lunedì 26 febbraio 2018

I libri che non vi ho detto


Ho realizzato che molte delle letture fatte durante il 2017 non le ho condivise con voi; se per alcune il motivo è stato il loro non essermi piaciute, altre invece semplicemente sono finite nel calderone del non ho avuto il tempo di farlo. Però è un peccato, perché sono stati libri che mi sono piaciuti, alcuni anche molto, altri sono stati gradevoli sorprese e tutti mi sento di consigliarveli. Eccomi quindi a correre ai ripari. Trattandosi di diversi volumi, ho deciso di suddividerli per argomento, filone o una qualsiasi affinità che me li facesse vedere bene riuniti in un gruppo, per poi farvene una breve descrizione in più post. Trovandoci ancora nella stagione invernale, non potevo non partire da due volumi che in comune hanno sicuramente due cose: la neve e la solitudine.

NEVE CANE PIEDE di Claudio Morandini, ed. Exòrma

 

È stato il libro più votato di Modus Legendi nel 2017, quella che viene denominata la rivoluzione gentile, cioè l'iniziativa per fare entrare in classifica libri poco conosciuti. Protagonisti di questo breve romanzo sono Adelmo, un uomo burbero e scontroso che da sempre vive isolato in un vallone delle Alpi, e un cane petulante e chiacchierone. Fa da contraltare una montagna dura e ostile. La vita procederebbe tranquillamente, tra le estati trascorse nel bivacco e gli inverni sepolti dalla neve nella baita, se un giorno durante il disgelo dai ghiacci non spuntasse un piede. Non tutto è come sembra. Libro originale, soprattutto per il linguaggio duro e affilato come la roccia con cui è scritto, in grado di rendere in modo davvero realistico la vera vita di montagna.

NELLE FORESTE SIBERIANE di Sylvain Tesson, ed. Sellerio


Questo è il diario che il giornalista parigino tenne durante i sei mesi di isolamento volontario in una taiga sulla sponda del lago Bajkal. Dalle lunghe giornate registrate in modo preciso nascono riflessioni interessantissime su i più svariati argomenti: il lavoro, la famiglia, l'amore, la società moderna, la natura e le stagioni. Temevo mi annoiasse a morte e invece ho scoperto un libro che vale la pena di rileggere di tanto in tanto. “Ho raggiunto lo scopo della mia vita. Finalmente saprò se ho una vita interiore”. Alla fine avrete voglia di fuggire in Siberia? Forse no, ma una certa voglia di solitudine in più sì.

Alle prossime letture trascurate!

giovedì 22 febbraio 2018

Museo Nazionale della Montagna


Stavamo ammirando il bellissimo panorama su Torino, che si gode dalla vedetta, quando ci ha raggiunto un'operatrice: il museo stava per chiudere e lei stava facendo il giro per controllare non ci fosse qualcuno che si attardava, come noi ad esempio. Gentilissima, non ci ha messo nessuna fretta, anzi, ci ha confessato che sono in pochi ad essere a conoscenza della sua esistenza. «Vengono tutti a guardare la vista dalla terrazza o a visitare la chiesa. Eppure l'insegna è bella grande...»


Ci rimango sempre molto male quando scopro di realtà torinesi che vengono trascurate o, addirittura, completamente ignorate, invece che essere l'orgoglio della città e delle sue numerose e variegate offerte culturali. Sarà che per me l'aspetto culturale è molto importante, unito a una forte curiosità e voglia di fare sempre esperienze nuove; in questo la tessera musei che faccio da anni mi è molto di aiuto. Pur essendo, mi rendo conto, per alcuni inizialmente un investimento non da poco, con poche visite a mostre e musei il costo è subito ammortizzato e, possedendola, mi sento invogliata a visitarne molte di più, anche magari se non di mio interesse, tanto è “gratis”. Innumerevoli le piacevoli scoperte e sorprese che ho avuto nel tempo.


Il Museo Nazionale della Montagna "Duca degli Abruzzi" è ubicato lateralmente alla chiesa e al convento del Monte dei Cappuccini, in una posizione panoramica dalla quale si possono ammirare un lungo tratto di Alpi e la sottostante città. L'idea di costituire un Museo nacque nel 1874 tra i primi soci del Club Alpino Italiano che da un decennio era nato nella stessa città. Attualmente il Museo opera, con un'ampia e composita attività, sia a livello nazionale che internazionale. Vuole essere un polo culturale che unisca idealmente, sotto tutti gli aspetti, le montagne del mondo intero. Quindi, seguendo lo scopo prefissato, all'allestimento museografico fisso si aggiungono le esposizioni temporanee.


Alla vedetta, dove è stata aggiunta una terrazza panoramica esterna si conclude il nuovo percorso di visita, che idealmente vuole ricordare le origini del Museo, nato come punto di osservazione delle montagne. È ciò che si può vedere dalle finestre ad introdurre gli argomenti trattati e la visita si sviluppa come un'ascensione tra i colli e le vette che circondano la città, scelti per rappresentare simbolicamente temi quali la religiosità, le comunicazioni, il turismo e l'alpinismo, il Club Alpino Italiano, lo sci, gli sport invernali e lo sviluppo sostenibile. La salita finisce sulla terrazza, per poter ammirare a occhio nudo, osservando 400 chilometri di Alpi, ciò che prima è stato solo suggerito.


Le sale sono un po' spoglie e pochi sono i reperti storici, modellini o attrezzature, ma in ognuna di esse è presente un televisore da dove l'attore Giuseppe Cederna racconta della vita in montagna, come è cambiata nel tempo, di spedizioni e arrampicate, turismo e sport.


Periodicamente vengono allestite mostre sui più disparati argomenti; sono molto dispiaciuta di essermi persa quella sui foulard di montagna ma ho molto apprezzato la mostra fotografica “Segni di neve” di Riccardo Moncalvo (fino al 4 marzo) e mi ha messo l'acquolina in bocca quella sui “Menù delle montagne” (fino al 18 marzo).


L'ho trovato anche un museo a misura di bambino; Vittoria era affascinata dal panorama e non la smetteva di affacciarsi dalle numerose finestre, così come ha molto apprezzato i numerosi modellini, andando alla ricerca di posti e montagne a lei noti. L'essere andati a sciare proprio il giorno precedente forse ha aiutato nello stimolare la sua curiosità.
Insomma, tra una scalata e un menù a base di polenta, siamo usciti da lì con una gran fame, a conferma del fatto che: in montagna, il gusto ci guadagna.

lunedì 19 febbraio 2018

Tante storie, la mia storia


Avevo sempre pensato che, una volta finite le cure, in ospedale non ci avrei messo più piede, almeno mai più prima del controllo di routine. Invece non ho mai smesso di andarci.
Una volta al mese percorro lo stesso lungo corridoio che i miei piedi hanno fatto innumerevoli volte nei più disparati stati emotivi, entro nello stesso reparto le cui mura hanno contenuto le mie più segrete speranze e mi siedo tra le poltrone e i letti che fino a qualche mese fa avevano accolto me. Solo che io ora sono dall'altra parte. Apparentemente.
Quando la psicologa, che mi ha seguita nel lungo percorso della malattia, era venuta a sapere della mia grande passione per i libri e degli incontri che organizzavo all'interno del progetto Bookcoaching Torino, mi aveva confidato il suo desiderio di fare qualcosa di simile per i pazienti del day hospital oncologico dell'ospedale Mauriziano, io non ho esitato un attimo nel dare la mia disponibilità; con buona pace del mio buon proposito di non frequentare più ospedali.
È così che è nato “Tante storie la mia storia”: presso l’ospedale Mauriziano di Torino. Il progetto di ascolto e lettura nasce dalla collaborazione tra la Psicologia Clinica – dott.ssa Antonella Laezza – ed il Day Hospital oncologico – diretto dal professor Massimo Di Maio – all’interno di un percorso già in atto da tempo di Umanizzazione delle cure in Oncoematologia.
Trae spunto dalla considerazione del lungo tempo trascorso dai pazienti presso il Day Hospital, spesso l’intera giornata. Durante il trattamento ognuno trascorre il tempo come vuole o può: dormendo, leggendo, spesso chiacchierando con il caregiver che lo accompagna. Ma le ore sono lunghe… e la flebo attaccata al tuo braccio ti ricorda ogni istante il motivo per cui sei lì. Come rendere più lieve tale tempo? L’uomo da sempre ama le storie. Il racconto è parte della nostra storia e cultura, i racconti racchiudono esperienze, speranze, dolori. Da sempre l’uomo ha affidato alla narrazione la voglia di capire, condividere, sognare, essere consolato.
Da qui nasce l’idea di offrire ai pazienti, durante il trattamento in Day Hospital, uno spazio di ascolto di racconto. Di storie. Diversamente dalla lettura, che richiede una attenzione che non tutti i pazienti sentono di poter tenere, vi è un altro che racconta e il paziente può ascoltare la voce che narra. In seguito si condivide, ci si confronta, si immagina, si tessono i propri pensieri con le proprie identificazioni…
I brani sono scelti dall’équipe di psicologi dell’ospedale Mauriziano, in collaborazione con una paziente che ha sperimentato di persona il trattamento chemioterapico e sa cosa significa attendere durante la terapia, ma che ama la lettura e che conduce gruppi di lettura con una collega.

A lungo mi sono interrogata sul perché condividere questa iniziativa con voi. Sicuramente non lo faccio per sentirmi dire quanto sono brava a dedicare alcune ore a fare del bene al mio prossimo. Mi sembra anche superfluo sottolineare quanto facciano bene questi appuntamenti, così non fosse avremmo smesso di tenerli invece di aumentare i numeri degli incontri; che i libri, la lettura e le storie siano importanti lo sappiamo tutti noi, altrimenti non perdereste tempo a leggere questo blog. Forse sto scrivendo per raccontarvi l'effetto che questo ha su di me? Più volte mi avete ripetuto che questa è casa mia e che è giusto io scriva di quello che mi succede, ma per una volta vorrei smettere di essere così egoriferita.
Che cosa posso dirvi allora di loro, i pazienti che incontro ogni volta, così diversi e così uguali? Sembrerà paradossale, anzi lo è, ma nel pieno della sofferenza, della malattia, della paura e del dolore, sono loro a raccontare una storia, ogni volta diversa, ma con un ingrediente che le accomuna: la vita. Credo di stare per trasformarmi in una sorta di Pollyanna, che tra l'altro mi è sempre stata antipatica, ma sento di dovervelo rivelare: la vita è bella, nonostante tutto.
Solo che non basta che io ve lo dica, lo dovete scoprire da soli, sentire da soli. Spero vi riesca presto, perché la vita è anche corta.

I racconti che abbiamo letto finora:

Lorenzo Marone “La prima di tre donne irraggiungibili, tratto dal libro “La tentazione di essere felici
Raymond Carver “Cattedrale” dall'omonima raccolta di racconti
Paolo Cognetti “Educazione e cortesia in mare”, tratto dal libro “Manuale per ragazze di successo
Hans Christian Andersen “L'abete
Anna Paola Bosi “Superminiwonderwoman”, tratto da “Il colore delle donne
Valentina Stella “Cose vecchie”, dalla rivista “Carie letterarie” n.5

giovedì 15 febbraio 2018

Baby Words - I libri che ho letto


A conferma dell'importanza che i libri hanno per me, i miei migliori alleati in questa avventura che si chiama maternità sono proprio loro; che sia per avere un conforto, un confronto, un consiglio, farmi una risata o commuovermi, in questi quattro anni e mezzo più nove mesi, le letture mi sono sempre state affianco, come una bussola.
Senza ulteriori indugi, qui di seguito i libri che ho letto e che mi sento caldamente di consigliarvi.

Caz Cooke “Il bello del pancione”

Comprato nel cesto delle offerte della Fnac, quando ancora esisteva a Torino, e quando la maternità era ancora solo un desiderio. Già solo sfogliandolo mi aveva fatto sorridere, mi era sembrata la versione di Bridget Jones incinta e avevo pensato che avesse la giusta leggerezza. Rimasta incinta e scoperto di essere leggermente ansiogena in fatto di gravidanza, è stato il compagno perfetto di quei nove mesi. In modo accurato e preciso fornisce tutte le informazioni su quello che sta succedendo al vostro corpo e a quell'esserino che si sta formando dentro di voi; buttandola sul ridere che, in alcune occasioni, è sempre la cosa migliore da fare secondo me. (Ne avevo scritto QUI)

Beth Ann Fennelly “Great with child. Letters to a young mother”


I nove mesi della gravidanza non sono solo fatti di un corpo che cambia, ma anche di uno spirito in trasformazione. Questo è in assoluto il libro più bello che io abbia mai letto: pieno di poesia e dolcezza, sono delle lettere che un'insegnate scrive a una sua cara allieva, quando quest'ultima scopre di essere incinta ed è molto spaventata. Purtroppo non è mai stato tradotto in italiano ma, se avete anche solo una minima conoscenza dell'inglese, vale lo sforzo. (Ne avevo scritto QUI)


Tracy Hogg “Il linguaggio segreto dei neonati”

Credo sia un libro che non necessiti di presentazione, considerata la sua fama, che si divide sovente tra odio o amore. Personalmente l'ho trovato molto utile, non nei suoi suggerimenti particolarmente rigidi o severi, ma nell'impostazione dell'atteggiamento che avrei voluto tenere nei primi mesi di vita di quella che, non sapevo ancora, essere VV. Insomma, vale la lettura non per seguire pedissequamente i suoi principi, ma per prendere quello che risuona nelle vostre corde e lasciare tutto il resto. Tenetelo a portata di mano, non sono state poche le volte in cui, nei momenti di crisi, sono ritornata a leggere alcuni passaggi. (In seguito ho letto anche “Il linguaggio segreto dei bambini” ma, sebbene sia una lettura interessante, l'ho trovata meno di aiuto dal punto di vista pratico)

T. Berry Brazelton “Il bambino da 0 a 3 anni” (e ora ho in lettura da 3 a 6 anni)

Preparatevi a giorni di tempesta, cielo nero, nuvole basse, sferzate di acqua gelata e nessuna terra all'orizzonte. Questo è il libro che vi servirà per tenere saldo il timone di quello che all'improvviso vi sembrerà un viaggio all'inferno e vostro figlio il diavolo in persona. Perché sì, non raccontiamocela, ci saranno giornate così, anche con il più bravo dei bambini. Magari questo libro non avrà la soluzione giusta per voi, ma vi farà comprendere quello che sta passando nella testa di vostro figlio e che quello che sta succedendo ha un senso, anche se a voi spesso sembra di no. Ed è tutto quello di cui avrete bisogno in quei giorni: un senso a cui aggrapparvi e tenere duro fino alla fine della tempesta. Il fatto che poi il libro vi ricordi che la tempesta la sta vivendo anche quell'esserino che ora sembra il diavolo, ve lo farà guardare con occhi diversi e vi assicuro che non è poco.

Steve Biddulph “Il segreto dei bambini felici”


Libro agile e breve, che vi fornisce consigli ed esempi pratici su come gestire il rapporto con i vostri figli. Ha un dettagliato indice che vi consentirà la consultazione nei momenti di maggior bisogno, senza doverlo per forza leggere in ordine cronologico. Bonus: parte integrante di questa strategia è la felicità di coppia, che spesso viene trascurata, errore che questo libro vi sconsiglia di fare e vi invita, invece, a trovare del tempo per voi come marito e moglie, prima che genitori.

Chiara Cecilia Santamaria “Quello che le mamme non dicono”


Verrà poi anche il momento in cui avrete bisogno del classico libro mal comune mezzo gaudio di una mamma alle prime armi e questo vi regalerà tante risate, tante lacrime, tante risate tra le lacrime e viceversa. (Ne avevo scritto QUI)

Un piccolo promemoria per i momenti di difficoltà:
The nights were so very long. But the years are so very short.

(Del libro nella foto in apertura del post ne ho parlato QUI)

lunedì 12 febbraio 2018

Scompartimento per lettori e taciturni


Scompartimento per lettori e taciturni” di Grazia Cherchi è una raccolta di articoli, recensioni, interviste che l'autrice scrisse durante tutto l'arco della sua carriera di lettrice. Non giornalista, non critica, non letterata, non scrittrice. Lettrice.
Dentro ci trovate il suo amore appassionato per i libri, i lettori e gli scrittori; la sua verve e lingua pungente verso tutto il mondo editoriale, le case editrici e le persone che vi lavorano, i premi letterari, le recensioni e le classifiche. Non risparmia complimenti, critiche e invettive, perché quando si ama qualcosa e lo si conosce approfonditamente, si è anche acuti osservatori e sinceri opinionisti.
Troverete anche tantissimi libri che vi verrà voglia di leggere, titoli mai sentiti, scrittori scoparsi nel dimenticatoio, peccato essere molti fuori catalogo.
Troverete la vita, di chi con i libri ci lavora certo, ma prima di tutto ci vive: tanti episodi divertenti, tanti incontri sui mezzi pubblici, tante storie.
Per lei esistevano singole persone, individui, ognuno con propri gusti, ambizioni, frustrazioni, esigenze, infelicità, eccetera. L'esperienza e il destino di ciascuno erano qualcosa di unico, anche se non sempre interessante. E ognuno aveva qualcosa di suo da dire, anche se poteva non essere capace di esprimerlo bene. La letteratura restituiva agli uomini la voce personale - l'anima - che la vita pratica tendeva inesorabilmente a soffocare.

Piergiorgio Bellocchio
Tra gli innumerevoli racconti di vissuto che condivide nei suoi testi, quello che mi ha colpita di più è questo:
Ogni tanto – ma di rado – vedendo qualche piccino, figlio di amici, mi viene la curiosità di guardare nella sua stanza, piena di oggetti per me perlopiù misteriosi, cioè i suoi giochi e giocattoli. E, per deformazione personale, guardo se c'è anche qualche libro. Può capitare: pochini, ma talora ci sono. Chissà che razza di racconti o fiabe legge ad esempio Michele, uno splendido ragazzino di otto anni? (Oggi i bambini, quando va male, sono belli)... Decido di fermarmi in camera sua a leggerlo – di là, nel mondo cosiddetto adulto, si è avviata una conversazione che sicuramente andrà per le lunghe...
Ecco, io me la immagino così, nell'altra stanza, intenta a leggere un libro.
Più che gradevole lettura, mi ha fatto scoprire una grande donna di cultura che non conoscevo, che ora ammiro e da cui ci sarebbe molto da imparare.
Se non vi piacciono queste cose, se non siete interessati a un libro che parla di libri, che spiega che cosa significa vivere per e con loro, potete pure fare a meno di leggerlo. Se invece amate i libri e il loro mondo, non potete farne a meno.
Siamo, dai tempi di Gutemberg, una minoranza, noi lettori; ma, come è stato detto, una minoranza di irriducibili, che considerano il libro una compagnia, un alimento insostituibile.

lunedì 5 febbraio 2018

La vita, ultimamente 31


L'ho già detto ma ci tengo a ribadirlo: le stagioni sono distribuite male all'interno del calendario. C'è poco da fare, finito il Natale, la Befana oltre a portarsi via le feste, dovrebbe portarsi via anche l'inverno e invece è appena incominciato. Come fa uno a capacitarsi del fatto che gli aspettano ancora tre mesi di freddo? Ci credo che poi viene la depressione. Ho inoltre scoperto che gli anglosassoni lo chiamano anche il Dry Month, perché si astengono dal bere alcolici per un mese dopo i bagordi di dicembre. Suggerirei buttiamoci sugli zuccheri, ma scommetto che anche voi avete fatto il buon proposito di mettervi a dieta, se non dimagrante, quanto meno depurativa.

(Così, per farci del male)
 
Insomma, gennaio, hai avuto il triste destino di capitare in un momento di congiunzioni sfavorevoli. Hai anche la sfortuna di sembrare interminabile, quindi ti si sopporta, di più non ci riesce di fare.
Inutile dire, a questo punto, che è stato un periodo di bassi, molti bassi, e false partenze, ma visto che bisogna essere indulgenti con questo mese, perché non esserlo anche verso noi stessi. Quindi è con un sorriso di tenerezza che mi rivedo vagare per la casa con l'espressione di una che si è appena risvegliata da un lungo letargo, non sa bene dove si trovi, chi sia e che cosa voglia fare della propria vita. Giuro, la sensazione di molte giornate è stata proprio questa.
In questi casi che si fa? Ci si regala tempo, e anche dei fiori finti come quelli della foto in apertura; se inverno deve essere, che inverno sia: la terra sta riposando in attesa di germogliare in primavera, facciamolo anche noi, per quanto possibile.
Invitiamo gli amici a casa, per condividere questo periodo strano, rendendo più lievi le giornate ancora troppo corte e fredde che ti obbligano a trascorrerle chiusi in casa.

(La prima compagna di classe ospite per un pomeriggio di giochi. Confesso che quella più emozionata ero io.)
 
Oppure riprendiamo a frequentare i luoghi che abbiamo tanto amato, meglio ancora se contengono oggetti che amiamo: le biblioteche e la quantità infinita di libri che offrono; se riusciamo a portarcene qualcuno a casa, meglio ancora, così si avrà la scusa di doverci tornare per renderlo.

(Il libro della foto è venuto a casa con noi, insieme ad altri di cui vi parlerò)
 
E se proprio dobbiamo stare al chiuso, che siano le quattro mura di un teatro, per lasciarci trasportare in un altrove più bello, almeno per un paio d'ore. Se poi è parte del regalo di Natale del marito, possiamo avere anche l'ardire di sentirci molto, molto fortunate.

(Teatro Stabile di Torino, abbiamo assistito a "L'Illusion Comique")