giovedì 31 maggio 2018

Donne di Torino


«Non me l'aspettavo tutta questa partecipazione» mi ha confessato Barbara Oggero verso la fine del nostro incontro. «Non immaginavo che tutte queste donne avessero voglia di raccontarsi, aprirsi con me, una sconosciuta, e che si potesse raggiungere quasi un'intimità».
A febbraio del 2017 Barbara sente un vuoto, le manca qualcosa: scendere in strada e, semplicemente, fotografare, senza pianificazione, senza pose, senza set, semplicemente luce e il suono dell'otturatore; così nasce “Donne di Torino”.

...ovvero ritratti urbani di donne che vogliono lasciarsi fotografare a condizione di una breve chiacchierata informale su un tema a loro piacere. Dall’impegno nel sociale ai figli, dalla più cocente delusione alla migliore impresa della propria esistenza ogni argomento è benvenuto.


Pensava di doverle andare a cercare e stanare, le donne disposte a partecipare a questo progetto, o che le sue amiche avrebbero accettato per compassione, non pensava di arrivare a fotografare in poco più di un anno più di 250 torinesi, tolti il sabato e la domenica, sono quasi una al giorno.
Si stupisce Barbara, io invece no: se la vita è fatta di storie, come sono sempre più convinta, tutti ne abbiamo una da raccontare, abbiamo solo bisogno di qualcuno disposto ad ascoltare e lei, con il suo progetto, da a chiunque lo desideri questa possibilità; perché come dice la a me tanto cara Emily Dickinson

Alcuni dicono che
quando è detta,
la parola muore.
Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.

Qualcuno le ha mosso la critica che foto e testo non siano assolutamente collegati, che tra loro non ci sia nessun nesso, non sono d'accordo; così come durante la chiacchierata Barbara offre il suo orecchio, subito dopo offre silenziosamente, come uno specchio, il suo obiettivo: ogni donna continua il racconto di sé, attraverso l'immagine che più o meno inconsapevolmente da di se stessa.
Ora, tra le Donne di Torino, ci sono anch'io; una mattina in cui la pioggia aveva deciso finalmente di darci una tregua, ci siamo sedute a una tavolino di un bar, lei mi ha invitata a parlare e io, che non mi ero assolutamente preparata, ricordo di aver guardato fuori dalla finestra e di aver detto la prima cosa che mi passava per la testa. Casuale? Nulla lo è, secondo me.

Il progetto lo trovate qui: FacebookInstagram

lunedì 28 maggio 2018

L'importanza di essere amati


Ogni tanto, forse un po' troppo spesso, mi perdo nel buco nero della navigazione: apro una pagina dove trovo un link, che mi rimanda a un altra pagina ancora, oh e poi un altro, e un altro ancora e alla fine mi scordo dove tutto era iniziato. Ogni tanto così facendo scopro cose interessanti, ogni tanto no, purtroppo aggiungerei.
In una di queste navigazioni a vista sono finita sul blog di una ragazza che promuoveva il suo corso online proprio sul blogging: prometteva di insegnarti come diventare una blogger di successo, non come quelle casalinghe disperate e madri frustrate che riempiono il web. Non sto interpretando e lei non ha usato una metafora, c'era proprio scritto: casalinghe disperate e madri frustrate.
Non mi soffermerò sul fatto che nell'anno 2018 di nostro signore del Web ci siano ancora persone (donne oltretutto) che usano questi luoghi comuni e stereotipi (evviva l'emancipazione femminile!); non mi interessa neanche commentare una persona che si mette in cattedra volendo insegnare una professione e lo fa insultando alcune categorie: cosa potrà mai insegnare una persona che non sa, prima di tutto, che cosa sia il rispetto?
Quello su cui vorrei soffermarmi e vorrei condividere con voi è il fatto che, nonostante io sia pienamente e oggettivamente consapevole dei due assunti precedenti, io ci sia rimasta male e mi sia sentita chiamata in causa. E sapete perché? Perché so che in verità sono in molti ancora a pensarla così, che sono in molti a credere che non si possa essere soddisfatti del ruolo di madre e casalinga, che sono in molti ad affermare che se non hai un lavoro non sei una donna realizzata. Peccato che poi io passi il mio tempo ad ascoltare gente che si lamenta del proprio lavoro, ma sorvoliamo anche su questo.
Questa cosa però è una di quelle che mi manda ai pazzi. Così come , quando lavoravo non mi sentivo definita dal lavoro che svolgevo, ora non mi sento solo definita dal ruolo di madre e casalinga: insomma, la sottoscritta è più cose contemporaneamente. Ma poi, alla fine della fiera, che cosa me ne importa di che cosa pensano gli altri di me? «Non ti curar di loro, guarda e passa...» diceva Dante, perché non riesco ad essere anch'io così?
Perché, ho scoperto, sono umana e ho bisogno di amore.
Potrebbe essere la ricerca dell'amore e non quella dei beni materiali la molla della nostre conquiste. [...] Ricevere amore significa sentirsi oggetto dell'attenzione altrui: la nostra presenza non passa inosservata, il nostro nome viene ricordato, le nostre opinioni ascoltate, i nostri difetti considerati con indulgenza e le nostre esigenze soddisfatte. [...] tutti desideriamo conquistare la nostra fetta di dignità agli occhi del mondo. […] La vita adulta è caratterizzata da due grandi storie d'amore. La prima, riguarda la ricerca dell'amore sessuale... La seconda, riguarda la nostra richiesta di amore al mondo.
Ne “L'importanza di essere amati” Alain De Botton analizza l'ansia da status, male molto diffuso in questo periodo storico in cui le nostre vite sono vagliate al dettaglio sui Social e la nostra autostima è legata a un like, e lo fa attraverso la filosofia, l'arte, la politica, il cristianesimo e la bohème.
Un saggio scorrevole e piacevole da leggere, che è stato per me come una carezza venuta a scaldarmi il cuore in un momento in cui si era smarrito. Un libro che mi ha ricordato che se «è difficile immaginare una vita dignitosa che sia completamente priva di riconoscimenti sociali» è altrettanto vero che ci sono tanti modi di avere successo nella vita.

giovedì 24 maggio 2018

Safari Urbano


Credo si sia ormai capito quanto a mio marito e a me piaccia fare sempre nuove scoperte ed esperienze e come sia importante per noi cercare di farle anche nella vita di tutti i giorni, non solo in vacanza.
Quando sono venuta a conoscenza di questa iniziativa ho subito pensato fosse perfetta per noi, peccato Vittoria non avesse ancora l'età adatta e così mi è toccato pazientemente aspettare; l'attesa forse ha reso tutto ancora più bello e finalmente alcuni sabati fa è stato il nostro turno per il “Safari Urbano”.

(Gli esploratori ricevono il materiale)
Come recita il sottotitolo l'iniziativa è per una “Città a misura di bambino” e la visita è proprio studiata su di loro; i bambini diventano così partecipanti attivi e non passivi, vengono stimolati ad osservare e a notare nuove prospettivi di luoghi che forse conoscono già e svolgono anche alcune attività, che potranno poi finire a visita conclusa, come ricordo delle belle ore trascorse passeggiando.


Noi abbiamo scelto la formula safari privato, ma periodicamente vengono organizzate visite di gruppo (vi consiglio di iscrivervi alla pagina Facebook per essere sempre informati). Abbiamo coinvolto zii e cuginetti e abbiamo trascorso una bellissima giornata in compagnia.


Vittoria non vedeva l'ora di andare in perlustrazione, era emozionata all'idea di avere lo zainetto proprio come un esploratore e, secondo me, ci avrebbe volentieri lasciati a casa perché si premurava spesso che noi restassimo indietro, il safari era per i bambini!

(Qualcuno ha anche preso appunti)
 
 (Il momento dell'attività!) 
La guida che ci ha accompagnato ha subito conquistato i piccoli, dolce e paziente ha saputo interessarli e renderli partecipi, rispettando i loro ritmi e tempi. Un format che funziona, ne abbiamo avuto prova quando Vittoria è stata in grado di raccontare da sola a degli amici venuti poi a cena a casa nostra tutto il percorso, ricordando anche i nomi dei luoghi o i monumenti che avevamo visitato.

(Controllanda sulla mappa il percorso fatto e le cose viste)
Inutile aggiungere che il gioco dei giorni seguenti è stato quello della guida: cartina in mano girava per casa, diventata ovviamente castello, mostrando stanze e oggetti, le carrozze parcheggiate in giardino (erano le macchine) e avrei voluta filmarla mentre indicava tutta entusiasta il divano, in cui «Ci si può anche sedere e leggere delle storie!» Cosa che abbiamo prontamente fatto. Libro sulle principesse, ovviamente.

(E dopo essersi rifocillati, gli esploratori sono tornati all'opera)
Il progetto è curato e ideato dalla travel designer Deborah Croci e la Tata Maschio Lorenzo Naia e si avvale delle cartine di Italy for Kids e le schede illustrate da Burabacio; ci ha accompagnato nella visita Sara Vescovo, guida turistica accreditata. E dopo Torino, ora il safari è arrivato anche a Bologna, Milano e Firenze.

lunedì 21 maggio 2018

I miei acquisti del Salone del Libro meno uno


A inizio anno, settembre per me, avevo espresso il buon proposito di non comprare libri, se non strettamente necessari. L'intenzione era di leggere finalmente quelli già in mio possesso e che giacciono intonsi occupando ben due ripiano della mia libreria, perché se li avevo comprati era perché volevo leggerli, giusto? Avevo deciso, se mi fosse venuta voglia di leggere altro, di tornare a visitare la mia mia biblioteca preferita. Speravo così facendo di far scendere il numero di quelli ancora da leggere (arrivare proprio a zero sarebbe stato pretendere troppo) e di risparmiare qualche soldino, almeno per questo anno. Conoscendomi avevo messo le mani avanti e mi ero fatta una deroga: non compro nulla, fino al Salone del Libro di Torino... Deroga che non ho propriamente rispettato fino in fondo, ma facciamo finta di sì.
L'anno scorso, arrivato il tanto atteso evento, avevo una lista ben nutrita di volumi che avrei voluto comprare, a cui si sono aggiunti colpi di fulmine tra gli stand: in totale ne avevo comprati dieci più uno da regalare. (Ad oggi ne ho letti sei, più della metà, ma comunque non tutti). Quest'anno, volendo rispettare il mio buon proposito, sono partita senza lista dei desideri e alla fine ho comprato, limitandomi a gran fatica, solo i colpi di fulmini. Tranne uno.

Mi sembra scontato dover ringraziare VV per il mio recente amore verso i libri per bambini; avreste dovuto vedere con che trepidazione ho girato tra gli stand delle mie case editrici preferite e ho anche fatto nuove scoperte come le Lapis Edizioni, di cui però alla fine non ho comprato nulla perché avevo già preso:

Didier Lévy, Tiziana Romanin “E così spero di te. Storia quasi vera di una bambina”, Terre di Mezzo Editore


Datemi una storia che riguardi uno scrittore, lo scrivere, o una libreria e sarà mia. Questo libro racconta la storia di una delle ultime avventure che sarebbero occorse a Kafka appena un anno prima di morire. Durante i suoi soggiorni berlinesi, Kafka era solito passeggiare allo Steglitzer Park. Un giorno – così narra la leggenda – Kafka avrebbe incontrato nel parco una bambina che piangeva disperata per aver perso la sua bambola. Intenerito dalle lacrime e incapace di rimediare al dolore ritrovando la bambola, lo scrittore avrebbe escogitato uno stratagemma: come ha spiegato Kafka alla bambina, la bambola era partita per un lungo viaggio, ma non si era dimenticata della sua piccola amica alla quale aveva scritto persino una lettera, che Kafka conservava a casa proprio per lei. Tornato a casa, si mise a scrivere la lettera con lo stesso febbrile impegno che aveva riversato nelle pagine dei suoi capolavori. Per qualche tempo, Kafka continuerà a scrivere lettere con le quali consolerà la bambina, ormai rapita dai racconti di viaggio della sua bambola e il cui dolore scomparirà tra le pieghe sognanti delle storie inventate da quell’uomo gentile che le riceveva per lei.

Michelle Cuevas, Erin. E. Stead “Il postino dei messaggi in bottiglia”, Edizioni Babalibri


Chi mi segue su Instagram sa già che vidi questo libro il secondo giorno del Salone, non lo presi subito e quando mi recai allo stand il giorno seguente era esaurito. Disperazione. Mio marito, buon anima che mi ama molto, me l'ha comprato online e fatto recapitare a casa.
Rimaniamo all'interno del magico potere delle parole per una storia dolcissima di un postino che si occupa di recapitare i messaggi in bottiglia che pesca in mare. Un giorno però trova un messaggio senza destinatario e parte la ricerca, chi sarà il fortunato invitato alla festa sulla spiaggia?
Per chi invia messaggi in bottiglia e per chi li cerca: prova desidera, sogna racconta” recita la dedica e, perdonatemi la presunzione, ma la prima volta che l'ho letto non ho potuto fare a meno di pensare alla mia newsletter e a voi, destinatari dei miei messaggi in bottiglia.

Danny Parker, Freya Blackwood “Molly e Mae. Due amiche, un viaggio”, Terre di Mezzo Editore


In realtà questo libro l'ha comprato mia madre al Salone per il compleanno di Vittoria, ma sotto mio suggerimento, e vi confesso che mi dispiace di dover aspettare fino a giugno per averlo tra le mani. Come dite? Giusto, non è per me.
Vedere VV che si rapporta con gli altri bambini: le amicizie feroci, le prima scaramucce, i musi, i pianti, le dichiarazioni di amore e di volersi sposare, le invidie, le offese; il bellissimo arcobaleno dei rapporti. In questo libro viene paragonato a un viaggio in treno e sono rappresentati molti di questi sentimenti; sono sicura che VV amerà molto i disegni e vedere queste due bambine giocare, e non solo, insieme. L'amicizia, così difficile, così meravigliosa.

Zadie Smith “Perché scrivere”; Will Blythe, a cura di “In punta di penna. Riflessioni sull'arte della narrativa”, entrambi editi da minimum fax


Verrà forse il giorno in cui comprenderò perché sono così attratta dai libri che parlano di scrittura, non avendo io nessuna velleità di scrittrice e non avendo mai neanche provato a scrivere alcunché. Nel frattempo continuo a comprare libri di questo tipo e a leggerli con molto gusto; nell'unità di misura della mia libreria, ne ho uno scaffale pieno (e temo continueranno a crescere, se riuscite a vederlo nella foto, uno dei due è il primo volume di due, ma nella mia lista desideri ce ne sono molti altri ancora)

Kaouther Adimi “La libreria della rue Charras”, L'orma Editore


Questo è il libro che non ho comprato al Salone e che mi sono pentita di non aver preso. Lo so che posso comprarlo in qualsiasi momento, ma sono quel tipo di lettrice che ama legare l'acquisto dei libri a un momento particolare; ho l'animo romantico. È la storia, tra realtà e finzione, tra presente e passato, tra Parigi e Algeri, di una libreria. Devo aggiungere altro?

(La foto in apertura è dei miei famosi due scaffali dei libri ancora da leggere)

giovedì 17 maggio 2018

Una ragazza


C'era una volta una ragazza che amava leggere e i libri. Erano i suoi migliori amici: quelli con cui amava trascorrere il tempo, quelli che avevano sempre una risposta alle sue domande, anche quando lei non pensava di averne da rivolgere, quelli che le tenevano compagnia nei momenti di solitudine, quelli che la proteggevano la notte quando la paura l'assaliva.
L'amore crebbe e lei volle conoscerli sempre meglio: chi li stampava, chi li scriveva, chi li vendeva, chi li leggeva, chi li commentava. Era sempre stata una ragazza molto curiosa. Scoprì un mondo affascinante e scoprì che le piaceva viverci dentro, girare per le sue strade, conoscere le vie, sapere chi vi abitava, che cosa faceva, dove andava. Sapeva molto di quel mondo.
Ma un giorno si smarrì, persa dietro a tutte queste informazioni, si dimenticò proprio di lui: del libro, del loro amore e di come tutto era incominciato.
Durante quest'ultimo Salone del Libro di Torino, ho avuto nostalgia di quella ragazza, che non era interessata al contenitore ma solo al contenuto, che non conosceva molte case editrici e che probabilmente, quando leggeva un libro, non avrebbe saputo dire da chi era pubblicato. A lei sono sempre e solo interessate le storie. Non conosceva i premi e chi li aveva vinti, non sapeva chi fosse il più venduto o il più famoso, non sapeva di acquisizioni, fallimenti, scontri e rivalità. Lei conosceva solo le storie.
Mi mancava quella ragazza e durante questo Salone sono andata a riprendermela. All'inizio pensavo sarebbe stato molto difficile, quasi impossibile: giravo per gli stand e conoscevo già tutto, mi sembrava non ci fosse nulla di nuovo: dov'erano lo stupore e la sorpresa? Poi è bastato rallentare, non avere l'affanno di vedere, incontrare, salutare. Di dovere.
Le parole sono tornate a me, i libri sono tornati a me e tutto il chiasso che li circondava come per magia è svanito.
Ho partecipato solo a tre dei già pochi incontri che avevo messo in programma di seguire; in tutti ho preso appunti e mi sono commossa, perché tutti hanno saputo parlare al mio cuore, mi hanno donato le parole di cui avevo bisogno.
Grazie a Michela Murgia che mi ha ricordato che “La speranza è credere che quello che si stia facendo abbia un senso, nonostante l'esito che si avrà”; a Nadia Fusini che mi ha suggerito che “Ogni donna è una Penelope che tesse intorno ad una mancanza” e a Enzo Bianchi che mi ha insegnato che “Non ci si deve sottrarre a quello che ci viene dato dalla vita e che la vita è incompiuta già di per se

Grazie a questo Salone del libro che mi ha fatto ritrovare quella ragazza, che continua ad amare i libri.

lunedì 14 maggio 2018

Il resto è ossigeno


Ho pensato: che coraggiosa che è stata Valentina Stella, scrittrice turineisa a scrivere una storia che poteva spingere il lettore a domandarsi se Sara fosse lei, Arturo suo marito e Giulia sua figlia, a confondere lo scrittore e la sua vita con i personaggi del libro. Chissà se qualcuno ha avuto il coraggio di chiederglielo e chissà lei cosa avrà risposto. Ma poi, che importanza ha?
Ho pensato: ecco perché Valentina Stella nomina spesso Arturo, con affetto e nostalgia. Ecco perché secondo me è il suo personaggio preferito, quello a cui è più legata. Ecco perché è anche il mio.
Ho pensato: bella questa idea del racconto a due voci, una di Sara e una di Arturo, che si alternano in un passaggio di testimone, che svelano e rivelano un poco alla volta, che senza saperlo continuano a dialogare tra di loro. O riprendono a farlo. Chissà se l'avrà scritto proprio così o avrà prima dato voce a un personaggio e poi all'altro, si è domandata la me che vorrebbe sempre sbirciare dal buco della serratura mentre uno scrittore compie il suo prodigio.
Ho pensato: grazie Valentina Stella per aver scritto l'unico finale possibile secondo me perché per un attimo ho temuto e, giuro, che sarei stata molto ma molto delusa fosse andata altrimenti.

Arturo, uno dei due protagonisti de “Il resto è ossigeno” si è perso e così, in seguito a un attacco di panico, decide di lasciare moglie e figlia e incomincia a camminare, all'inseguimento non sa bene neanche lui di che cosa. Sara, la moglie, resta, perché non ha scelta, perché è fatta così, perché forse non c'è mai veramente stata. Arturo si perde, Sara, che non sapeva di essersi smarrita, lentamente si ritrova. In mezzo le strade di Torino, che accompagnano il cammino di queste due anime alla ricerca.
E io che alle volte vorrei fare come Arturo, prendere e andarmene, pur avendo capito da tempo che non servirebbe a niente, perché non si può mai fuggire veramente. E io che alle volte ho paura di aver fatto come Sara ed aver perso me stessa. In mezzo, un prato, dove allo stesso tempo anelo e temo di tornare.
Dei miei vent'anni mi manca il sapere che tutto può ancora succedere. Il sapere di essere in un prato enorme da cui partono tante strade, e io sono lì, a giocare, bere, ridere, scherzare, amare, e poi, con calma, dovrò solo sceglierne una e cominciare a costruire il futuro.[...]
Poi però penso che fra poco ne avrò quaranta, e in qualche modo – senza volerlo – sono tornata in quel prato, e sto di nuovo cambiando tutta la mia vita.
Forse quel prato non è esclusiva dei ventenni, ma di tutti quelli che non si accontentano mai, di quelli che nelle vene hanno sangue e inquietudine.
Forse chi si ritrova in quel prato non riesce mai a essere davvero felice.

lunedì 7 maggio 2018

Il mio programma del Salone del Libro 2018


L'anno scorso si era dato il compito di abbattere i muri, di creare collegamenti, l'intenzione continua anche quest'anno. Mi piace che, in un periodo in cui stanno prendendo piede assolutismi, prepotenze, affermazioni chiuse e limitanti, il Salone del Libro di Torino abbia scelto per l'edizione di quest'anno un titolo aperto, che lascia spazio: al dialogo, alle possibilità, ai mille volti e sfaccettature di questo mondo. “Un giorno, tutto questo”.
Mi piace anche che lo faccia continuando a domandare e domandarsi, a mettere in dubbio, a cercare risposte, non risposta perché non ce n'è solo una giusta, con le "5 domande", dando vita a un mosaico di voci.

Chi voglio essere? Perché mi serve un nemico? A chi appartiene il mondo? Dove mi portano spiritualità e scienza? Che cosa voglio dall'arte: libertà o rivoluzione?

L'esercizio di rispondere a queste domande dovremmo farlo tutti, non bisognerebbe mai smettere di interrogare e interrogarsi. Spesso le mie risposte io le cerco nei libri, sono loro i primi a cui mi rivolgo quando un dubbio mi assale, quando sento un disagio, quando ho bisogno di fare chiarezza.
Quest'anno, in linea con la mia voglia di fare spazio, liberarmi dal superfluo, viaggiare leggera, il mio consueto programma del Salone è molto più scarno; voglio girare liberamente tra gli stand, senza più correre da un appuntamento all'altro, voglio prendermi tutto il tempo di curiosare tra i libri e farmi sorprendere da un volume che non sia stato pubblicizzato e che io non abbia visto su tutte, tutte, tutte le pagine Instagram dei così detti Influencer (o almeno, di quei pochi che seguo).
Ecco che cosa mi interessa, che cosa vorrei approfondire, che cosa mi ha incuriosito:

giovedì 10 maggio

18:30 - “Narrare per Vivere”, Incontro con Michela Murgia autrice di “Persone che devi conoscere” - Sala Rossa

venerdì 11 maggio

16:00 - “Leggere, tradurre, amare Virginia Woolf. Incontro con Nadia Fusini" – Sala Professionali

16:30 - “Un'ora con Sandra Petrignani”, autrice de “La Corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” - Caffè Letterario

sabato 12 maggio

12:30 - “Aggiungere vita ai giorni e non giorni alla vita”, Umberto Galimberti dialoga con Enzo Bianchi, autore di “La vita e i giorni sulla vecchiaia” - Sala Rossa

15:00 - “Il segreto dei grandi autori”, Come si creano mondi letterari che avvincono i lettori” - Sala Editoria

16:30 - “L'estate delle gioie irrecuperabili, Incontro con Roberto Alajamo autore de “L'estate del '78” - Caffè Letterario

domenica 13 maggio

15:30 - “La scrittura o la vita: Flaubert contro Stendhal” - Sala Blu

16:00 - “Interlinea. Il tempo riflesso della scrittura e della fotografia” - Sala della Poesia

lunedì 14 maggio
(marito e figlia munita)

14:15 - “Toc, toc! C'è un mostro nell'armadio?” - Bookstock Village, Laboratorio Parole 2

E poi gli incontri che mi piacerebbe fare sarebbero quelli con voi, quindi se venite, fatemelo sapere, che vi abbraccio di persona più che volentieri.
Buona Salone a tutti!

giovedì 3 maggio 2018

La vita, ultimamente 34


Aprile è venuto in mio soccorso e ha anche fatto le cose in grande: sole, caldo, tante cose da fare e da vedere, nessun contrattempo, addirittura qualche giorno di vacanza da trascorrere tutti e tre insieme. Esagerato!


Abbiamo subito inaugurato la bella stagione trascorrendo il giorno di Pasquetta al mare. Tempo di questa foto e Vittoria era in mutande; a sentire lei l'acqua era tiepida, o forse la voglia di giocare in acqua era più forte. Il Dio benevolo che ha vegliato su tutto il mese ci ha risparmiato il raffreddore.


E' stato anche il mese più ricco di feste di compleanno di tutto l'anno; durante una di queste VV è salita per la prima volta a cavallo, pardon sul pony, il pony più pony del mondo oserei dire, ma lei era felicissima.


Con l'arrivo della bella stagione, i giovani torinesi si riversano in massa forniti di plaid al parco del Valentino. Ricordo ancora la prima volta che ci andai con mio marito, uscivamo insieme da poco, e mentre ci facevamo cullare dai caldi raggi del sole, un piccolo cucciolo peloso e morbidoso cadde tra di noi, non essendo riuscito a frenare la sua corsa. A distanza di parecchi anni, eccoci di nuovo al Valentino, sempre in compagnia di un cucciolo, non peloso però.

 (Una VV inizialmente immusonita perché non avevamo portato il monopattino)

(Alla fine non ci si annoia mai in mezzo alla natura)
 
Ricordo quando, sempre ancora giovani fidanzatini, il venerdì sfogliavamo “Torinosette”, allegato del venerdì de “La Stampa”, alla ricerca di idee su come trascorrere il fine settimana e il periodo in cui eravamo impallinati con il teatro. L'abbonamento che mio marito ci ha regalato a Natale si riconferma un'idea geniale, che ripeteremo sicuramente la prossima stagione. Ad aprile abbiamo visto una bellissima versione de “Don Giovanni” al Teatro Carignano.

(Prima dello spettacolo abbiamo cenato da "Linopassamilvino", la versione abruzzese del fast food)
 
A proposito di botti che vanno riempite (chi è iscritto alla mia newsletter sa di cosa sto parlando), ad inizio mese c'è stato il secondo incontro di “Torino Bohémienne”, appuntamenti curati da Lorenzo Naia, alias La Tata Maschio, e Roberta Rossetti, alias Il T-rex a pois; l'idea è quella di bere un aperitivo insieme e trascorrere il tempo scrivendo, disegnando e chiacchierando. Torno sempre a casa felice e ricca di nuovi spunti. Il terzo ed ultimo incontro sarà il 7 giugno.

(Quando scrivo a mano uso quasi sempre la matita, trovo che la mano scorra più veloce e segua meglio il pensiero)
 
Durante l'autunno e l'inverno la snobbiamo un po', ma con l'arrivo della bella stagione e la riapertura dei giardini, corriamo sempre alla Reggia di Venaria. È enorme e ci sono sempre diverse mostre contemporaneamente da visitare, il rischio noia è impossibile ed è un luogo molto bello a cui siamo ormai affezionati.

 (Immagine di repertorio della prima visita di VV ad un anno. QUI un post su un'altra visita con una VV quasi treenne)

(Cresciuta è cresciuta, non solo VV ma anche la vegetazione dei giardini)
 

Che dire aprile se non grazie, grazie, grazie!