mercoledì 27 novembre 2019

Il fucile da caccia


C'è un uomo, di spalle, che si inerpica per un sentiero in mezzo a un bosco. Ha un fucile in spalla, un cane che lo segue a poca distanza e fuma la pipa con aria meditativa. Nell'aria gelida del mattino di inizio inverno procede lentamente, passo dopo passo, attento a non scivolare: è l'immagine di una sconfinata solitudine. “Un freddo guerriero”, “uno spirito solitario” che “punta il fucile sulle sue prede”.
Potrebbe succedere che, come me, siate riluttanti a seguirlo, ma vi invito a insistere, a non abbandonare il sentiero e a tenere il suo ritmo, che non è affatto veloce, tutt'altro.
Potrebbe succedere che sentiate avvolgervi dal freddo e dalla solitudine emanati dalla sua figura, che vi farà scoprire che “esiste il colore della tristezza, un colore che le persone possono vedere chiaramente”.
Quest'uomo ha una storia da raccontare, è una storia d'amore, “un amore che non riceve i raggi del sole, che non si sa dove nasca e dove vada a finire, sepolto nelle viscere della terra come un canale sotterraneo”.
Quest'uomo vi metterà di fronte a questa domanda: è meglio amare o essere amati?

Ho conosciuto “Il fucile da caccia” di Inoue Yasushi grazie a un corso di libroterapia che sto seguendo presso la biblioteca di Collegno, in provincia di Torino. La prima cosa bella è stato proprio la scoperta di un autore e di un libro che, molto probabilmente, non avrei mai letto. La seconda cosa bella è che si potrebbe andare avanti all'infinito a parlare di questo libro, lungo appena un centinaio di pagine, così come leggerlo e rileggerlo facendo ogni volta una nuova scoperta: una frase, un'immagine, una sfumatura. Nella sua brevità è così potente, così denso di significati, così denso di vita da sorprenderti ad ogni pagina. Volutamente non racconto qualcosa di più della trama, perché è importante scoprirla un poco alla volta, seguendo il ritmo del racconto.
L'autore è un critico d'arte e questo si riflette sulla sua scrittura, dove le parole sono calcolate al millimetro così come il tratto di un pennello, la storia procede per immagini e le pagine sembrano aprirsi sul destino dei suoi personaggi, sui grandi bivi che la vita ci presenta.
Se ci penso adesso, è stata quella strada a portarmi fin qui dove mi trovo adesso. Se in quel momento avessi preso la strada verso il mare, dove eravate voi, forse oggi sarei una persona diversa. Ma, per fortuna o sfortuna, non lo feci. Pensandoci, credo di essermi trovata allora di fronte al più grande bivio della mia vita.