giovedì 28 giugno 2018

Benvenuti a casa mia


Quando sono andata a vivere per conto mio, nello specifico a convivere con quello che sarebbe diventato mio marito, a me è successa una cosa strana: mi sono sentita sotto esame. Invitare gente a casa per me era come ricevere visita dai RIS, NAS, l'Ufficio di Igiene, Cannavacciuolo e Cracco; pulivo come se dovessimo mangiare per terra e andavo in ansia per i piatti da cucinare, al confronto quello che provano a Master Chef è una passeggiata. Era proprio un piacere, come starete intuendo, me le godevo molto queste cene o pranzi...
Di conseguenza erano parecchie le volte in cui non avevo voglia di sottopormi a tutto questo lavoro e stress, ma la cosa mi dispiaceva parecchio, perché mi piace stare in compagnia e, sarà l'età, preferisco di gran lungo trascorrere il tempo nella comodità e tranquillità di casa che nel trambusto di un locale; l'immagine che ho in mente è dei miei amici e me seduti su divano e poltrone con un bicchiere di vino in mano dopo un piacevole pasto e nessun altro a disturbare, così ho escogitato alcune soluzioni per assecondare questo mio piacere, soluzioni che ho pensato di condividere con voi sperando di esservi d'aiuto o d'ispirazione.

LA CASA

Al di là del ricevere ospiti o meno, ho imparato a mie spese che è molto meglio tenerla in ordine sempre, piuttosto che designare solo alcuni momenti della settimana al riordino, così come è molto più facile pulirla poco alla volta e spesso, che solo alcuni giorni o solo nel fine settimana. All'inizio sembra più impegnativo e può dare l'impressione di dedicare molto più tempo alla sua gestione, ma vi accorgerete col tempo che non è così. Inoltre la casa sarà sempre più o meno presentabile in caso di visite dell'ultimo minuto, quando sarà sufficiente dare una veloce passata, magari con QUESTI detergenti naturali per farla brillare. Last but not least, imparate a fregarvene, gli ospiti sono lì per voi non per valutare il vostro livello di gestione della suddetta.

IL CIBO

Siete appassionati di cucina? Amate sperimentare sempre nuovi manicaretti? Non vi pesa stare ai fornelli ore ed ore? Buon per i vostri amici! Io no. Esserne consapevole e avere accettato questo mio lato mi ha fatto immediatamente rilassare anche sul fronte “Cosa gli offro da mangiare?” In cucina me la cavo ma non credo che la prima cosa che i miei amici direbbero di me sia “Dovresti assaggiare uno dei suoi piatti!” Cerco sempre di offrire un pranzo o una cena piacevoli e di stilare un menù che abbia un senso (che non va mai oltre ad un antipasto, un primo, un secondo con contorno, dolce), dopo di che per me la priorità è la compagnia e, il giorno in cui vi accoglierò con una pizza da asporto servita nel suo cartone, sappiate che avrete raggiunto il livello gold dei miei amici intimi.
Altra cosa che mi aiuta nella preparazione è cercare di inserire, tra le varie portate, qualcosa che si possa preparare anche il giorno prima, così da non dover fare tutto il giorno stesso e arrivare stanca; oppure mi limito davvero alla cucina semplice e casalinga: polenta con salsiccia e spezzatino in inverno, una bella insalata particolare d'estate. Non dimenticatevi poi che, chi più chi meno, ognuno di noi ha un suo piatto forte, qualcosa che quando lo cucina gli viene particolarmente bene, fatelo! Diventerà il vostro signature food e i vostri amici non lo dimenticheranno. Il mio brownies al cioccolato a Natale non deve mai mancare, ad esempio, e VV ama le mie cene aperitivo, ribattezzate sfiziose!

Alcuni siti e libri che consulto sempre per la ricerca di nuove ricette:

Benedetta Parodi “Cotto e mangiato” (le sue ricette sono davvero for dummies)
Gnam Box (grazie a loro alla vigilia di Natale ho cucinato pesce e fatto colpo sui miei suoceri; il loro plumcake salato viene bene con qualsiasi farcitura)
Chiarapassion (la torta di compleanno di VV, che ripeto sempre, è di sua creazione, così come alcuni semplici piatti ideali per l'aperitivo)

LA TAVOLA

Quando sono andata a vivere da sola, ero in bolletta e il servizio di piatti l'ho comprato all'Oviesse, semplice e bianco, così andava con tutto. Anche quando ne avrei avuto la possibilità non sono corsa a comprare tutto il necessario per pranzi e cene, preferisco di gran lunga aggiungere pochi pezzi alla volta, magari comprandoli come ricordo durante un viaggio. La mia tavola quindi è un mix di alto e basso, come scriverebbero le riviste di moda, di pezzi costosi e altri economici, ma mi piace perché parla molto di me, mio marito e la vita che abbiamo trascorso insieme finora.
Se tra gli invitati sono previsti bambini, prendete in considerazione di apparecchiare un tavolo solo per loro, così saranno più liberi e voi non dovrete preoccuparvi dell'incolumità dei bicchieri di cristallo, e magari pianificate insieme agli altri genitori un menù specifico: così come voi siete interessati a godervi la serata mangiando, bevendo e chiacchierando con calma, loro hanno fretta di andare a giocare. Poter origliare le loro conversazioni quando sono seduti a tavola tra di loro, poi, non ha prezzo!

VOI STESSE

Quando l'avere gente in visita a casa era più uno stress che altro, finiva sempre che a dieci minuti dall'orario d'arrivo io corressi in camera a cambiarmi e truccarmi cercando di rendermi presentabile, fino al giorno in cui qualcuno non è arrivato in anticipo e io l'ho accolto con grembiule e pinza per capelli in testa; questa non è proprio la mia idea di godermi una festa, perché ricevere gente per me significa questo, anche se non si festeggia davvero qualcosa, e ci tengo a non farmi trovare in tuta.
Ora, qualunque cosa stia facendo o cucinando, un'ora prima dell'arrivo degli ospiti lo interrompo e vado a cambiarmi, per poi riprendere da dove avevo lasciato. Sono arrivata ad essere abbastanza a mio agio nel farmi trovare ancora ai fornelli (d'altronde cucina e soggiorno per me sono un unico ambiente) o con il tavolo da apparecchiare, ma trasandata mai, mi sembra anche una forma di rispetto per i miei ospiti e una dimostrazione di quanto ci tenga a loro. Non immaginatevi abiti da sera eleganti, di solito opto per qualcosa che sia comodo, che non mi dispiaccia se si rovina cucinando, ma carino. (Poi se volete un post sull'abbigliamento io provo ad ingegnarmi, ma non mi sento la persona adatta a parlare di moda...)

Autostima e sicurezza in sé non sono i miei secondi nomi, ma se arrivo ad invitare qualcuno a casa mia è perché ci tengo alla sua compagnia, faccio del mio meglio per essere una buona padrona di casa, ma alla fine, io mi voglio divertire e anche i vostri ospiti. Se voi sarete a vostro agio, lo saranno anche loro.

(Non ho mai menzionato mio marito ma, dalla pulizia alla spesa alla cucina, siamo sempre gomito a gomito; un'ottima squadra, oserei dire.)

lunedì 25 giugno 2018

Arco di luminara


Nel novembre del 2016 il blog compiva sei anni e io avevo deciso di fare un regalo ai miei lettori e commentatori più assidui. Spero che gli altri non se ne abbiano avuto a male; mi piacerebbe molto poter fare un regalo a tutti ma non me lo posso permettere, non avendo ancora vinto la lotteria. Forse perché non ci gioco mai?
Avevo quindi deciso di regalare un libro, scelto tra quelli della mia libreria appositamente per ogni singola persona, sperando di indovinarne i gusti. La sorpresa più grossa però l'ebbi io, perché ricambiarono tutti a loro volta con un regalo. Tra questi ricevetti anche un libro, che lessi lo scorso anno ma di cui non riuscii subito a scriverne un post. Mi segnai però di scriverne alla vigilia dell'estate, perché secondo me è perfetto da leggere durante questa stagione, perché racconta di lei e mi ha fatto rivivere le settimane che trascorrevo al mare, in quella che io consideravo a tutti gli effetti la mia seconda casa.
In “Arco di luminara” Luisa Adorno narra le estati passate nel podere di famiglia ai piedi dell'Etna; stagione di ritorno al paese di origine, di riti e di abitudini, di famiglia: nonni, nipoti, figli, nuore; di legami che si tessono con i ricordi, di condivisione, di slanci, convivenze, che a volte soffocano, di cui poi si prova nostalgia.
La macchina a nolo si fermava davanti al cancello, a fianco della casa, da cui sbucavano, a ritmo di orologio figurato, Concetta strizzata in un vestito a lutto le braccia tese ad accogliere «i picciriddi», Cammeledda, la contadina di allora, il volto giovane deturpato da precoci vuoti nei denti, i suoi bambini, ultima mia suocera, lenta, pesante, le guance accese di commozione...
Per mio suocero quella piccola proprietà considerata redditizia l'anno in cui non ci rimetteva (dove, dacché era a riposo, passava quattro mesi l'anno) era amore, vacanza, rimpatrio,...
Estate dopo estate. Poi i nonni vengono a mancare, i figli crescono, moglie e marito rimangono soli, con i ricordi, le piccole e vecchie abitudini.
Poi è arrivato, improvviso, questo odore. Sulla scia ho preso a riandare la vita, i suoi slanci, gli arresti, la gioia e il riso, l'infanzia dei figli, la loro riuscita, la pazienza imposta e imparata dal vivere insieme...
- Lo senti...? 
- Cosa? - si raddrizza, si volta verso di me. Stiamo un momento a guardarci, a collo storto, voltandoci l'un l'altra le spalle, così come ci costringono le nostre scrivanie. 
- Quest'odore... 
- Bhe? - incalza con una punta d'irritazione. 
- È odore di casa piena...

(Grazie ancora a Claudia per avermi fatto scoprire questa autrice e avermi regalato bellissime ore trascorse a leggere questo libro.)

lunedì 18 giugno 2018

TOLD in the USA


All'università avevo scelto l'indirizzo letterario culturale; non avevo proseguito gli studi pensando a una futura professione (altrimenti mi sarei iscritta a ingegneria), non volevo imparare un lavoro: a me piaceva leggere, mi piacevano i libri, ero incuriosita dagli scrittori e dallo scrivere, volevo sguazzare in quelle acque e avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse a nuotare. Non mi sono mai pentita di questa mia scelta e, in fin dei conti, non è neanche vero che non mi abbia aiutato a portare del cibo in tavola e a pagare le bollette. Ma non è di lavoro che voglio parlare.
Quello di cui voglio scrivere è di nuoto, di stili e di acque: nella lettura e nella cultura sono infiniti, tanti quanti sono gli scrittori, si mischiano, si confondo, si fondono, in una coreografia sempre nuova e diversa all'interno di mari, fiumi, laghi e torrenti. Avrete intuito che potrei passare intere giornate solo a leggere, studiare, interrogarmi e cercare risposte ma, come in molte cose, farlo in compagnia e con persone competenti è decisamente meglio e più fruttuoso.


Marta Ciccolari Micaldi, aka La McMusa, la seguo da un po', non ricordo di preciso da quanto e come ne sono venuta a conoscenza, credo attraverso Instagram e da lì mi sono iscritta alla sua newsletter, leggo il blog e ho sempre accarezzato l'idea di iscrivermi a uno dei suoi corsi sulla letteratura americana, per non parlare del sogno di diventare anch'io un BookRider, uno dei fortunati partecipanti ai suoi viaggi on the road. (QUI trovate tutte le informazioni su di lei e il suo lavoro)
Perché non l'ho fatto prima? Le risposte possono essere le più svariate: dal non avere il tempo per prendersi questo impegno, dal sentirsi intimiditi e impreparati (penso sempre a quelli che riordinano casa e la puliscono prima dell'arrivo della signora della pulizia per paura del suo giudizio), dal prezzo che mi rendo conto non essere economico (la soluzione regalo di compleanno e/o Natale con me sta funzionando), fino ad arrivare al senso, al perché lo si fa e a quello che ti rimane in mano. Non è un corso di aggiornamento che ti fornisce competenze in più per svolgere al meglio la tua professione; no, non è sufficiente frequentarlo per diventare più intelligenti e no, ora non so tutto della letteratura americana.


La McMusa è una insegnante, ti mostra la strada, o l'acqua se vogliamo ritornare alla metafora che ho utilizzato all'inizio. Ti fornisce alcuni strumenti, si immerge con te durante il corso, ti fa vedere come muoverti, ti fa notare la superficie, le onde, le increspature, o la calma piatta, ti fa rivolgere lo sguardo verso le profondità o all'orizzonte, ti fa notare le diverse sfumature dell'acqua, dov'è la riva, la natura che la circonda, i profumi che percepisci nell'aria. Poi però sei tu che devi nuotare.
Per guidarti utilizza i libri, ovviamente, ma non solo: film, interviste, articoli di giornali, fotografie, aneddoti perché La McMusa non ha mai smesso di andare in America ed è aggiornatissima. Non ultimo, il confronto con i partecipanti al corso, che per mia somma fortuna avevano già in precedenza frequentato altri cicli o, addirittura, partecipato a uno o più viaggi, così da avere molta più esperienza e competenza di me e non si può che trarne vantaggio da tutto questo. Non devi avere nessuna competenza antecedente, solo la voglia di leggere il materiale che lei ti fornisce in anticipo, che non è mai troppo, e poi superare l'eventuale imbarazzo di condividere le tue impressioni con il gruppo. Non c'è giudizio, non c'è nessuna prova da superare, non c'è giusto o sbagliato; attorno a te ci sono persone che condividono lo stesso tuo amore per la lettura e vogliono semplicemente imparare qualcosa in più. E impararlo bene.
Ecco perché continuare a frequentare questo tipo di corsi anche se ho già studiato all'università, dove dovrei aver già acquisito un metodo. Perché, perdonatemi l'ovvietà, non si dovrebbe mai smettere di interrogarsi, di cercare risposte, di osservare con occhi che non sono tuoi, di essere curiosi. Perché è divertente! E voglio continuare a nuotare.

(Logo di Nicole Osella e foto di Elena Datrino)


lunedì 11 giugno 2018

I libri che non vi ho detto 3


Quello di oggi sarà il terzo e ultimo post sui libri che ho letto lo scorso anno e di cui non vi ho parlato; il filo conduttore è il tema famiglia, tradizionale e non, allargata, di adozione, quella in cui si nasce e quella che si sceglie.

LE LUCI NELLE CASE DEGLI ALTRI Chiara Gamberale, Mondadori


Non ho letto tutti i suoi libri ma, tra i pochi, questo è il mio preferito in assoluto; è anche quello meno autobiografico, anzi, non lo è affatto e mi viene il sospetto che, quando non prende come riferimento la propria vita, Chiara Gamberale dia il meglio come scrittrice.
Mandorla, una bambina di sei anni, perde la madre in un incidente stradale e, per sua volontà, viene adottata dal condominio dove quest'ultima era amministratrice e dove, si scopre in una lettera, risiede anche il padre, mai dichiarato e mai conosciuto dalla bambina. Legati da questo segreto, i condomini ospitano a turno la bambina a casa propria e veniamo così a conoscenza di una moltitudine di nuclei famigliari; a dimostrazione del fatto che la famiglia tradizionale è ormai un retaggio vecchio e stantio.

LA VITA ACCANTO Mariapia Veladiano, Einuadi Editore


Rebecca è nata brutta, molto brutta. Sua madre dopo il parto si è rinchiusa in se stessa e in casa, il padre non ha saputo far fronte alla situazione e si è rifugiato nel lavoro, a prendersi cura di lei rimangono la zia, figura ammaliante ma che nasconde un terribile segreto, e la tata Maddalena, l'unica in grado di comprendere fino in fondo la bambina.
Rebecca vive segregata e nascosta al mondo fino al giorno in cui dovrà andare a scuola e mostrarsi alla luce del sole, ma quella con l'aspetto fisico non sarà l'unica lotta che dovrà combattere.

Non c'è disegno, la vita capita per caso, per caso è buona, decente, brutta, innominabile... la vita la si deve prendere all'ingrosso altrimenti se ci fai troppo le pulci non si salva nessuno.


I MIEI PICCOLI DISPIACERI Miriam Toews, Marcos Y Marcos

Elf vuole morire. Sua sorella Yoli vuole impedirglielo, insieme al resto della famiglia: madre, marito e zia. Squinternati, comici, uniti, soli. Cosa si può dire e fare per convincere una persona che si ama a non lasciarti? Che cosa si prova quando si vive la grossa sconfitta di non essere riusciti a impedirlo?
È possibile prendere un dolore grande come quello per la perdita della propria sorella, morta suicida, e farne un libro autobiografico non solo commovente, ma anche divertente e, soprattutto, un inno alla vita? Miriam Toews ci è riuscita.
Ho affrontato la lettura di questo libro con molti timori, perché il tema trattato è davvero imponente e temevo mi lasciasse in una valle di lacrime. Ho imparato invece il dono fragile che è la vita e l'amore che serve per lasciare andare.

MI CHIAMO LUCY BARTON Elizabeth Strout, Einaudi

Madre e figlia si ricongiungono dopo molti anni di lontananza a causa della malattia della figlia. Cinque lunghi giorni e notti in ospedale. La figlia che chiede alla madre di parlare e lei inizia un racconto ininterrotto fatto di pettegolezzi, ricordi, piccole confidenze. Un dialogo interrotto che riprende e la scoperta che l'amore, quello, non si era mai spezzato. Ma nei silenzi che abitano il racconto della madre ascoltiamo anche un'altra storia: quella brutale dell'infanzia della protagonista e di come ne è uscita. Un'altra sfaccettatura dell'amore in una famiglia.

lunedì 4 giugno 2018

La vita, ultimamente 35


Il tempo non ci ha fermati, anche se ce l'ha messa davvero tutta e non sembra intenzionato ad arrendersi. Maggio è stato un mese molto ricco di impegni, uscite, scoperte ed avventure e posso dire di essermelo davvero goduto, nonostante la pioggia quasi perenne.

(Ormai siamo naturalizzate inglesi: la pioggia non ci ferma)
 
Ad inizio mese ho partecipato a una presentazione di un libro insolita: “A cena con le scrittrici”. Ma l'aspettavo un po' diversa, perché immaginavo proprio di sedere a tavola con alcune delle autrice della raccolta di racconti “Brave con la lingua. Come il linguaggio determina la vita delle donne” pubblicato da Autori Riuniti; invece si è prima tenuta una presentazione e poi ha avuto luogo la cena a buffet. Purtroppo non sono riuscita a superare la solita ritrosia e timidezza che mi prende in queste situazioni dove non conosco nessuno e così, sebbene la presentazione sia stata interessante, è risultata in un'occasione mancata. Colpa mia.


Come non menzionare il Salone del Libro di Torino? Sembrava impossibile superare l'enorme successo dello scorso anno e invece i numeri sono stati da capogiro: vi dico solo che nella giornata di sabato ad un certo punto hanno dovuto bloccare gli ingressi perché si era raggiunta la capienza massima del Lingotto. Nonostante questo, le voci di crisi, problemi economici, accordi che non funzionano continuano ad oscurare il cielo e le sorti del Salone sono sempre incerte. Questo mi dispiace molto e ci sono stata così male al punto che ultimamente sto prendendo un po' le distanze dalla macchina infernale che è l'editoria per tornare al mio primo amore: il libro e la lettura.


Quale migliore occasione per coltivare questo amore di un corso sul racconto americano? Potevo forse rifiutare quando mio marito mi ha proposto come regalo di compleanno, in anticipo, il corso “Told in the USA” tenuto niente po po di meno che da La McMusa, alias Marta Ciccolari Micaldi? Se non la conoscete vi invito a visitare la sua pagina Facebook e se siete appassionati di cultura e letteratura americana non potete non iscrivervi alla sua newsletter. Poi organizza viaggi da sogno, chissà che un giorno non riesca a prendervi parte... Marito???

(Da bravi turisti, compriamo cartoline, anche di Torino)
 
Abbiamo approfittato di tutte le volte che si diradavano le nuvole per stare all'aria aperta, goderci i caldi raggi del sole e il pieno rigoglio della natura in primavera. Abbiamo espresso desideri con le prime fragole, le ciliegie, il melone, l'anguria (ma quanto è buona la frutta di questo periodo?!) e anche in posti che non conoscevamo di Torino. E forse non c'è cosa più bella di scoprire e riscoprire la città in cui si abita.

(Ecco una cosa che ho imparato durante il Safari Urbano: non esiste solo il toro a Torino per esprimere i desideri, c'è anche Cristoforo Colombo, solo che è meno conosciuto e più nascosto)
 
E tornare a sognare.