mercoledì 29 aprile 2015

Contenta e stufata


Qualche giorno fa ho letto questo commento a un post di un blog che seguo (non faccio nomi, non hanno importanza):
Sono un po' confusa dal discorso della casalinga e scrivo questo commento perché mi piacerebbe sentire altre opinioni a riguardo. Vedere le cose da un altro punto di vista fa spesso bene. Sono d'accordo quando si dice che, indipendentemente dal lavoro, il figlio è di entrambi e quindi tutti e due dovrebbero prendersene cura. Non riesco però a capire la relazione tra casalinga e lavoro. Dal mio punto di vista la casalinga/o è una persona che si prende cura della casa e di tutto ciò che concerne, famiglia inclusa.
Ciò che ho sempre pensato, però, è che anche una qualunque persona che lavora, alla fine, si prende cura della casa e della propria famiglia. Solo che oltre a fare ciò che fa una casalinga (xchè credo che siano poche le persone che possano permettersi un aiuto a casa in modo più o meno stabile), lavora 8 ore al giorno. Per questo non riesco a vedere il nesso tra essere casalinga e il suo lavoro in quanto tale. Ripeto, non vuole essere un attacco.
E ci sono rimasta male. E mi sono sentita pungere sul vivo. E ho continuato a ritornarci col pensiero.
Mi sono sentita chiamata in causa in prima persona perché sono, per mia scelta dopo la nascita di VV, una casalinga. Odio il termine, non mi definisce, forse preferisco mamma a tempo pieno. Ci sono rimasta male perché so che ci sono persone che pensano la stessa cosa, involontariamente lo faccio anch'io alcune volte, fa più male se a dirlo è una donna.
Non mi è piaciuto il sottinteso che una mamma che lavora fa di più di una che un lavoro non ce l'ha; ma non sono riuscita ad arrabbiarmi troppo con la commentatrice perché ha sottolineato in apertura e chiusura che voleva solo capire di più.
Però... però ho sentito il bisogno di giusitificarmi, di dimostrare che non è vero che faccio di meno, che non sto a casa a fare la bella vita mantenuta dal marito. Così è un po' di giorni che arringo questa sconosciuta nella mia testa, poverina...
Le sto dicendo questo: il mio lavoro è fare la mamma. Lo so, mamma lo sei anche tu, ma non durante le otto ore in cui sei al lavoro, in quell'arco di tempo tuo figlio lo sta crescendo qualcun' altro. E così come io non so cosa significhi e quanto sia difficile dover delegare qualcuno a farlo al posto tuo, tu non sai cosa significhi e quanto sia difficile farlo 24 ore su 24, non stop. Non timbro il cartellino dopo le 8 ore, non ho ferie e permessi, non posso mandare al diavolo il capo (mia figlia) e andarmi a prendere un caffè con la collega amica perché sono a casa da sola la maggior parte del tempo. Non ho ferie, permessi, tredicesime e quattordicesime anzi, molto spesso, il mio lavoro non viene riconosciuto.
Anche tu badi alla casa e, sbagliando, pensi che hai molte meno ore di me per farlo (la sera dopo il lavoro e nel weekend). In realtà, io penso che dedichiamo alla casa lo stesso numero di ore, solo che tu ti senti giustificata a trascurarla un po' lavorando e io invece, stando tutto il giorno a casa, sento il coro delle persone, che la pensano come te, che mi giudicano se lo faccio. In più, sempre per il ragionamento sbagliato, non mi oso a chiedere aiuto. Penso anche che affrontare questo coro sia la parte più difficile dell'essere mamma a tempo pieno, così come il non sentirsi in diritto di chiamare il time out quando si sente di aver esaurito tutte le energie e le forze a disposizione, c'è sempre in sottofondo quel “Non lavori...” e molto spesso sei tu stessa a dirtelo per prima, in una contraddizione continua.
Sarebbe bello invece se riconoscessimo tutti, soprattutto tutte, che è difficile sempre, che si scelga di stare a casa o si decida di tornare al lavoro, che come ogni scelta, ognuna è fatta di rinunce e compromessi, che tutte nell'arco della stessa giornata malediciamo la nostra situazione e un attimo dopo ci sentiamo le donne più fortunate del mondo.

Il giorno in cui ho letto quel commento pioveva ed io e VV siamo state a casa tutto il giorno, da sole. Al momento della merenda, col suo biscotto in mano, VV è venuta saltellando da me, che ero seduta a sorseggiare un caffè, e mi ha detto: «Sono contenta». Pochi minuti dopo, quando mi sono rifiutata di ascoltare per la milionesima volta la stessa canzone, VV si è gettata piangendo sul divano urlando: «Io sono stufata!».
Anch'io sono contenta, bambina mia, anch'io sono stufata.


7 commenti:

  1. Credo sia difficile non cadere nel tranello delle schermaglie tra donne: confronti stupide invidie cose così. Tipo 30 o 35 anni fa a PORTOBELLO trasmissione che molto amai, un gruppo di casalinghe rivendicava uno stipendio (dato da chi poi, non si sa? Dal marito? Dallo stato?) perchè il lavoro in casa è appunto un lavoro e come tale va retribuito. Tutti d'accordo grande ovazione ma poi dal pubblico si alza una voce: "io sto fuori casa minimo 8 ore e quando torno mi smazzo tutto il resto, allora cosa dovrei fare/dire?" Nuova ovazione. Insomma hanno tutti ragione. Putroppo è il tono giudicante che fa male, perchè c'è anche chi, parlava con me, dice che le donne che tornano al lavoro dopo la maternità è solo perchè vogliono vivere nel lusso con tante vacanze, ecc. senza capire che spesso con un solo stipendio è davvero dura, non tutti hanno un marito ingegnere, e che la propria indipendenza è anche importante, e anche un po' di lungimiranza: i figli crescono e domani potresti non ricollocarti e stare a casa diventerebbe un boomerang. Bacio Sandra

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  2. Esatto Sandra, e' proprio questo di cui parlo quando scrivo che tutte le scelte comportano rinunce e sacrifici. C'è chi torna a lavorare per arrivare a fine mese, con i salti mortali che questo comporta. C'è chi lo fa perché tiene al proprio lavoro e mi domanda candidamente come faccio a stare a casa tutto il giorno. C'è chi a casa viene lasciato e deve fare i conti con la rabbia e la sconfitta. C'è chi come me sceglie volontariamente e poi fa i conti con le difficoltà del presente, il non sentirsi a volte pienamente realizzata e il timore per il futuro. Ogni situazione ha i suoi pro e i suoi contro.

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  3. ...e c‘è chi non può nemmeno permettersi di scegliere...

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  4. Forse il problema non è casalinga e lavoratrice, contenta e stufata. Il problema è essere donna. Un uomo può essere contento o stufato. Una donna non può staccare. Contenta e stufata sia che lavora sia che resta a casa. In ogni caso non stacca mai la spina. VV, che nome è?

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    1. Ecco, io sto cercando di farlo, di staccare questa benedetta spina, soprattutto mentale, perché i retaggi sono tanti...
      VV sta per Vittoria Virginia :-)

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  5. Vittoria Virginia, così piccola, ma ha già capito tutto di come va il mondo. Fosse stato un maschio avrebbe scelto la disguintiva "o", per staccare. ;) Però il blog ti permette di parlarne e quindi di tirare il fiato. Un bacio a VV allora.

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