lunedì 23 aprile 2018

L'arte della gioia


Più o meno è andata così: da qualche parte, non ricordo più dove, devo aver letto qualcosa che mi ha incuriosito, la cosa deve essersi ripetuta perché poi mi sono appuntata il titolo; titolo che tra l'altro ha un certo non so che di speranzoso. Il caso volle che una persona che mi chiese uno scambio su Acciobooks l'avesse nella propria libreria e un piego di libri lo ha fatto diventare mio. E' giaciuto per diverso tempo sullo scaffale dei libri ancora da leggere, per poi finalmente finire sul mio comodino.
Dovrei appuntarmi che cosa mi colpisce di un libro per spingermi a sceglierlo e leggerlo, perché a volte le aspettative non vengono confermate, nel bene o nel male. Non ricordo quindi che cosa mi aspettassi da “L'arte delle gioia” di Goliarda Sapienza, a parte la promessa implicita di imparare davvero quest'arte, supposto che lo sia, ma me lo immaginavo davvero un libro diverso.
Non posso affermare mi sia piaciuto completamente, i dialoghi secondo me sono spesso prolissi e noiosi, e non sono riuscita a farmi piacere fino in fondo la protagonista, non mi sono identificata fino in fondo (è un paradosso mi rendo conto) eppure la storia è avvincente e la lettura scorre veloce. «Racconta, Modesta, racconta.» c'è scritto ad un certo punto e tu vuoi davvero sapere tutto della sua vita.
Modesta, una carusa tosta... che nasce in una casa povera, in una terra ancora più povera... Ancora ragazzina viene mandata in un convento e da lì, alla morte della madre superiora che la protegge, in un palazzo di nobili. Dove il suo enorme talento e la sua intelligenza machiavellica le permettono di controllare i cordoni della borsa di casa, e di convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza mai smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Madre affettuosa, amante sensuale, creature vitale e scomoda,..., Modesta attraversa la storia del Novecento con la forza che distingue ogni personaggio della letteratura universale.
Osando un paragone un po' azzardato, mi ha ricordato “Orlando” di Virginia Woolf, il cui protagonista cambia spesso pelle nel corso del romanzo e così fa Modesta nel corso della sua stessa vita, rimanendo però sempre fedele al suo io più profondo.
È un classico che andrebbe letto a scuola, indipendentemente dal fatto che piaccia o meno, indipendentemente dal fatto che sia un romanzo scomodo, perché parla di temi universali, primo fra tutti quello dell'emancipazione della donna: sessuale, lavorativa, politica, materna. Parla dell'Italia, di un sud e una Sicilia che io così non avevo mai sentito raccontare e ora mi sembra di conoscere un poco di più, parla della storia economica e politica del nostro paese da un punto di vista, quello del sud, che non avevo mai preso in considerazione e, soprattutto, parla della libertà individuale. Quest'ultima dovrebbe essere la cosa più importante che dovremmo imparare e poi insegnare.
Non mi sarei più confrontata con la morte, con quel traguardo che non più temuto fa eterna ogni ora goduta pienamente. Ma bisognava essere liberi, approfittare di ogni attimo, sperimentare ogni passo di quella passeggiata che chiamiamo vita.

lunedì 16 aprile 2018

Le otto montagne


È difficile raccontare un libro del calibro de “Le otto montagne” di Paolo Cognetti quando tutto sembra già essere stato scritto e detto. La trama, ad esempio, c'è ancora qualcuno che non sa di cosa parla questo libro?
Confermo che c'è la montagna, tanta montagna, la montagna vera, di quelli che sono abituati a frequentarla dalla nascita, che la abitano anagraficamente o per affinità e quindi sì, confermo, che se non la conoscete la lettura di questo libro vi svelerà molto di lei, dei suoi abitanti e delle sue usanze.
È anche la storia di un'amicizia, del tipo che io ho sempre desiderato ma che non ho e che, sinceramente, mi ha fatto un po' arrabbiare sentirla definire tipicamente maschile; sono una donna e anelo a quel tipo di rapporto con qualcuno che puoi anche non vedere per tanto tempo ma, quando lo incontri nuovamente, l'amicizia riprende da dove l'avevate lasciata, in modo naturale, senza spiegazioni, senza dover fare un racconto di quello che è successo nella pausa, perché in qualche modo lo sai già. Quanto vorrei anch'io un'amicizia fatta di silenzi, di semplice stare insieme, di non dover spiegare, comprendere, per forza capire o sentirsi compresi, una semplice eppure profonda condivisione del tempo e dello spazio, alle volte non si ha bisogno di altro.
Mi sono accorta, o l'ho sempre fatto e l'ho realizzato solo ora, che da quando sono diventata madre quando leggo un libro non posso fare a meno di identificarmi nei genitori e fatico sempre di più a immedesimarmi nei figli. Non ho ancora capito se questa cosa mi infastidisca o meno, ma la sento come inevitabile.
Confermo, quindi, che viene trattato anche la paternità e il ruolo del padre, che è spesso distante, assente, silenzioso, burbero e colpevole di assoggettare tutta la sua famiglia ai suoi umori e malumori (anche se mi sembra tanto un cliché). Non ho letto invece da nessuna parte due parole sulle madri presenti nel libro e questo mi ha ricordato come una volta, nelle favole ma anche in molti film Disney, la facessero morire subito così da togliersi il problema. Tre donne che sembrano figure minori ma che, secondo me, non lo sono affatto: la madre di Pietro, quella di Bruno e infine Lara. Tre donne altrettanto silenziose come gli uomini, tre donne che sembrano distanti e agire nell'ombra, la cui presenza sembra relativa e poco importante ma che, secondo me, sono fondamentali, se non il perno su cui si reggono tutti gli uomini della storia. Ecco, forse questa è l'unica cosa che posso dire io in più rispetto al già detto su questo libro così maschile: secondo me la montagna è madre, non è affatto padre.
In quella casa,..., mia madre tornò a una versione di sé che non avevo mai conosciuto. La mattina, appena alzata dal letto, ammucchiava dei legnetti nella stufa, appallottolava un foglio di giornale e strofinava un fiammifero sul ruvido della ghisa. Non la disturbava il fumo che allora si diffondeva in cucina, né la coperta che tenevamo addosso intanto che la stanza si scaldava, né il latte che più tardi tracimava dal bricco e si bruciava sulla piastra rovente. Per colazione mi dava pane abbrustolito e marmellata. Mi lavava sotto il rubinetto, sciacquandomi la faccia, il collo e le orecchie, poi mi asciugava con uno strofinaccio e mi spediva fuori:...

giovedì 12 aprile 2018

Tre giorni in Valle d'Aosta


Ogni tanto i sogni diventano realtà. Quando penso a una vacanza al mare o in montagna, io penso proprio al mare e la montagna, penso quindi a un soggiorno che mi permetta di godere appieno questi due elementi: l'acqua e la terra. Se la scorsa estate abbiamo trovato la nostra dimensione ideale per quanto riguarda il mare (QUI), questo inverno (in realtà era già primavera da pochi giorni) abbiamo goduto di tre giorni in mezzo alla neve proprio come li ho sempre sognati: neve e nient'altro. Mi sono riempita occhi, cuore e polmoni.


L'albergo si trovava a quasi 1800m di altezza, proprio alla fine della strada da cui poi partivano i sentieri; nessun via vai, nessun traffico, se non le poche macchine di chi andava a ciaspolare o a fare sci d'alpinismo (si potevano contare sulle dita di una mano). La meraviglia di sentirsi sul tetto del mondo in perfetta solitudine, ne vogliamo parlare?


Grazie all'albergo che forniva gratuitamente l'attrezzatura, VV ha anche provato l'ebrezza di indossare le sue prime ciaspole; un po' reticente all'inizio, è stata poi entusiasta di questa sua prima esperienza e ne ha raccontato orgogliosa a nonni e zii.


Vittoria stessa ha goduto appieno e in tutte le sue forme la neve: ogni occasione era buona per fermarsi a mangiarla, tirare una palla di neve, fare una bella scivolata sul bob (sempre fornito dall'albergo), costruire un pupazzo di neve.


Il tempo è stato variabile e, a parer mio, questo ha contribuito a farci godere ancora di più le bellissime cime che ci circondavano: le abbiamo viste con il sole, le nuvole, la nebbia e mentre nevicava, cosa chiedere di più?


Ho poi questo vivido ricordo di me bambina giocare in calzamaglia, dopo aver trascorso un'intera giornata sulla neve; vedere VV fare lo stesso, con quella dolce spossatezza che ti coglie prima di cena, è stato molto bello. Sono contenta di condividere con lei e mio marito questi momenti e di creare il nostro album dei ricordi.


Se vi interessa, abbiamo soggiornato presso l' “Hotel Ristorante Notre Maison” (QUI, il sito)

lunedì 9 aprile 2018

La vita, ultimamente 33


Marzo è stato un mese in salita. Se lasci appassire una pianta non puoi aspettarti che rifiorisca dall'oggi al domani. O raccogli i semi, li ripianti e aspetti che germoglino, oppure tieni quello che hai, concimi il terreno, togli le foglie secche, poti i rami. In entrambi i casi devi portare pazienza e aspettare. È un lungo lavoro.
Nota a margine: il clima non sta per niente collaborando.


Più determinati della pioggia battente, una domenica pomeriggio ci siamo recati al MAO, Museo d'Arte Orientale; non c'eravamo mai stati e abbiamo colto l'occasione di una cena programmata in un ristorante nei paraggi per visitarlo. Il ristorante (questo, che vi consiglio) abbiamo poi scoperto essere proprio di fronte al museo: la comodità...
Era in corso la mostra “Ninja e Samurai. Magia ed estetica”; non sono affatto esperta di arte orientale ma, proprio come suggerisce il titolo dell'esposizione, è una cultura in grado di trasmettere magia e di incuriosire con la sua lunga e imponente tradizione. “Sette anni in Tibet” e “L'ultimo samurai” sono film che riguarderei in continuazione, così come ho amato la lettura di “Memorie di una gheisha” di Arthur Golden e “Nel Giappone delle donne” di Antonietta Pastore, per fare alcuni esempi. Mostra molto gradita anche da Vittoria; non dimentichiamoci che, come i maschi, così le femmine devono poter esplorare il loro lato aggressivo e battagliero e sono quindi altrettanto attratte da lotte, combattimenti, guerre e armi. Insomma, una volta a casa, abbiamo costruito delle rudimentali spade con i pennarelli.


Un giorno della settimana in cui mio marito era in ferie, ci siamo regalati un'uscita di coppia e siamo andati a vedere la mostra fotografica di Frank Horvat in corso fino al 20 maggio presso Palazzo Chiablese. Io l'ho adorata e chissà che non riesca a ritornarci. Ho apprezzato soprattutto le chiavi di lettura che sono state seguite nell'esposizione delle fotografie e il fatto che ogni chiave rappresentasse un pensiero, un punto di vista del fotografo e che ti aiutassero così a conoscere meglio lui e il suo sguardo.
Prima di andare insieme a prendere VV a scuola e farle così una sorpresa, abbiamo pranzato da “fiorfood Coop”, un supermercato, bar, bistrot, ristorante all'interno della Galleria San Federico; con il bel tempo amiamo mangiare nei tavoli fuori.


Il mese si è concluso con un bellissimo finesettimana in montagna, a cui dedicherò un post intero, vi lascio solo un assaggio, anche perché non si è mai visto un “La vita, ultimamente” senza neanche una foto di VV...
Nonostante questo, e con mio somma tristezza, rammarico e a volte disperazione, molto spesso il mio panorama interiore è ancora così:


Ma cerco di avere pazienza, so che è questione di tempo perché torni ad essere così:

La montagna più alta rimane sempre dentro di noi.
Walter Bonatti