Dal vocabolario:
Recensione: articolo critico su una nuova pubblicazione.
Critica: l'arte e il metodo di esaminare e giudicare qualcosa.
Giudicare: dare un giudizio su qualcosa o qualcuno; pronunciare una sentenza su qualcuno
Giudizio: atto dell'intelletto col quale si afferma o si nega la convenienza di un concetto o di un altro.
Sentenza: frase per lo più concisa e incisiva che annuncia una verità o una norma morale; parere, opinione.
Parere: modo di giudicare intorno a qualcosa.
Opinione: ciò che si pensa di qualcosa o di qualcuno pur senza la certezza assoluta di essere nel giusto.
Pensieri sparsi (in realtà domande) dopo aver letto questo post.
- Recensire è un'arte? C'è una scuola dove la insegnano? Ci sono delle regole e norme su cui basarsi?
- Una recensione negativa è una condanna? Un libro stroncato è un libro destinato al macero?
- Quale editore sarà così sciocco da dare in lettura un libro a un critico che esprime o ha espresso in passato giudizi negativi e correre il rischio così di andare in contro ad una stroncatura/condanna?
- Esprimere un'opinione rende automaticamente l'essere un critico?
- Si può parlare/scrivere di un libro senza esprimere un'opinione/giudizi/parere? Ci si limita a fare un riassunto della trama?
- Quando si legge una recensione non si è forse alla ricerca proprio di un'opinione? Leggere una recensione non è forse la ricerca della risposta a questa semplice domanda: “Questo libro, secondo te (recensore), lo devo leggere? Me lo consigli?”
- Perché l'opinione di qualcuno è più importante di quella di qualcun' altro? Come si ottiene questa autorevolezza? Quali caratteristiche/competenze ha un bravo recensore?
- Ci sono cattivi recensori, cattive recensioni o entrambi?
- Le recensioni sono per i lettori, gli scrittori o gli editori?
- Vale per i recensori quello che si dice per i professori? (Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna)
Potrei andare avanti ancora per molto, la verità è che non c'è una sola verità, non c'è una risposta giusta e una sbagliata. Per ora mi limito a condividere con voi un brano di un libro che ho appena iniziato a leggere (guarda il destino...). In questo brano John Keats, il poeta, risponde alla lettera di un amico che cercava di consolarlo per alcune pesanti critiche fatte a un suo libro:
Non posso non essere grato a quei due signori che hanno preso le mie difese. In ogni caso, conosco bene i miei punti di forza e di debolezza. La lode e il biasimo non hanno che un effetto momentaneo in chi, amando la bellezza in generale, è giudice severo del proprio lavoro. Le critiche che io stesso ho mosso alla mia opera m'hanno fatto più male di quella della «Blackwood's» o della «Quarterly». E poi, quando so di essere nel giusto, non c'è encomio di estranei che possa darmi quell'eccitazione che percepisco in solitudine, riconfermando ciò che avevo giudicato bello.Con “Endimione” mi sono buttato a capofitto nel mare, e così sono diventato pratico di secche, sabbie mobili e scogli, più di quanto lo sarei stato se fossi rimasto a riva, a suonare un'insulsa zampogna o a sorbire tè e confortevoli consigli.Non ho avuto paura di fallire, perché preferirei comunque fallire che non essere tra i grandi.
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