giovedì 19 maggio 2022

Il potere di Adesso

 C'è una vocina che parla costantemente nella nostra testa, alcune volte ne siamo pienamente consapevoli, altre meno. Non riusciamo a fare a meno di ascoltarla. Di solito è pessimista, piena di paure, diffidente verso il prossimo, odia i cambiamenti. Quella voce è il nostro Ego. Da quando l'ho scoperto gli ho pure dato un nome. No, non è Bruno.


Detta in modo molto semplice: quella voce è il male, L'Ego è il male. Ci tiene incatenati tra il continuo rimuginare sul passato e la paura, o speranza, verso il futuro e soprattutto ci convince che sia lei ad essere la nostra identità.

Eckart Tolle nel suo libro “Il potere di adesso” scrive dell'importanza dell'unico momento importante in cui dobbiamo vivere: il presente. E quando raggiungeremo la piena consapevolezze del momento, quando ci libereremo da quello che lui chiama il tempo psicologico, riusciremo anche ad entrare in contatto con l'Essere, cioè la nostra vera e più pura e profonda essenza.

...nella più profonda dimensione dell'Essere sei completo e integro proprio adesso... a un livello più profondo sei già completo... Essere libero dal tempo psicologico ti spinge a perseguire i tuoi obiettivi non più mosso da una severa determinazione, dalla paura, dalla rabbia, dal malcontento, o dal bisogno di diventare qualcuno. Né rimarrai inattivo per paura di fallire, cosa che per l'ego coincide con la perdita della propria identità. Quando il tuo profondo senso di identità viene attinto dall'Essere, quando sei libero dal bisogno psicologico di “diventare” qualcosa o qualcuno, e quando né la tua felicità né il tuo senso d'identità dipendono dal risultato, non hai più paura... Non pretendi che siano le situazioni, le condizioni, i luoghi o le persone a doverti fare felice, per poi essere deluso se non sono all'altezza delle tue aspettative.

Come riuscirci? Bisogna incominciare ad ascoltare l'Ego, senza giudizi e senza coinvolgimento. Col tempo si impara a riconoscere i pensieri ricorrenti, le situazioni che li scatenano e, di conseguenza, le nostre azioni e reazioni.

Abituati a monitorare il tuo stato mentale con l'auto-osservazione. “Sono a mio agio in questo momento?”... Oppure: “Che cosa sta succedendo dentro di me in questo momento?”... Focalizza la tua attenzione all'interno. Guardati dentro. Che tipo di pensieri sta generando la tua mente? Che cosa provi? Concentrati sul corpo. Avverti qualche tensione?

Un poco alla volta, si diventa consapevoli. Il processo è lungo, numerose sono le ricadute, i risultati però sono sorprendenti.

Una volta che hai eliminato l'identificazione con la mente, avere ragione o torto non fa più nessuna differenza per il tuo senso di identità, perciò non avrai più il bisogno compulsivo e profondamente inconsapevole di avere ragione (che è una forma di violenza). Puoi affermare chiaramente e con fermezza quel che pensi o ciò in cui credi, ma non lo farai in modo aggressivo né mettendoti sulla difensiva, perché a quel punto la tua identità deriverà da un luogo più profondo e autentico dentro di te, non dalla mente... Che cosa stai difendendo? Un'identità fantasmagorica, un'immagine mentale, un'entità fittizia... Questa è la fine di tutti i litigi e giochi di potere, tanto nocivi per le relazioni. Il potere sugli altri è debolezza mascherata da forza. Il vero potere è dentro di te ed è a tua disposizione adesso.

Liberarsi del tempo significa essere liberi dal bisogno psicologico del passato e del futuro, intesi rispettivamente come fonti di identità e appagamento.

Per te il passato deve essere morto a ogni nuovo istante. Non ne hai bisogno. Riferisciti a esso solo quando è strettamente necessario per il presente.

Quando ci convinciamo che il passato ha più potere del presente, manifestiamo una identità da vittima... Significa credere che gli altri con le loro azioni siano responsabili della tua incapacità di incarnare la tua vera identità... sei tu il responsabile del tuo spazio interiore adesso, nessun altro, e che il passato non può prevalere sul potere di Adesso.

Liberati anche del futuro.

Non è inusuale che la gente trascorra l'intera esistenza aspettando di cominciare a vivere. L'attesa è uno stato mentale. In pratica, significa che desideri il futuro e che non vuoi il presente. Non vuoi quel che hai, ma quel che non hai.

La riconoscenza per il presente e la pienezza della vita adesso rappresentano la vera prosperità.

Se sei presente, non hai mai bisogno di aspettarti chissà che.

Il libro è scritto sotto forma di risposte alle domande che l'autore ha ricevuto in modo ricorrente nel corso degli anni. Ho faticato a trovare un filo logico e non sempre mi sono trovata pienamente d'accordo con i suoi ragionamenti: di fronte ad alcune tragedie che possono capitare nella vita credo sia difficile, se non impossibile, essere felici nel presente e i suoi consigli sono stati dati un po' troppo alla leggera.

Ho trovato davvero interessanti ed illuminanti alcune interpretazioni della Bibbia, del Vangelo e della parola di Gesù. Mi ha confermato che, con le persone giuste, la Chiesa potrebbe avere più seguito.

Mi ha fatto piacere scoprire di essere sulla buona strada, di aver compreso da sola nel corso di questi ultimi due anni che cosa c'era che non andava nella mia vita e in me, di aver deciso fermamente di cambiarlo e di essere costante in questo mio percorso. Imparare è una cosa bellissima e spero non smetterò mai di farlo.

La tua percezione del mondo è un riflesso del tuo stato di consapevolezza. In ogni istante, la tua consapevolezza crea il mondo in cui vivi.

Ovunque tu sia, vivi pienamente nel qui e ora. Se trovi che il tuo qui e ora sia intollerabile e ti rende infelice, hai tre possibilità: esci da quella situazione, cambiala oppure accettala completamente così com'è. Se vuoi assumerti la responsabilità della tua vita, devi scegliere una di queste tre opzioni, e devi farlo adesso. Poi accetta le conseguenze della tua decisione. Senza scuse. Senza negatività.

Un'azione qualunque spesso è migliore dell'inattività, soprattutto se sei bloccato da tempo in una situazione infelice. Se dovesse rivelarsi un errore, almeno imparerai qualcosa. Ma se rimani bloccato, non impari niente.

Non opporre resistenza alla vita... 

“Accetta tutto quello che ti arriva intessuto nella trama del destino, che cosa infatti potrebbe adattarsi meglio ai tuoi bisogni?” Marco Aurelio

lunedì 14 febbraio 2022

Love is...

 

Non mi ero mai domandata l'origine della festa di San Valentino, e voi? Così ho fatto una breve indagine su Internet e ho scoperto che, tanto per cambiare, inizialmente era una storia pagana di cui si sono appropriati i cristiani.

L'originale festività religiosa prende il nome dal santo e martire cristiano Valentino di Terni e venne istituita nel 496 da Papa Gelasio I, andando a sostituirsi alla precedente festa pagana dei Lupercalia, di radice arcaica legata al ciclo di morte e rinascita della natura, alla sovversione delle regole e alla distruzione dell'ordine per permettere al mondo e alla società di purificarsi e rinascere. Questa festa era accompagnata da vari rituali, mascherate, cortei, e giornate in cui i servi prendevano il posto dei padroni e viceversa, con l'intento di innescare un processo appunto di rinascita rimettendo in atto il caos primigenio. Parte di queste manifestazioni ritualistiche è sopravvissuta fino a oggi, mediata dalla morale cristiana, nelle tradizioni del Carnevale.

Sebbene la figura di san Valentino sia nota anche per il messaggio d'amore portato da questo santo, l'associazione specifica con l'amore romantico e gli innamorati è quasi certamente posteriore, e la questione della sua origine è controversa.

È conosciuta, in ogni caso, la leggenda, secondo cui il santo avrebbe donato a una fanciulla povera una somma di denaro, necessaria come dote per il suo sposalizio, che, senza di questa, non si sarebbe potuto celebrare, esponendo la ragazza, priva di mezzi e di altro sostegno, al rischio della perdizione. Il generoso dono - frutto di amore e finalizzato all'amore - avrebbe dunque creato la tradizione di considerare il santo vescovo Valentino come il protettore degli innamorati.

La più antica "valentina" di cui sia rimasta traccia risale al XV secolo e fu scritta da Carlo d'Orléans, all'epoca detenuto nella Torre di Londra. Carlo si rivolge a sua moglie (la seconda, Bonne di Armagnac) con le parole: Je suis desja d'amour tanné, ma tres doulce Valentinée… (Sono già malato d'amore, mia dolcissima Valentina). Successivamente, nell'Amleto di Shakespeare (1601), durante la scena della pazzia di Ofelia (scena V dell'atto IV), la fanciulla canta vaneggiando: "Domani è san Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina".

Inoltre, alla metà di febbraio si riscontrano i primi segni di risveglio della natura; nel Medioevo, soprattutto in Francia e Inghilterra, si riteneva che in quella data cominciasse l'accoppiamento degli uccelli, quindi l'evento si prestava a essere considerato la festa degli innamorati.

Soprattutto nei paesi di cultura anglosassone, e per imitazione anche altrove, il tratto più caratteristico della festa di san Valentino è lo scambio di valentine, bigliettini d'amore spesso sagomati nella forma di cuori stilizzati o secondo altri temi tipici della rappresentazione popolare dell'amore romantico. A partire dal XIX secolo questa tradizione ha alimentato la produzione industriale e la commercializzazione su vasta scala di biglietti d'auguri dedicati a questa ricorrenza. La Greeting Card Association ha stimato che ogni anno vengono spediti il 14 febbraio circa un miliardo di biglietti d'auguri, numero che colloca questa ricorrenza al secondo posto, come numero di biglietti acquistati e spediti, rispetto al Natale. Fu proprio la produzione su vasta scala di biglietti d'auguri a dare impulso alla commercializzazione della ricorrenza e, al contempo, alla sua penetrazione nella cultura popolare, fino a diventare secondaria rispetto allo scambio di regali, come scatole di cioccolatini, mazzi di fiori o gioielli.

Giorni fa ho raccontato a Vittoria della festa di San Valentino e dell'usanza di scambiarsi biglietti d'amore e regali. Lei mi ha ascoltato attentamente, ci ha pensato un po' su e poi ha concluso: “Voi mi amate, quindi mi farete un regalo.”

Mio marito ed io non ci siamo mai scambiati doni a San Valentino, ma abbiamo sempre cercato di trascorre la giornata insieme. In fondo donare il proprio tempo è uno dei regali più grandi. Voi la festeggiate? Nel caso foste alla ricerca di ispirazione, vi lascio un paio di link di vecchi miei post:

Regali fai da te e non

Una poesia

Un libro

Buona festa degli innamorati!