli anni che hanno preceduto la triste decisione della scrittrice di togliersi la vita. Scrivo gli anni perché Leonard Woolf non può fare a meno di tracciare un preciso preambolo in merito al clima politico in cui erano immersi lui e Virginia, essendo inoltre entrambi sempre stati attivi dal punto di vista sociale. Ho trovato interessante il punto di vista di una persona che ha vissuto in prima persona l'avvento della Seconda Guerra mondiale e che, per sua sfortuna, ha potuto fare un paragone con la Prima. Ma i riferimenti storici sono innumerevoli, dando modo così di scoprire quale grande uomo di cultura fosse Leonard Woolf, quale profondo pensatore e, soprattutto, quale sensibile osservatore dell'animo umano.
Inizialmente gli aneddoti storici possono sembrare fuori tema e risultare noiosi, lui stesso riconosce di fare troppe digressioni, che spiega però così:
Ritorno com'è giusto nei ranghi della cronologia, alla narrazione ordinata di questa autobiografia... I precedenti volumi sono stati oggetto di qualche critica … Senza respingere la spiegazione o l'accusa, confermo che le mie digressioni sono anche volute. La vita non è una progressione ordinata, autonoma come una scala musicale o un'equazione quadratica. Per l'autore di un'autobiografia, forzare la propria vita e i propri ricordi secondo una linea retta rigidamente cronologica significa distorcere la prima e truccare e falsificare i secondi. Se si vuole provare a raccontare la propria vita in modo veritiero, si deve puntare a lasciare nel racconto qualcosa della disordinata discontinuità che la rende così assurda, imprevedibile e sopportabile.
Ho apprezzato il tono con cui ha deciso di raccontare della sua vita, come lo farebbe un amico di fronte a una pizza e una birra, senza affettazione o la presunzione di renderla più grandiosa di quella che è. Mi ha fatto infine commossa immaginare quest'uomo che non solo ha subito una così grave perdita, ma che deve anche fare i conti con il rimpianto, il rimorso e un eventuale senso di colpa per non essersi accorto, per non aver fatto abbastanza,per aver fallito.
Il cordone ombelicale che l'aveva legata per due anni a “Biografia di Roger Fry” fu finalmente reciso quando restituì le bozze il 13 maggio 1940; 319 giorni più tardi, il 28 marzo 1941, si uccise, gettandosi nel fiume Ouse. Questi 319 giorni di lenta e inesorabile discesa nel baratro sono stati i più atroci e tormentati della mia vita. La mia sfera privata, la storia inglese e la Londra di mattoni e malta, che costituivano gli elementi fondamentali del mio mondo, furono completamente disintegrati.
All'interno del libro sono riportati spesso brani del diario di Virginia, che evidenziano appunto questo suo indagare a posteriori, questo suo cercare un indizio, una spiegazione a quanto accaduto.
...mi sono spesso chiesto perché non avessi avuto alcun presentimento prima dell'inizio del '41. Qual era realmente lo stato della sua mente e della sua salute... All'epoca mi era sembrato, e continuo a pensarla così, che mentalmente si sentisse più calma e stabile e che anche di umore fosse più serena. Quando ci si trova esattamente nell'occhio del ciclone, si gode di una calma mortale, mentre tutt'intorno il vento soffia furioso.
Continuerò a citare il suo diario perché le sue parole sono più rivelatrici e autentiche della mia memoria.
Nessuna digressione man mano che ci si avvicina al triste gesto di Virginia, ma un rapido realizzare di quanto la situazione fosse seria e stesse velocemente precipitando; era la vita di Virginia che Leonard stava accudendo e proteggendo.
Era il momento in cui bisogna compiere una scelta rischiosa, perché se non si forzava uno sblocco – cosa che avrebbe significato una continua sorveglianza di infermiere qualificate – sarebbe stato impossibile e intollerabile per lei provare a tenerla sotto stretto controllo da soli.
[...]
Dovevo obbligarla a guardare in quale abisso stava per cadere, in modo da farle accettare la sofferenza del solo modo per evitarlo, ma sapevo anche che una parola sbagliata, la minima pressione, persino dire la verità, avrebbero potuto spingerla al suicidio.
[...]
La decisione si rivelò un disastro.
[...]
Seppellii le ceneri di Virginia ai piedi del grande olmo nel prato che si affaccia sopra il campo e le marcite, il Piccolo podere. Là avevano intrecciato i loro rami due grandi olmi che avevamo chiamato Leonard e Virginia. Ai primi di gennaio del '43 uno dei due fu abbattuto da una forte burrasca di vento.

venerdì 17 maggio 2019

Il Salone della maturità


Il Salone della maturità. Non ho più paura di dirla questa parola, 'che invecchiare è un dono e io spero con tutto il cuore che la vita questo regalo me lo faccia.
Maturità vuol dire ascoltarsi nel profondo e rendersi conto, già nel giorno in cui esce il programma di questa edizione e tu ti metti a leggerlo tutto, che il tuo fisico potrà permettersi un certo livello di energia e non voler chiedergli di più. Maturità vuol dire non esserne delusi ma prendersi il bello, vedere il bicchiere mezzo pieno come si usa dire, e ringraziare di poterci andare, anche se non si potrà fare tutto quello che si desidera.
Rispetto agli anni passati, quindi, è stato sicuramente un Salone sotto tono per la sottoscritta, eppure sono stata così felice. Non ho preso parte a nessun incontro, alla fine ho fatto anche un po' l'orso della situazione e sono passata a salutare poche persone, molte case editrici le ho saltate, volontariamente e non, perché quest'anno gli spazi erano molto più vasti e mi sono persa qualche pezzo. Che cosa ho fatto, quindi?
Ho sfogliato libri, ininterrottamente. Soprattutto illustrati per bambini, quasi tutti quelli che mi capitavano sotto mano, e ne ho comprati molti perché credo siano il regalo più bello che io possa fare a VV; la letteratura per bambini sta, secondo me, raggiungendo livelli di opera d'arte in alcuni casi, in grado di stupire e affascinare a ogni nuova lettura. Confesso essere stato difficile trattenersi per non esagerare negli acquisti e anche così, ho comprato ben 5 albi illustrati (Vittoria finora ne ha ricevuti solo due), per cui credo farò un post dedicato esclusivamente a loro. (Chi mi segue su Instagram invece li ha già visti quasi tutti).
Per quanto mi riguarda, c'è stato un acquisto mirato e tre fuori programmi. Quando avevo saputo che il 5 maggio sarebbe uscito per Lindau la ristampa di “La mia vita con Virginia” di Leonard Woolf, avevo subito dichiarato che l'avrei preso al Salone e pensavo sarebbe stato il mio unico acquisto. Invece mi sono lasciata tentare dalle numerose offerte degli stand (quest'anno in molti hanno fatto fin dal primo giorno sconti del 15% o 20%) e, cosa mai successa prima, sono entrata al Libraccio, dove ho trovato un libro pubblicato da poco al 50%. Come li ho scelti? Uno è ambientato nel mondo dell'editoria, mia grande passione, uno è un'altra biografia, per la gioia della portinaia curiosa che c'è in me, e uno è un omaggio a una città che sogno di visitare, spero presto. Quando li avrò letti, se mi saranno piaciuti, li condividerò volentieri con voi.
Quando mi sono sentita stanca, sono semplicemente tornata a casa, grata di esserci comunque stata e con una lista desideri ancora più lunga.

giovedì 9 maggio 2019

Il mio programma del Salone del Libro 2019


Sono emozionata come una bambina alla vigilia di Natale. Ieri sera guardavo su Instagram le foto che gli editori postavano della preparazione degli stand, intravedevo quei corridoi vuoti, ed ero felice perché tra poche ore li avrei percorsi anch'io. Quest'anno sono proprio entusiasta di andare al Salone del Libro di Torino, ma di una felicità ed entusiasmo fanciullo che non mi succedeva da tempo di provare. Sarà forse dovuto dal fatto che non compro un libro da moltissimo tempo e non vedo l'ora di regalarmene uno; sarà che quasi volontariamente ho trascurato le ultime uscite e le novità e così ogni stand potrebbe essere foriero di scoperte e sorprese; sarà che è da poco che sono ritornata attiva e completamente autonoma e il Salone mi sembra una grande festa dopo la lunga convalescenza.
Nei scorsi giorni, inizialmente, ero molto dispiaciuta per le numerose polemiche che ci sono state per la presenza di una casa editrice vicina a Casa Pound (non ci sarà), per poi arrivare ad essere quasi annoiata e arrabbiata di tutto quel screditare il Salone, «Ogni anno ce n'è sempre una...», sospiravo tra me e me. Neanche per un attimo ho però pensato di boicottarlo, sono profondamente convinta dell'importanza culturale di questa manifestazione, per Torino e per l'Italia tutta. Riflettendoci a freddo ho poi realizzato che, in fondo, anche durante questi scomodi accadimenti, il Salone del Libro di Torino sta facendo cultura, porta avanti il dialogo, il confronto, non chiude porte ma cerca, come si propone di fare da sempre, di valicare confini, unire non creare muri.
Senza andare troppo in là con gli anni, era il 2016 quando con il tema “Visioni” celebrava chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembrano impossibili, di lavorare per il futuro attuando progetti forti, basati su una conoscenza vera, ma anche sul patrimonio letterario, artistico e filosofico che costituisce la nostra identità culturale... Nel 2017 la grande scissione tra piccole e grandi case editrici e il Salone proponeva “Oltre i confini”, con la bellissima immagine del libro ponte perché non è un oggetto da mettere in vetrina ma una forza viva, trasformativa, che modifica il paesaggio circostante, che qualche volta cambia addirittura le carte in tavola, o le regole del gioco, che non ti lascia come ti aveva preso, che ti consente di fare esperienza. Nel 2018 con “Un giorno, tutto questo” ha voluto sottolineare l'importanza del continuare ad interrogarsi e porsi domande: chi voglio essere? Perché mi serve un nemico? A chi appartiene il mondo? Dove mi portano spiritualità e scienza? Che cosa voglio dall'arte: libertà o rivoluzione?
Quest'anno è la volta de “Il gioco del mondo”, ispirato dal libro omonimo di Julio Cortázar e dal gioco della campana, Rayuela in spagnolo (lingua ospite di questa edizione); il Salone si propone di lanciare il sassolino immaginario, quello che serve a compiere il balzo, a superare il confine, per accorgersi, giocando, che quel limite è evanescente e labile perché disegnato solo con il gesso.

QUI trovate il programma completo del Salone, io ho deciso di non pianificare nulla, proprio come una bambina lancerò il mio sassolino e saltellando felice, vedrò dove mi porterà. Vuoi giocare con me?

lunedì 6 maggio 2019

La vita, ultimamente 39


La vita, ultimamente, è un ritorno. Alla mia vita, alle mie vecchie abitudini, all'indipendenza e ne sono così felice. Consapevole del fatto, però, che così come il mio fisico non sarà mai più lo stesso, così non sarò mai più la stessa io. E se per molti questo è il normale trascorrere del tempo, per me non lo è, perché c'è un piccolo particolare in più: la paura. Paura del ritorno della malattia. Paura di morire. Paure che si rinnovano ad ogni minima variazione del mio stato fisico, ad ogni controllo medico a cui dovrò sottopormi per il resto della mia vita e nell'attesa dell'esito degli esami. Paura che purtroppo scopro molto forte in me e che spesso richiede parecchie se non tutte le mie energie per essere gestita.
Ho iniziato più volte a scrivere questo post, ma mi sono sempre trovata in difficoltà, perché non è facile spiegare la mia situazione e sovente mi rendo conto che, per chi non la vive in prima persona, non sia semplice da comprendere. Potrei tenere per me i momenti “bui” e raccontare sul blog solo i lati belli della mia vita, ma lo vivrei come una bugia, una finzione, con voi ma soprattutto verso me stessa. Allo stesso tempo non vorrei soffermarmi troppo sugli aspetti negativi della mia vita, non perché vorrei negarli, ma perché non vorrei metterli troppo in luce o, ancora meglio, non vorrei mettere in evidenza queste zone d'ombra. Che però ci sono.
Se c'è una cosa che ho imparato in questo mio percorso è che non c'è un modo giusto o sbagliato di vivere la malattia, ognuno ha il suo e se c'è qualcosa che posso suggerire a chi sta percorrendo la stessa strada è quello di non vergognarsi dei propri sentimenti e delle proprie reazioni. Non siete sbagliati. Non sentitevi in colpa perché vi sentite l'essere più miserabile di questo mondo o un peso per chi vi è accanto. Non sentitevi in colpa per le vostre tristezze e i malumori, la rabbia e il risentimento. Non sentitevi in colpa perché pensate che con il vostro atteggiamento fate soffrire chi vi è accanto. Chi vi ama veramente vi vorrà accanto in tutte le vostre “forme”, anche quelle negative.
C'è un'altra cosa che ho imparato: nei momenti bui mi dimentico che la tempesta passa, la luce ritorna. Allora segnatevela bene in vista questa cosa, chiedete a chi vi sta accanto di stringervi forte e ricordarvelo. Un abbraccio e queste parole “Lo so che stai male ma devi ricordarti che poi passa, che ti sentirai meglio, te lo prometto” è ciò di cui avrete bisogno per arrivare alla fine della notte.

(Gli articoli sono inglese, ma vale lo sforzo leggerli)

Io sarò per sempre grata a chi condivide le mie notti.