lunedì 30 settembre 2019

Firenze e Lucca


Lo so cosa state pensando: “Siamo praticamente ad ottobre e questa è ancora lì che pensa alle vacanze”. Veramente penso anche alle prossime, non solo a quelle passate. E se siete come me, che subito dopo l'amore per la lettura, viene quello per i viaggi, ho pensato che un paio di consigli in più e la condivisione della nostra esperienza potesse interessarvi.
Non mi dilungherò troppo in preamboli, credo sia mondialmente riconosciuto il valore delle città come Firenze e Lucca, infatti ci troverete il mondo... Non mi dilungherò troppo neanche sulla questione turismo; diciamo che mentre ero lì ho ringraziato mentalmente innumerevoli volte il fatto che Torino non sia una città così turistica; dal canto suo VV era affascinata da tutte le lingue che sentiva parlare attorno a se.
Qui di seguito vi elencherò non tutto quello che abbiamo fatto ma le cose che ci sono piaciute di più, che ci hanno davvero tanto entusiasmato e che ci hanno aiutato nel nostro soggiorno come famiglia. (In blu i link)

DOVE SOGGIORNARE

Villa Cassia di Baccano a San Giustino Valdarno, provincia di Arezzo.


Tra le tre soluzioni in cui abbiamo dormito, questa ovviamente è stata quella che ci ha fatto sognare e sentire dei principi. Quando viaggiamo ci sono due tipi di luoghi in cui siamo soliti dormire, quelli “per comodità”, che possono essere anche low budget (basta che siano puliti, non abbiamo molte altre pretese) e quelli “coccola”, proprio come quest'ultimo. A seconda dei viaggi, non sempre ci possiamo permettere le strutture “coccola”, ma cerchiamo di regalarci almeno una notte, possibilmente l'ultima, per chiudere in bellezza.

COSA FARE

Family Tour da Palazzo Vecchio a Firenze


Il primo giorno ci siamo recati alla biglietteria di Palazzo Vecchio e, lasciando semplicemente un documento, ci hanno consegnato uno zainetto contenente tutto l'occorrente per un tour guidato della città in dieci tappe e altrettante attività da svolgere. VV lo ha adorato e anche noi; abbiamo visitato i monumenti principali della città, letto della loro storia, imparato tante cose nuove e ci siamo divertiti, macinando chilometri senza mai un “Sono stanca” o “Mi sto annoiando”.

Visita guidata “Vita a corte” presso Palazzo Vecchio a Firenze


Prima ancora di partire avevamo prenotato una visita guidata, scegliendo tra le molte proposte sul sito (QUI). Anche in questo caso ci siamo divertiti tantissimo, la guida è stata brava, dolce e coinvolgente, e VV si è sentita davvero speciale, tra la scoperta di passaggi segreti e “sfilate d'eccezione”.



Lucca è un gioiellino da girare a piedi, ed è così bella che quasi non viene voglia di andare a chiudersi in un museo. C'è però un biglietto unico che comprende queste tre attrazioni che possono essere divertenti per spezzare il solo e mero passeggiare, soprattutto se con voi ci sono bambini.
Sicuramente il panorama dall'una o dall'altra torre non cambierà molto, però sono diverse e soprattutto hanno storie differenti che è divertente conoscere.
VV non è così attratta da piante e fiori, a meno che non le possa raccogliere, spezzettare, sezionare, analizzare, piantare semi, però grande entusiasmo per lo stagno delle ninfee, dove c'erano parecchie tartarughe, girini, pesciolini,... zanzare... Magari al giardino botanico non andateci come noi, nelle ore più calde sotto un sole cocente, magari.


DOVE MANGIARE

Brunch al Cuculia Ristorante Libreria a Firenze


Il problema delle città molto turistiche è che nei pressi dei luoghi che visiti ci sono solo locali turistici. Vale la pena fare una piccola passeggiata per andare a pranzare, o cenare come preferite, in questo bellissimo ristorante libreria.

Fattoria Il Poggio a Montecarlo (LU)

Andare a Firenze e non assaggiare la fiorentina ci sembrava un'eresia ma, idem come sopra, volevamo evitare i posti troppo turistici. In realtà anche questo lo è, ma è in mezzo alla campagna e, mentre tutti mangiavano fuori sotto i pergolati con quaranta gradi all'ombra, noi abbiamo deciso di pranzare dentro con l'aria condizionata e così eravamo quasi soli.


Usciti dal giardino botanico io avevo solo voglia di cose fresche come, caprese, prosciutto e melone e acqua gasata a garganella. Abbiamo trovato anche penombra, aria condizionata, tranquillità e gentilezza.


La regola del dormire ce l'abbiamo anche per il mangiare; in vacanza cerchiamo sempre di regalarci un pranzo o una cena in qualche bel ristorante. Anche in questo caso non siamo rimasti delusi, mangiato benissimo, coccolati a dovere dal personale e, come direbbe Alessandro Borghese, location perfetta.

COSA LEGGERE


Vittoria ha adorato questo libro, ce lo chiedeva in continuazione, al punto che in alcuni casi abbiamo anche dovuto vietarglielo. Pieno di storie su Firenze, attività da fare e due cartoline che VV ha spedito alle sue migliori amiche; c'erano anche gli adesivi da mettere per ogni monumento che si visitava e non ci è stato permesso saltarne nessuno. Vale mettere l'adesivo del giardino botanico anche se in realtà si è visitato quello di Lucca? Vale, vale.

Leragazze di San Frediano” di Vasco Pratolini

Chi mi segue su Instagram ha seguito la mia ricerca del libro ambientato a Firenze da portare con me durante questa vacanza e molti mi hanno anche dato dei suggerimenti. Alla fine ho scelto questo perché il viaggio era breve e così è anche il libro. Lettura piacevole, perfetta per quando tornavo nella camera d'albergo stanca e accaldata, che mi ha fatto apprezzare un quartiere che in realtà ho solo intravisto. Non mi dispiacerebbe però leggere un romanzo ai tempi dei Medici o proprio su di loro.

A tal proposito, e come chiusura, Firenze e Luccanon solo mi sono piaciute tantissimo, ma mi hanno fatto venire voglia di studiare arte e storia e hanno riacceso in me la scintilla d'amore verso l'Italia e il nostro patrimonio culturale.

lunedì 23 settembre 2019

Come le montagne conquistarono gli uomini


Come vi ho anticipato, questa estate mi ero ripromessa di leggere molto e sono riuscita a farlo, quindici libri per la precisione. Tra tutti quelli letti, se ne dovessi scegliere uno, non avrei alcun dubbio: è stato il più entusiasmante, quello che mi ha fatto imparare tante cose e soprattutto mi ha regalato un nuovo sguardo sulle montagne. Anzi, oserei dire che mi ha fatto innamorare ancora di più delle montagne.
Se penso che mi ha attesa per almeno un paio di anni sullo scaffale della mia libreria e che più di una volta ho tentato di restituirlo a mio fratello, legittimo proprietario, e che lui ogni volta ha insistito perché lo leggessi. Devo ringraziarlo per essere stato, lui, così testardo.
Come molte cose, la montagna è circondata da tanti luoghi comuni; la mia impressione è che, dalla maggior parte, sia vista come un posto dove ci si reca a sciare d'inverno e a camminare d'estate, dove si magia la polenta e si beve un genepy. A parte questo, non sembra avere un ruolo nelle nostre vite cittadine e nella nostra percezione del mondo.
Ed è questo l'aspetto che mi ha più colpita del libro “Come le montagne conquistarono gli uomini” di Robert Macfarlane, edito da Mondadori; di come l'autore racconti non solo della passione di scalatori e conquistatori di vette, ma come nel momento in cui l'uomo ha posato lo sguardo sulle montagne sia cambiata la visione e la considerazione della terra. Per fare un esempio, è studiando la configurazione dei monti che gli uomini sono riusciti ad arrivare al calcolo esatto dell'età della terra; furono quelle strane protuberanze che sembravano immobili ed immutabili e che invece si scoprirono non esserlo a regalare il concetto di tempo che mancava del pianeta terra. I geologi compresero che il mondo non era sempre stato così, come Dio lo aveva creato, ed incominciarono a studiarlo per comprenderlo meglio e per farlo spesso si recavano proprio sulle montagne.
Numerose le scoperte che si fanno grazie a questo libro, non solo dal punto di vista geologico, ma anche politico, sociale e culturale (pubblicazioni che andavano a ruba, spettacoli teatrali che facevano il tutto esaurito e giravano i teatri di tutto il mondo!); al punto di poter affermare che quello che siamo e pensiamo lo siamo anche grazie a quello che le montagne ci hanno insegnato.
Non mancano ovviamente i racconti delle spedizioni e delle conquiste delle prime cime, delle mappature, dell'apertura dei sentieri, delle esplorazioni e grazie alla bravura dell'autore in più occasioni mi sono ritrovata con il fiato sospeso dall'emozione, nonostante sapessi bene come andava a finire.
Avrete capito che non posso che suggerirvi caldamente di leggerlo, soprattutto se amate la montagna, ma non solo. Volevo chiudere trascrivendo una frase del libro, per incuriosirvi ancora di più, ma poi mi è venuta in mente questa, che rende bene la sensazione che ti regala essere lì, sul fianco o sulla cime di queste presenze maestose:
Vero che ti sembra di poter toccare il cielo con un dito, mamma? Tu pensi di alzare il braccio e arrivarci.”

mercoledì 18 settembre 2019

Avevo espresso due desideri


Quando vi avevo salutato a luglio, lo avevo fatto con l'augurio di riuscire a “staccare”, soprattutto la testa; spegnere quei pensieri che la affollano e la rendono molesta, chiassosa e mi stancano infinitamente. Non avevo piani e programmi, la mia era proprio una speranza basata sul nulla, forse sulla buona sorte.
Un giorno, mentre ero in montagna, ho ricevuto una telefonata di mia suocera che mi chiedeva notizie della nipote e poi, buttato lì, sul finire della telefonata, perché lei ha sempre paura di essere invadente, mi ha chiesto “Hai ritirato l'esito dell'esame?” e io sono caduta dal pero. Mi ero dimenticata.
Non ho pensato “Mi sto trascurando” (anche se ho poi subito mandato un messaggio al marito chiedendogli se gentilmente poteva andare lui, visto che io ero in montagna), ho gioito dicendomi “Ce l'ho fatta! Ho staccato.”
Ero incredula.
Immediatamente ho incominciato a riflettere e analizzarmi per capire come ci fosse riuscita. Staccare sì, ma spegnere completamente il mio incessante interrogarmi no, quello è impossibile. Ci ho messo un po' a capirlo e, forse, l'ho compreso fino in fondo solo una volta tornata a casa e alle mie abitudini.
Sono andata contro la mia natura, mi sono fatta violenza.
Ho sempre detto di essere una persona introversa, che ha bisogno dei suoi spazi, della solitudine e del silenzio, che ha bisogno di pensare, di ascoltarsi e soffro quando non lo faccio per troppo tempo di seguito. Tutti i miei sforzi in passato sono stati concentrati per preservare questo lato del mio carattere; come una pianticella preziosa lo curavo, lo proteggevo, lo alimentavo. Non accorgendomi però che, così facendo, davo da mangiare al mio nemico.
Quando ti succedono cose gravi e brutte, abbiamo tutti fretta di lasciarcele quanto prima alle spalle, di dimenticarle, di tornare alla vita di prima, di essere quelli che eravamo prima. Alle volte, però, prima non è più il meglio per noi.
Non sto parlando di cambiare abitudini o di accettare il cambiamento; sto parlando di capire che, alle volte, per aiutare noi stessi dobbiamo anche farci un po' di violenza.
Cosa ho fatto in montagna di speciale per riuscire a staccare? Non mi sono data tempo per pensare. Questa estate la Pro Loco del paese di montagna dov'ero in villeggiatura aveva organizzato diversi eventi ed attività per grandi e piccini e, VV ed io, non ce ne siamo persi neanche uno. E' stato strano dover segnare sul calendario degli impegni per non rischiare di scordarli mentre eravamo in vacanza, ma erano così interessanti (e gratis) che avevamo piacere di prendervi parte. Le mie giornate erano piene; una volta, mi sarei lamentata perché non avevo un attimo di “calma”, ora ho scoperto che è un ottimo modo per mettere a tacere la mia testa, soprattutto i pensieri negativi.
Sono ancora un'introversa, anelo al silenzio e penso, penso, penso incessantemente; ma ora ho capito che, per il mio bene, non posso più darmi troppo spazio. Facendo un paragone un po' azzardato, è come se fossi stata tutta la vita un'alcolizzata; penso che chi lo è stato poi lo rimanga per sempre, solo impara a tenere sotto controllo quel lato del sue essere. Non credo che la mia natura interiore cambierà mai completamente, ma per forza di cose, dovrò metterla in un angolo, tenerla a bada, e dovrò impegnarmi per farlo. Pensare (bere) troppo non mi fa bene.
L'altro desiderio era leggere tanto. Si è avverato anche quello.

lunedì 9 settembre 2019

A bordo campo


Quando uscirà questo post mio marito ed io staremo accompagnando VV alla sua nuova scuola per il primo giorno di primaria. Molto probabilmente sarò concentratissima a mostrare la mia faccia migliore di madre serena, fiduciosa, tutta sorrisi ed entusiasmo, mentre farò del mio meglio per ricacciare indietro le lacrime e tenere a bada il terremoto che mi si starà agitando dentro.
Ogni passaggio che ha dovuto affrontare VV, come lo svezzamento, l'addio al ciuccio e al pannolino, così come il primo giorno di scuola dell'infanzia, sono sempre stati fonte di emozione e preoccupazione, come per ogni genitore, ma sono sempre riuscita a gestirli perché, alla fine di mille tormenti e ragionamenti, ero sempre arrivata alla conclusione che avevo fiducia in mia figlia, nelle sue capacità e «Non conosco nessuno che a diciotto anni porta ancora il pannolino, usa il ciuccio e dorme nel lettone». Insomma, prima o poi ce la si fa.
Quest'anno però sento che è diverso e ho capito che non ha nulla che vedere con VV; riguarda me.
Sei lunghi anni passati in un baleno in cui mi sono alzata, mi sono vestita, mi sono scaldata e mi sono presentata sul campo. Con qualsiasi tempo, in ogni condizione, da sana e da malata, con entusiasmo o poca voglia, con ben chiaro in testa che cosa fare, senza la più pallida idea di che cosa stessi combinando, ho calcato quel prato insieme a mia figlia. Lacrime e sudore, risate e urla, sconfitte e vittorie, piani d'azione, strategie di gioco, schieramenti in campo: non abbiamo perso un giorno di allenamento.
E adesso è arrivato il giorno della prima partita di campionato. Ci troveremo nello spogliatoio, controlleremo l'attrezzatura, l'aiuterò ad infilare la divisa, faremo riscaldamento insieme, le ultime raccomandazioni e poi ci avvieremo lungo il corridoio, verso la luce.
Ed è questa parte che ho compreso essere la più difficile per me.
Noi genitori ci preoccupiamo, vorremo il meglio per i nostri figli, vorremmo dare loro tutto quello che noi non abbiamo avuto e molto di più. Facciamo sogni e progetti sul loro futuro, ce li immaginiamo da grandi, adulti felici e realizzati. Vorremmo risparmiargli sofferenze e delusioni, rinchiuderli sotto la famosa campana di vetro. Pensiamo di conoscerli completamenti, pensiamo di sapere che cosa è meglio per loro, in che cosa sono bravi e in cosa no, vorremo spianargli la strada. Ecco perché a volta ci arrabbiamo tanto, rimaniamo delusi e la prendiamo sul personale. Ma la dura verità è un'altra, facciamo fatica ad accettarlo o addirittura a comprenderlo: è la loro vita, non la nostra.
Sei anni, di cui tre di asilo, per prepararci a questo momento, in cui potremo tifare, incitare, arrabbiarci, spronare, dare consigli e suggerimenti ma la partita è loro, non la possiamo giocare noi. E come un buon allenatore che si rispetti, non possiamo superare quella linea, il nostro posto è a bordo campo.

Buon ritorno sui banchi di scuola a tutti, grandi e piccini!