lunedì 23 settembre 2019

Come le montagne conquistarono gli uomini


Come vi ho anticipato, questa estate mi ero ripromessa di leggere molto e sono riuscita a farlo, quindici libri per la precisione. Tra tutti quelli letti, se ne dovessi scegliere uno, non avrei alcun dubbio: è stato il più entusiasmante, quello che mi ha fatto imparare tante cose e soprattutto mi ha regalato un nuovo sguardo sulle montagne. Anzi, oserei dire che mi ha fatto innamorare ancora di più delle montagne.
Se penso che mi ha attesa per almeno un paio di anni sullo scaffale della mia libreria e che più di una volta ho tentato di restituirlo a mio fratello, legittimo proprietario, e che lui ogni volta ha insistito perché lo leggessi. Devo ringraziarlo per essere stato, lui, così testardo.
Come molte cose, la montagna è circondata da tanti luoghi comuni; la mia impressione è che, dalla maggior parte, sia vista come un posto dove ci si reca a sciare d'inverno e a camminare d'estate, dove si magia la polenta e si beve un genepy. A parte questo, non sembra avere un ruolo nelle nostre vite cittadine e nella nostra percezione del mondo.
Ed è questo l'aspetto che mi ha più colpita del libro “Come le montagne conquistarono gli uomini” di Robert Macfarlane, edito da Mondadori; di come l'autore racconti non solo della passione di scalatori e conquistatori di vette, ma come nel momento in cui l'uomo ha posato lo sguardo sulle montagne sia cambiata la visione e la considerazione della terra. Per fare un esempio, è studiando la configurazione dei monti che gli uomini sono riusciti ad arrivare al calcolo esatto dell'età della terra; furono quelle strane protuberanze che sembravano immobili ed immutabili e che invece si scoprirono non esserlo a regalare il concetto di tempo che mancava del pianeta terra. I geologi compresero che il mondo non era sempre stato così, come Dio lo aveva creato, ed incominciarono a studiarlo per comprenderlo meglio e per farlo spesso si recavano proprio sulle montagne.
Numerose le scoperte che si fanno grazie a questo libro, non solo dal punto di vista geologico, ma anche politico, sociale e culturale (pubblicazioni che andavano a ruba, spettacoli teatrali che facevano il tutto esaurito e giravano i teatri di tutto il mondo!); al punto di poter affermare che quello che siamo e pensiamo lo siamo anche grazie a quello che le montagne ci hanno insegnato.
Non mancano ovviamente i racconti delle spedizioni e delle conquiste delle prime cime, delle mappature, dell'apertura dei sentieri, delle esplorazioni e grazie alla bravura dell'autore in più occasioni mi sono ritrovata con il fiato sospeso dall'emozione, nonostante sapessi bene come andava a finire.
Avrete capito che non posso che suggerirvi caldamente di leggerlo, soprattutto se amate la montagna, ma non solo. Volevo chiudere trascrivendo una frase del libro, per incuriosirvi ancora di più, ma poi mi è venuta in mente questa, che rende bene la sensazione che ti regala essere lì, sul fianco o sulla cime di queste presenze maestose:
Vero che ti sembra di poter toccare il cielo con un dito, mamma? Tu pensi di alzare il braccio e arrivarci.”

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