mercoledì 30 aprile 2014

Then is change

Tutto sommato non mi è costato molto prendere la decisione di dare le dimissioni. Notti insonni, incubi, qualche chilo in meno, uno stress che mi ha fatta ammalare e la cui guarigione mi è costata due cicli di antibiotici. Non riuscivo neanche più a leggere. Tutto sommato direi che l'ho presa bene, proprio come me l'aspettavo...
E invece no, non me l'aspettavo. Perché io piangevo all'idea di dover tornare a lavorare, facevo i capricci come una bambina all'idea di dover riprendere a trascorrere le mie giornate in un posto che odiavo, a fare un lavoro che non mi dava nessuna soddisfazione. Per non parlare del fatto che, al solo pensiero di dover lasciare VV a degli estranei, ero presa dalla disperazione.
Quindi avrei dovuto essere la persona più felice del mondo quando, a conti fatti, insieme al marito, si è deciso che mi sarei potuta permettere di rimanere a casa per un po' di tempo, a vedere crescere la nostra bambina e approfittare di questa pausa per cercare un'occupazione più consona per me e per le esigenze di VV. Non molti si possono permettere questa fortuna.
E quindi no, non me l'aspettavo che questa decisione mi avrebbe mandata in subbuglio. Io che mi inalberavo quando la prima domanda di uno sconosciuto era “Che lavoro fai?”, che ripetevo all'infinito che io non ero il mio lavoro, mi sono ritrovata a domandarmi: “Ma io cosa sono adesso?”.
Sono spaventata e ho paura. Sapevo che se fossi tornata al lavoro mi sarei adagiata, un poco alla volta sarei ricaduta nella routine del giorno per giorno e non avrei fatto nulla per cambiare una situazione che mi rendeva infelice. Ora sono obbligata a fare qualcosa ma mi sento una barca senza timone, un marinaio senza bussola. Voglio avere fiducia nel futuro, ma non so dove cercarla. Voglio dimostrare a VV che è giusto inseguire i propri sogni, ma scopro che sono la prima a scoraggiarsi. Cerco di ripetermi che sono stata coraggiosa, che sarebbe stato molto più semplice restare lì dov'ero, ma non trovo la convinzione.
Eppure oggi, per caso, ho letto questo:

When we make a change, it's so easy to interpret our unsettledness as unhappiness, and our unhappiness as the result of having made the wrong decision. Our mental and emotional states fluctuate madly when we make big changes in our lives, and some days we could tight-rope across Manhatten, and other days we are too weary to clean our teeth. This is normal. This is natural. Then is change.

Jeanette Winterson
Mi sono sentita per un attimo normale, in pace con me stessa. Se è così che deve andare, se è giusto questo “fluttuare”, che cambiamento sia.

7 commenti:

  1. Secondo me hai fatto bene: quando si fanno i conti e ci si rende conto (ops gioco di parole) che ci se la fa (oggi scrivo malissimo eh) allore è ok, perchè la vita è adesso, e convengo con te che tutte le negatività raccontate in questo post aggiunte alla simil disperazione di dover lasciare VV (con eventuale costo babysitting o nido) non meritano di tornare. Io spero che tu possa essere + serena, inventarti, stare bene, e poi + in là trovare quelcosa che ti soddisfi. E poi sì che nervi quelli che come prima domanda "che lavoro fai?" Se non ti identifica, come nel mio caso, ti fa sentire una mezza calzetta, e ti tocca dare mille spiegazioni.
    Coraggio Francesca, guarda Ilaria cosa sta combinando con la sua libreria, nata da un ditta in fallimento che la stava lasciando a casa. Un bacione Sandra quelle delle cene

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    1. Ilaria la seguo su Instagram, la sua libreria ha una sezione bambini bellissima!
      Grazie dell'incoraggiamento Sandra. Un bacio.

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  2. Identificarsi con il proprio lavoro...mi sono fermata a riflettere. Io sono una che ha messo il lavoro in primo piano da quando ha ricordo. Mi sono ammalata seriamente per lavoro. La mia vita, oggi, è calibrata sul mio lavoro. Eppure, io non mi sono mai identificata con il mio lavoro. Mi hai fatto rendere conto che sono fortunata. Grazie.

    Per esperienza, posso dirti che hai fatto bene a lasciare. Certo, ci saranno lo sconcerto, il rimorso, la paura dell'ignoto inizialmente, ma nulla vale tanto quanto il tuo benessere. Anche perché il tuo stato si riflette su VV.
    Abbi fede: le cose miglioreranno.
    Martina

    P.S. adesso cosa sei? Una mamma più serena che scrive, tanto per iniziare...

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    1. Grazie Martina, che belle parole.
      Adesso però sono curiosa di sapere che lavoro fai e cosa sei... :-) (sicuramente una lettrice)

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    2. Certamente una lettrice! E poi sono....un'ascoltatrice, una sognatrice, una sperimentatrice...
      Quanto al lavoro, niente di esotico o socialmente importante. Sono semplicemente una donna che ama il proprio lavoro e lo svolge con molto impegno. ;)

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  3. Coraggiosa blogger! Pensa alla tua bambina che cresce e non ti perderai nulla di lei. Pensa quanti libri potrai leggere e quanto potrai scrivere. O anche non fare nulla senza sentirti in colpa.... Il lavoro è qualcosa che si fa, non che si è! Ora sei una donna libera di fare ciò che più ami. Augurissimi! :-)

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    1. Grazie Elena, che bel commento. E' vero, ora sono libera, devo ricordarmelo più spesso e apprezzarlo di più!

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