lunedì 27 maggio 2019

La morte di Virginia


Per tornare a raccontare delle mie letture mi sembra ragionevole ripartire da dove ci eravamo lasciati, e cioè da le “Lettere in morte di Virginia Woolf” che mi ha tanto appassionato e vi raccontavo QUI.
Inevitabile far seguire a questa lettura quella de “La morte di Virginia” di Leonard Woolf, estratto dell'autobiografia di quest'ultimo, in cui descrive gli anni che hanno preceduto la triste decisione della scrittrice di togliersi la vita. Scrivo gli anni perché Leonard Woolf non può fare a meno di tracciare un preciso preambolo in merito al clima politico in cui erano immersi lui e Virginia, essendo inoltre entrambi sempre stati attivi dal punto di vista sociale. Ho trovato interessante il punto di vista di una persona che ha vissuto in prima persona l'avvento della Seconda Guerra mondiale e che, per sua sfortuna, ha potuto fare un paragone con la Prima. Ma i riferimenti storici sono innumerevoli, dando modo così di scoprire quale grande uomo di cultura fosse Leonard Woolf, quale profondo pensatore e, soprattutto, quale sensibile osservatore dell'animo umano.
Inizialmente gli aneddoti storici possono sembrare fuori tema e risultare noiosi, lui stesso riconosce di fare troppe digressioni, che spiega però così:
Ritorno com'è giusto nei ranghi della cronologia, alla narrazione ordinata di questa autobiografia... I precedenti volumi sono stati oggetto di qualche critica … Senza respingere la spiegazione o l'accusa, confermo che le mie digressioni sono anche volute. La vita non è una progressione ordinata, autonoma come una scala musicale o un'equazione quadratica. Per l'autore di un'autobiografia, forzare la propria vita e i propri ricordi secondo una linea retta rigidamente cronologica significa distorcere la prima e truccare e falsificare i secondi. Se si vuole provare a raccontare la propria vita in modo veritiero, si deve puntare a lasciare nel racconto qualcosa della disordinata discontinuità che la rende così assurda, imprevedibile e sopportabile.
Ho apprezzato il tono con cui ha deciso di raccontare della sua vita, come lo farebbe un amico di fronte a una pizza e una birra, senza affettazione o la presunzione di renderla più grandiosa di quella che è. Mi ha fatto infine commossa immaginare quest'uomo che non solo ha subito una così grave perdita, ma che deve anche fare i conti con il rimpianto, il rimorso e un eventuale senso di colpa per non essersi accorto, per non aver fatto abbastanza,per aver fallito.
Il cordone ombelicale che l'aveva legata per due anni a “Biografia di Roger Fry” fu finalmente reciso quando restituì le bozze il 13 maggio 1940; 319 giorni più tardi, il 28 marzo 1941, si uccise, gettandosi nel fiume Ouse. Questi 319 giorni di lenta e inesorabile discesa nel baratro sono stati i più atroci e tormentati della mia vita. La mia sfera privata, la storia inglese e la Londra di mattoni e malta, che costituivano gli elementi fondamentali del mio mondo, furono completamente disintegrati.
All'interno del libro sono riportati spesso brani del diario di Virginia, che evidenziano appunto questo suo indagare a posteriori, questo suo cercare un indizio, una spiegazione a quanto accaduto.
...mi sono spesso chiesto perché non avessi avuto alcun presentimento prima dell'inizio del '41. Qual era realmente lo stato della sua mente e della sua salute... All'epoca mi era sembrato, e continuo a pensarla così, che mentalmente si sentisse più calma e stabile e che anche di umore fosse più serena. Quando ci si trova esattamente nell'occhio del ciclone, si gode di una calma mortale, mentre tutt'intorno il vento soffia furioso.
Continuerò a citare il suo diario perché le sue parole sono più rivelatrici e autentiche della mia memoria.
Nessuna digressione man mano che ci si avvicina al triste gesto di Virginia, ma un rapido realizzare di quanto la situazione fosse seria e stesse velocemente precipitando; era la vita di Virginia che Leonard stava accudendo e proteggendo.
Era il momento in cui bisogna compiere una scelta rischiosa, perché se non si forzava uno sblocco – cosa che avrebbe significato una continua sorveglianza di infermiere qualificate – sarebbe stato impossibile e intollerabile per lei provare a tenerla sotto stretto controllo da soli.
[...]
Dovevo obbligarla a guardare in quale abisso stava per cadere, in modo da farle accettare la sofferenza del solo modo per evitarlo, ma sapevo anche che una parola sbagliata, la minima pressione, persino dire la verità, avrebbero potuto spingerla al suicidio.
[...]
La decisione si rivelò un disastro.
[...]
Seppellii le ceneri di Virginia ai piedi del grande olmo nel prato che si affaccia sopra il campo e le marcite, il Piccolo podere. Là avevano intrecciato i loro rami due grandi olmi che avevamo chiamato Leonard e Virginia. Ai primi di gennaio del '43 uno dei due fu abbattuto da una forte burrasca di vento.

venerdì 17 maggio 2019

Il Salone della maturità


Il Salone della maturità. Non ho più paura di dirla questa parola, 'che invecchiare è un dono e io spero con tutto il cuore che la vita questo regalo me lo faccia.
Maturità vuol dire ascoltarsi nel profondo e rendersi conto, già nel giorno in cui esce il programma di questa edizione e tu ti metti a leggerlo tutto, che il tuo fisico potrà permettersi un certo livello di energia e non voler chiedergli di più. Maturità vuol dire non esserne delusi ma prendersi il bello, vedere il bicchiere mezzo pieno come si usa dire, e ringraziare di poterci andare, anche se non si potrà fare tutto quello che si desidera.
Rispetto agli anni passati, quindi, è stato sicuramente un Salone sotto tono per la sottoscritta, eppure sono stata così felice. Non ho preso parte a nessun incontro, alla fine ho fatto anche un po' l'orso della situazione e sono passata a salutare poche persone, molte case editrici le ho saltate, volontariamente e non, perché quest'anno gli spazi erano molto più vasti e mi sono persa qualche pezzo. Che cosa ho fatto, quindi?
Ho sfogliato libri, ininterrottamente. Soprattutto illustrati per bambini, quasi tutti quelli che mi capitavano sotto mano, e ne ho comprati molti perché credo siano il regalo più bello che io possa fare a VV; la letteratura per bambini sta, secondo me, raggiungendo livelli di opera d'arte in alcuni casi, in grado di stupire e affascinare a ogni nuova lettura. Confesso essere stato difficile trattenersi per non esagerare negli acquisti e anche così, ho comprato ben 5 albi illustrati (Vittoria finora ne ha ricevuti solo due), per cui credo farò un post dedicato esclusivamente a loro. (Chi mi segue su Instagram invece li ha già visti quasi tutti).
Per quanto mi riguarda, c'è stato un acquisto mirato e tre fuori programmi. Quando avevo saputo che il 5 maggio sarebbe uscito per Lindau la ristampa di “La mia vita con Virginia” di Leonard Woolf, avevo subito dichiarato che l'avrei preso al Salone e pensavo sarebbe stato il mio unico acquisto. Invece mi sono lasciata tentare dalle numerose offerte degli stand (quest'anno in molti hanno fatto fin dal primo giorno sconti del 15% o 20%) e, cosa mai successa prima, sono entrata al Libraccio, dove ho trovato un libro pubblicato da poco al 50%. Come li ho scelti? Uno è ambientato nel mondo dell'editoria, mia grande passione, uno è un'altra biografia, per la gioia della portinaia curiosa che c'è in me, e uno è un omaggio a una città che sogno di visitare, spero presto. Quando li avrò letti, se mi saranno piaciuti, li condividerò volentieri con voi.
Quando mi sono sentita stanca, sono semplicemente tornata a casa, grata di esserci comunque stata e con una lista desideri ancora più lunga.

giovedì 9 maggio 2019

Il mio programma del Salone del Libro 2019


Sono emozionata come una bambina alla vigilia di Natale. Ieri sera guardavo su Instagram le foto che gli editori postavano della preparazione degli stand, intravedevo quei corridoi vuoti, ed ero felice perché tra poche ore li avrei percorsi anch'io. Quest'anno sono proprio entusiasta di andare al Salone del Libro di Torino, ma di una felicità ed entusiasmo fanciullo che non mi succedeva da tempo di provare. Sarà forse dovuto dal fatto che non compro un libro da moltissimo tempo e non vedo l'ora di regalarmene uno; sarà che quasi volontariamente ho trascurato le ultime uscite e le novità e così ogni stand potrebbe essere foriero di scoperte e sorprese; sarà che è da poco che sono ritornata attiva e completamente autonoma e il Salone mi sembra una grande festa dopo la lunga convalescenza.
Nei scorsi giorni, inizialmente, ero molto dispiaciuta per le numerose polemiche che ci sono state per la presenza di una casa editrice vicina a Casa Pound (non ci sarà), per poi arrivare ad essere quasi annoiata e arrabbiata di tutto quel screditare il Salone, «Ogni anno ce n'è sempre una...», sospiravo tra me e me. Neanche per un attimo ho però pensato di boicottarlo, sono profondamente convinta dell'importanza culturale di questa manifestazione, per Torino e per l'Italia tutta. Riflettendoci a freddo ho poi realizzato che, in fondo, anche durante questi scomodi accadimenti, il Salone del Libro di Torino sta facendo cultura, porta avanti il dialogo, il confronto, non chiude porte ma cerca, come si propone di fare da sempre, di valicare confini, unire non creare muri.
Senza andare troppo in là con gli anni, era il 2016 quando con il tema “Visioni” celebrava chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembrano impossibili, di lavorare per il futuro attuando progetti forti, basati su una conoscenza vera, ma anche sul patrimonio letterario, artistico e filosofico che costituisce la nostra identità culturale... Nel 2017 la grande scissione tra piccole e grandi case editrici e il Salone proponeva “Oltre i confini”, con la bellissima immagine del libro ponte perché non è un oggetto da mettere in vetrina ma una forza viva, trasformativa, che modifica il paesaggio circostante, che qualche volta cambia addirittura le carte in tavola, o le regole del gioco, che non ti lascia come ti aveva preso, che ti consente di fare esperienza. Nel 2018 con “Un giorno, tutto questo” ha voluto sottolineare l'importanza del continuare ad interrogarsi e porsi domande: chi voglio essere? Perché mi serve un nemico? A chi appartiene il mondo? Dove mi portano spiritualità e scienza? Che cosa voglio dall'arte: libertà o rivoluzione?
Quest'anno è la volta de “Il gioco del mondo”, ispirato dal libro omonimo di Julio Cortázar e dal gioco della campana, Rayuela in spagnolo (lingua ospite di questa edizione); il Salone si propone di lanciare il sassolino immaginario, quello che serve a compiere il balzo, a superare il confine, per accorgersi, giocando, che quel limite è evanescente e labile perché disegnato solo con il gesso.

QUI trovate il programma completo del Salone, io ho deciso di non pianificare nulla, proprio come una bambina lancerò il mio sassolino e saltellando felice, vedrò dove mi porterà. Vuoi giocare con me?

lunedì 6 maggio 2019

La vita, ultimamente 39


La vita, ultimamente, è un ritorno. Alla mia vita, alle mie vecchie abitudini, all'indipendenza e ne sono così felice. Consapevole del fatto, però, che così come il mio fisico non sarà mai più lo stesso, così non sarò mai più la stessa io. E se per molti questo è il normale trascorrere del tempo, per me non lo è, perché c'è un piccolo particolare in più: la paura. Paura del ritorno della malattia. Paura di morire. Paure che si rinnovano ad ogni minima variazione del mio stato fisico, ad ogni controllo medico a cui dovrò sottopormi per il resto della mia vita e nell'attesa dell'esito degli esami. Paura che purtroppo scopro molto forte in me e che spesso richiede parecchie se non tutte le mie energie per essere gestita.
Ho iniziato più volte a scrivere questo post, ma mi sono sempre trovata in difficoltà, perché non è facile spiegare la mia situazione e sovente mi rendo conto che, per chi non la vive in prima persona, non sia semplice da comprendere. Potrei tenere per me i momenti “bui” e raccontare sul blog solo i lati belli della mia vita, ma lo vivrei come una bugia, una finzione, con voi ma soprattutto verso me stessa. Allo stesso tempo non vorrei soffermarmi troppo sugli aspetti negativi della mia vita, non perché vorrei negarli, ma perché non vorrei metterli troppo in luce o, ancora meglio, non vorrei mettere in evidenza queste zone d'ombra. Che però ci sono.
Se c'è una cosa che ho imparato in questo mio percorso è che non c'è un modo giusto o sbagliato di vivere la malattia, ognuno ha il suo e se c'è qualcosa che posso suggerire a chi sta percorrendo la stessa strada è quello di non vergognarsi dei propri sentimenti e delle proprie reazioni. Non siete sbagliati. Non sentitevi in colpa perché vi sentite l'essere più miserabile di questo mondo o un peso per chi vi è accanto. Non sentitevi in colpa per le vostre tristezze e i malumori, la rabbia e il risentimento. Non sentitevi in colpa perché pensate che con il vostro atteggiamento fate soffrire chi vi è accanto. Chi vi ama veramente vi vorrà accanto in tutte le vostre “forme”, anche quelle negative.
C'è un'altra cosa che ho imparato: nei momenti bui mi dimentico che la tempesta passa, la luce ritorna. Allora segnatevela bene in vista questa cosa, chiedete a chi vi sta accanto di stringervi forte e ricordarvelo. Un abbraccio e queste parole “Lo so che stai male ma devi ricordarti che poi passa, che ti sentirai meglio, te lo prometto” è ciò di cui avrete bisogno per arrivare alla fine della notte.

(Gli articoli sono inglese, ma vale lo sforzo leggerli)

Io sarò per sempre grata a chi condivide le mie notti.