lunedì 3 aprile 2017

Condividere la solitudine


Dall'inizio di quest'anno, una volta alla settimana dopo la scuola, VV ha iniziato a seguire un corso di lingua inglese. Di solito l'accompagnavo, ritornavo a casa e poi uscivo nuovamente per andare a prenderla; ora che è arrivata la primavera e ci sta finalmente regalando delle belle giornate di sole, ne approfitto per fare una passeggiata o fermarmi in un parco a leggere un libro.
Durante una delle mie peregrinazioni, ho intravisto poco distante da me la mia professoressa di inglese del liceo e la mia mente è volata ai giorni di scuola. Quante gliene abbiamo combinate, povera donna! Era una brava insegnante ma troppo buona, poco di polso e, come spesso i ragazzini fanno, ne approfittavamo in continuazione per prenderci qualche libertà di troppo. Ora che ci penso, arrossisco dalla vergogna. Sapevamo, non ricordo da quale fonte, che viveva ancora sola con la madre, il classico stereotipo della zitella, e a causa di questo per noi era ancora più oggetto di pettegolezzo e di scherno: nelle nostre giovani menti limitate era una persona sfigata per antonomasia.
L'essere soli, la solitudine hanno nell'immaginario comune un'eccezione negativa; ce ne siamo accorte Flavia, la mia collega, ed io quando a settembre dello scorso anno abbiamo proposto come tema per il nostro ciclo di Bookcoaching proprio la solitudine: occhiate perplesse, battute su come avessimo scelto un argomento poco allegro e via dicendo. Confesso che, all'inizio, eravamo timorose anche noi.
Ora che il ciclo di Bookcoaching è terminato, ora che durante l'ultimo appuntamento in libreria abbiamo tirato le somme di questi dodici incontri, dei libri letti e delle diverse tipologie di solitudine che abbiamo affrontato, abbiamo avuto la conferma di aver scelto bene. Siamo tutti soli, in un modo o in un altro, capita a tutti di sentirsi così in alcuni periodi della nostra vita, o in alcune giornate, o per i più svariati motivi. Soprattutto, abbiamo tutti bisogno di parlare di quanto ci sentiamo soli, di quanto poco ci sentiamo compresi a volte. Il fatto di poterlo fare, di poter condividere, di poter confrontarsi e di poterlo fare attraverso uno schermo, cioè attraverso i libri, da una prospettiva altra, prendendo le distanze da noi stessi, facendoci così sentire più protetti e meno esposti, ha permesso a tutti (Flavia e me comprese) di parlare liberamente. Abbiamo condiviso la solitudine. Così facendo inoltre abbiamo scoperto che, a dispetto delle prime impressioni, non sempre essere soli è così brutto come si pensi anzi, abbiamo concluso che sia terapeutico, che sia necessario per riuscire ad avere un dialogo con noi stessi, per poter sentire e comprendere i nostri sentimenti e i nostri stati d'animo.
Ho guardato la mia professoressa mentre camminava da sola qualche giorno fa e non ho visto per niente una sfigata; era molto elegante nei suoi vestiti classici e senza tempo, quelli che invece da adolescente avrei definito da vecchia, guardava dritta davanti a se e sorrideva, sicura e soddisfatta. Era l'immagine della felicità.

6 commenti:

  1. Quello della solitudine è per me un tema molto sentito, sia se si tratta della solitudine cercata, di cui ho bisogno per ricaricare le energie che la vita con gli altri mi sottrae, le relazioni con amici, parenti, colleghi, la maternità, sia se, invece, si considera la solitudne insita nella vita di ogni persona, quella che ci fa essere anime fragili.
    Un abbraccio
    Francesca

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    1. La prima è vitale anche per me. Il ciclo di incontri aveva proprio lo scopo di farci sentire meno soli nel secondo tipo di solitudine, che come giustamente scrivi tu, ci fa sentire indifesi.
      Baci.

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  2. Io credo che gli occhi degli adolescenti siano sempre un po' ingiusti, non li biasimo: ci siamo passati tutti.
    E sulla solitudine: nessuno stato garantisce nulla, non di certo la felicità, essere single, ricchi, con tanti figli, niente. La soddisfazione di una vita piena, appagata corre su fili diversi per ognuno di noi, il vero problema è trovare un equilibrio e saper identificare cosa sia meglio per noi. La solitudine ha molte facce, quella che vive la tua ex prof di sicuro non è quella brutta ai margini, senza confronti col reale.
    Un abbraccione

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    1. Sono d'accordo con te e aggiungo anche: siamo sicuri che la mia professoressa fosse sola o lo sia? O forse questo pensiero è solo frutto di pregiudizi? Donna non sposata che vive ancora con la mamma = sola. Forse è il concetto stesso di solitudine che va riconsiderato.
      Ricambio l'abbraccione!

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  3. Io sono una di quelle persone che, letti i titoli scelti, ha alzato il sopracciglio. Mi sembrava partiste da una prospettiva un po' triste, a farla breve e me ne dispiaceva, perché a me, la solitudine non dispiace poi molto. Mai prima impressione è stata più errata, a quanto leggo, e ne sono felice.

    Per riallacciarmi al messaggio di Francesca (lafenicerinascedase), vorrei aggiungere che se è vero che una certa solitudine è insita dentro di noi e ci fa essere anime fragili, è altresì vero che quella stessa solitudine è emblema della nostra unicità, che è la nostra grande forza.

    Un abbraccio.

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    1. Forse sì, siamo partite da una prospettiva triste, ma per ribaltarla ampiamente!
      Essere in grado di stare da soli con noi stessi è fondamentale, è davvero un punto di forza come scrivi tu.

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