martedì 24 settembre 2013

Il nervo scoperto

C'è che forse ho troppo tempo per pensare e poco per scrivere, così mi perdo nei meandri della mia testa, nelle sfumature, negli angoli bui e nel bagliore di alcune rivelazioni. Su di me.
Forse uno mi immagina alle prese con un unico pensiero costante: VV. Ma in realtà lei è il mio specchio, quello in cui mi rifletto tutti i giorni a tutte le ore, da cui non posso distogliere lo sguardo e che rivela cose di me. Non sono il tipo di madre che immaginavo di essere ad esempio. E vogliamo poi parlare delle mie fragilità? Dei miei difetti? Lì trovo a darmi il buongiorno non appena apro gli occhi, se non sono venuti a trovarmi nei sogni. E VV li amplifica all'ennesima potenza.
Prima potevo fare finta di niente, potevo sfuggire, sottrarmi. Ora c'è lo sguardo di VV che non mi molla un secondo. Tutti a dire “guarda come guarda sua madre” e io tremo, mi sento mancare il terreno sotto i piedi. Lei mi guarda, mi “legge dentro”, tanto per rimanere nel tema del blog, e io so che non le posso mentire, con lei non posso fingere.
Curioso che a distanza di poco tempo abbia letto due libri in cui i protagonisti, a differenza di me, siano in grado di accettarsi, pacatamente rassegnati al loro destino, seppure triste, addirittura tragico. Uomini e donne dai sentimenti complessi, ma semplici nel loro essere se stessi, che non desiderano altro da se, che non aspirano ad altri “modelli”, ad altre “vite”. Li ho osservati imboccare il sentiero tracciato dalla loro anima senza troppi affanni, senza troppi capricci.
Mi sono ritrovata a pensare in questi mesi che forse è vero che “si stava meglio quando si stava peggio”, quando le persone vivevano nel confine ristretto del paese e conoscevano un solo tipo di vita. Non avevano “grilli per la testa”, non si affannavano dietro a sogni improbabili. La tanto decantata semplicità.
Ora abbiamo i blog, Instagram, Facebook, Twitter,... Entriamo nelle vite di persone che sono dall'altra parte della terra e chi si sente irrisolto, come me, va ancora più in confusione. Quante strade, quante possibilità, quante scelte.
E poi ti nasce un figlio e mette il dito proprio lì, sul nervo scoperto.

Non esistono risposte definitive, ma continuo ad interrogarmi, perché nel gesto di pormi continuamente la domanda è contenuta la risposta.

Luigi Ghirri


mercoledì 4 settembre 2013

Creare la vita dentro la vita


Per un'amante della corrispondenza cartacea come me, trovare nella buca della posta la prima lettera indirizzata a Vittoria è stata una grossa emozione. Si tratta di una lettera di benvenuto da parte del Sindaco della città di provincia in cui vivo. Una missiva molto speciale, perché presentandola in biblioteca Vittoria riceverà in dono un libro. Mi piace l'idea che il primo cittadino si auguri che un nuovo membro della comunità diventi un lettore, quasi a sottolineare che per essere un buon cittadino è importante saper leggere, e che questa passione vada coltivata sin da piccoli.
Sul retro della lettera è riportato un brano tratto dal libro “Non siamo capaci di ascoltarli” di Paolo Crepet, un brano che raccoglie quello che vorrebbero e si augurano per Vittoria e che mi ha commossa:

Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l'acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? … Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire vuoti, né pietire uno sguardo o un'ora d'amore. Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia. Adora la tua inquietudine finché avrai forze e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, soprattutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio con curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva. Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapente lungo la linea dell'orizzonte. E tu allora porterai quell'amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.