lunedì 31 agosto 2015

Eccomi qui!


Mi perdonerete spero se, tornata a casa da Berlino, mi sono concessa qualche giorno di vacanza in più, qui sul blog. Mio marito aveva ancora qualche giorno di ferie e io avevo voglia di godermi la mia famiglia e il dolce far niente. Ho procrastinato tutto il procrastinabile: ho fatto il minimo indispensabile in casa, ho impiegato giorni e giorni a disfare i bagagli, non ho acceso quasi mai il computer e letto pochissimi blog. Non volevo minimamente pensare a nulla che fosse collegato alla parola “dovere”. Mi sono concessa lunghe dormite il pomeriggio, la tanto amata siesta che da quando è nata VV non faccio quasi mai, proprio per sfruttare il tempo in cui lei dorme. Cadevo in un sonno stanco e profondo, spesso mi addormentavo prima di VV, cullata dalla sua voce mentre giocava ancora con il padre. L'ultimo giorno di vacanza di mio marito mi sono detta «magari approfitto della sua presenza per mettermi davanti al computer e portarmi avanti»: mi sono ritrovata a scaricare le foto di Berlino, a sfogliarle pigramente e a fare una prima piccola cernita; incapace di scrivere, incapace di fare ordine, di pianificare tutte le cose di cui avrei da raccontarvi, i molti libri letti ad esempio.
E poi mi è preso un nodo allo stomaco al pensiero di rimanere da sola con VV, dopo tutte queste settimane: quasi non fossi più in grado di prendermi cura di lei, di fare la mamma senza aiuto, come se fosse qualcosa di cui avere paura, da temere; ho iniziato a vergognarmi, a sentirmi in colpa, a giudicarmi e bacchettarmi come faccio sempre. «Calma Francesca, mi sono detta, calma. Se gli altri si possono lamentare del ritorno al lavoro, alla vita di tutti i giorni, perché non lo puoi fare anche tu? Che male c'è ad ammettere di essere spaventata delle lunghe giornate che ti aspettano, da sola con VV, del timore che ti assale davanti all'incertezza di questa quotidianità, la fatica di dover gestire umori, capricci, richieste pressanti e bisogni inspiegabili. Essendo consapevole, inoltre, che tutto quello che dici, fai, spieghi e insegni lascia un segno e un solco su questo piccolo essere? Ho ben diritto ad avere un po' di paura, no?»
Così ho deciso di lasciare spento il pc ancora per un po', di prendere le cose con calma ancora per qualche giorno, di sfruttare al massimo i lati positivi di essere una mamma a tempo pieno, di proseguire a microscopici passi quel cambiamento su cui sto lavorando da un anno ormai: semplificare. Fare e avere meno per apprezzare di più.
Spero abbiate trascorso delle buone vacanze; le mie lo sono state, superando di gran lunga ogni aspettativa. Sono tornata. Ben tornati.

mercoledì 19 agosto 2015

La mia pagina bianca

Davanti a una pagina bianca
Davanti a tutto quello che manca
E con in testa un pensiero solo
Un pensiero disteso
Raso al suolo
Come una specie di telecomando
Per tornare a dove, tornare a quando…
L'aria sul viso pungeva
E la terra sotto ai piedi scottava
E a me davvero non importava
Era tutto perfetto
Sognare in un letto e…
Non volere niente…
Non cercare niente…

E guardare il cielo per trovare un motivo
Da restituire al mondo
E gli gridavo almeno porta via
Questa rabbia così se io non ci riesco
Saprò che tu l’hai data al vento…
Non volevo niente
Non sapevo niente
Elisa

Un anno che non ci sei. Un anno che ci sei.

venerdì 14 agosto 2015

Crisi d'astinenza


Mi è successa una cosa curiosa. A una settimana esatta dalla partenza per Berlino ho terminato il romanzo che stavo leggendo e mi sono ritrovata di fronte a un dilemma: iniziare a leggere il libro che avevo scelto di portare con me in viaggio o, nell'attesa, optare per un altro? Entrambe le scelte avrebbero avuto delle controindicazioni. Il libro preso in biblioteca pensando appositamente alla nostra vacanza è troppo breve e avrei rischiato di finirlo ancora prima di essere partita, la qual cosa mi avrebbe parecchio infastidita perché l'ho scelto appositamente per essere letto mentre ero immersa nella cultura tedesca. Iniziare un altro romanzo avrebbe significato rischiare di non finirlo prima della partenza; creando il disagio di portarmi dietro due libri (quando invece voglio e devo viaggiare leggera) o di lasciarlo a casa senza averlo finito, minandone sicuramente il piacere della lettura.
Nel dubbio non ho optato per nessuna delle due opzioni, concentrandomi nel tempo libero sulla lettura di giornali, riviste, blog e la guida su Berlino; così facendo però sono caduta in astinenza da libri e devo confessare che, a fine serata, leggere un romanzo mi è mancato tantissimo. 
Non vedovo l'ora di partire!

martedì 11 agosto 2015

Prova!

Ascolta, Raimond, io adesso non ho nessuna voglia d'impelagarmi in discorsi astratti e stucchevoli, mi viene male solo a pensarci. Non sono bravo a difendere i libri, a far tutte quelle ciance sulla bellezza di leggere, il valore della lettura... Quindi, sentimi bene, Raimond, pensala un po' come vuoi... però prova! Ti dico solo questo: prova! E' l'unica. Cosa ti costa? Ti metti lì, impari, leggi, e poi se non ti piace smetti.

Paola Mastrocola

E il provarci almeno, vale per tutti gli ambiti della vita. Allora, proviamo!

venerdì 7 agosto 2015

(S)contenta

Mi chiameranno scontenta. Non posso farci nulla, l'irrequietezza è nella mia natura; a volte si agita in me fino a diventare dolorosa...

Charlotte Brontë

Irrequietezza, scontentezza, insoddisfazione, insicurezza, ingratitudine. A seconda dei momenti e di chi hai di fronte può acquistare sfumature diverse; in ogni caso non è mica facile stare al mondo con quel nervo scoperto lì, né per te né per chi ti sta accanto. Perché è facile snocciolare elenchi, tirare giù liste con le cose belle che uno ha e sta vivendo, il nervo ha la voce più forte, il dolore ti appanna gli occhi e ti abbassa l'udito. E nei momenti di lucidità si aggiunge anche il senso di colpa, perché uno è anche consapevole che nella vita ci sono cose ben peggiori e dovrebbe vergognarsi a lamentarsi. E' facile piangersi addosso e, per quanto ci si sforzi, la lezione non vuole entrare in testa: si è perennemente rimandati a settembre. A meno che non ci si chiami Charlotte Brontë, e allora sì che due domandine avrei da fargliele, su come ha fatto, nonostante l'irrequietezza, a stare inchiodata alla scrivania e a scrivere, non di certo le due fregnacce che scrivo io...
Comunque, per i momenti di lucidità, due lezioncine “L'esercito delle cose inutili” di Paola Mastrocola te le dà.
Vi ricordate perché l'avevo comprato? Attraversavo un periodo (non ancora concluso, a dir la verità) in cui avevo bisogno di leggerezza, di liberarmi del superfluo, delle cose inutili; il titolo della Mastrocola mi ha tratta in inganno. Ma i libri sono furbi e si fanno leggere nel momento del bisogno perché, nel mio caso, non erano le cose che possedevo ad essere inutili, ero io che mi sentivo così. Il caso (o forse il fato) ha voluto che lo leggessi mentre ero in vacanza in montagna e proprio lì, dalle persone che vi abitano e lavorano, ho ricevuto la medesima lezione; come a ribadirla, sottolinearla, sia mai che è la volta buona che mi entra in testa.
Leggevo il libro, facevo mia la sua storia, e ogni tanto alzavo lo sguardo e osservavo questi uomini e donne recarsi verso i campi, chi a tagliare l'erba, chi a portare le capre al pascolo. Sono sicura che loro non si sentono inutili anzi, hanno così tante cose da fare e a fine giornata la stanchezza fisica deve essere così immensa, che non sprecano nemmeno un grammo della loro energia e del loro tempo a domandarsi il perché lo fanno, a che pro, a chi giova. Va fatto. Potrebbero non farlo ma poi sai che casino, un intero ecosistema mandato a gambe all'aria, perché i cari sentieri e boschi in cui mi piace passeggiare mica li tiene puliti e in ordine lo Stato, così per fare un esempio. Anche Bambi, che quest'anno ho visto per ben due volte, dovrebbe far fagotto se quei signori smettessero di prendersi cura delle loro montagne, per fare un altro esempio.
Quindi, per concludere, in poche parole, la lezioncina che ho imparato: più fatti e meno seghe mentali (scusate il francesismo) che poi, magari, mentre son lì che faccio, anch'io non ho tutto questo tempo di star lì a domandarmi il perché e il per come. Inoltre, considerato che ci tengo così tanto a liberarmi del superfluo, magari è la volta buona che per strada mi libero finalmente della “s” e divento contenta.

martedì 4 agosto 2015

Chi ti trova più?


Il compleanno meno sentito della storia, ho scritto. Vi è mai successo?
Un giorno qualcuno ti fa un'osservazione e tu ti scopri a pensare: «Ah già, è vero, tra poco è il mio compleanno. Non ci stavo pensando...». Poi i giorni passano, aumentano le persone che te lo ricordano, incominci a tenere d'occhio il calendario, aspetti l'eccitazione, l'emozione, la voglia di fare festa. Ma non arrivano. Abbozzi, accenni un sorriso, sempre meno giorni ti separano dalla fatidica data e tu vorresti poter dire: «Quest'anno facciamo finta di niente, come se fosse un giorno come un altro». Ma non lo dici e lo tieni per te, questo sentimento che non sai definire, questo disagio che ti prende allo stomaco, questo prurito che ti fa venir voglia di scappare e nasconderti.
Cosa vuol dire festeggiare il proprio compleanno? Lo devi festeggiare tu? O ti devono festeggiare gli altri? Devi aspettare che qualcuno faccia qualcosa? O sono gli altri che aspettano te? La torta, di chi è compito comprarla o cucinarla? Qualcuno si è occupato di comprare le candeline? E il rinfresco? Gli inviti sono stati spediti?
E poi festeggiare cosa? Cosa ho fatto in questo anno che è appena passato? Cosa devo festeggiare e cosa no? Ma io non ho voglia di fare bilanci. Ci sono stati giorni buoni e altri meno, momenti in cui mi sentivo bravissima, padrona della situazione, e altri in cui ero persa, senza una direzione. Ora, se devo essere sincera, vorrei stare un po' da sola, perché mi sento anche un po' stupida a fare tutti questi capricci...
Poi il compleanno è passato, per fortuna dura solo un giorno, e sono anche riuscita a non festeggiarlo, o solo un pochino, perché io quando mi metto in testa una cosa, sono peggio di un mulo. A tal proposito, proprio in quel periodo stavo leggendo “L'esercito delle cose inutili” di Paola Mastrocola, ma da testona come sono, il senso di questo libro l'ho capito solo adesso.
Magari, la prossima volta, se capita di sentirmi di nuovo così, invece di fare tante storie, mi ritiro da qualche parte a leggere un libro.
Mi piace leggere perché, quando sei lì che leggi, puoi anche a un certo punto chiudere il libro, e stare con l'aria assorta. E non c'è più niente che ti spaventa, la fame, i calci in culo, la paura di morire... Diventi assorto e buona notte, sei andato da un'altra parte, chi ti trova più?

Paola Mastrocola