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mercoledì 11 marzo 2015

Il mio finale

Scrivere questo blog è per me un esercizio costante di analisi e comprensione delle mie letture. Se voglio scrivere dei libri che leggo, devo trovare qualcosa da dire che non sia un semplice mi è piaciuto. E' una bella sfida, alle volte mi mette a dura prova.
Sapete che di solito non leggo recensioni dei libri che voglio leggere per non farmi influenzare; alle volte non leggo neanche le quarte di copertina. Ho voluto fare un gioco: ho scritto le mie impressioni a ruota libera e poi mi sono documentata. E' stato interessante per me farlo.

«Ho appena finito di leggere “N-W” di Zadie Smith... Non so, mi sfugge qualcosa. Ci devo pensare. Cosa voleva dire l'autrice? Ci sono tre personaggi principali, cresciuti nello stesso quartiere di Londra. Ma la storia si interrompe, vorrei sapere come va a finire. Lo so che non è importante sapere il finale, che lo scrittore può scegliere di mostrare solo un attimo nella vita dei propri personaggi, però in questo caso, con i segreti che custodiscono, non può interrompere la storia così. Ha fatto lo sforzo di narrare le loro vite da quando erano bambini; hai fatto 30, fai 31. Sento il bisogno di una epifania. Non lo so, ci devo pensare».

Questo grosso modo il mio sproloquio. Poi ho letto la quarta di copertina e ho scoperto che i personaggi principali sono quattro. Quattro? Ma davvero? Mi sa che uno, per come la vedo io, non le è riuscito tanto bene perché lo consideravo secondario... (io non sono nessuno, lo so)
Ho letto un paio di recensioni scovate per caso su internet grazie a Google e, chi più chi meno, tutte sottolineano il suo essere un romanzo di epica metropolitana, un ritratto della nostra contemporaneità, ecc. Alla fine, nessuna analisi mi ha illuminata particolarmente. Ma non ho gettato la spugna, il mio pensiero continuava a ritornare sui tre protagonisti che mi avevano colpito maggiormente; non so perché, ma sentivo che dovevo trovare un punto di incontro tra loro. Cresciuti nello stesso quartiere, ognuno a proprio modo aveva cercato di rifarsi una vita, di tagliare con il proprio passato, cancellare le proprio radici. Nessuno di loro ci era riuscito pienamente. Dove avevano sbagliato? E qui (sempre secondo il mio ragionamento) ho fatto centro. Non avevano rinnegato solo le loro origini, ma la loro stessa natura e così si erano condannati al fallimento. Ho avuto il mio finale.

Per prima cosa il codardo abbandona sempre se stesso.
Cormac McCarthy

domenica 3 luglio 2011

Il mezzo instabile

Il vero motivo per cui leggo è che voglio sentirmi meno sola, creare un legame con una coscienza diversa dalla mia. A questo scopo mi ritrovo a investire una cauta dose di fiducia nella difficile partnership fra lettore e scrittore, in quel tacito sforzo di rivelare un'esperienza individuale del mondo tramite il mezzo instabile del linguaggio. Non un rifiuto, dunque, ma una continua ricerca del significato.

Zadie Smith


venerdì 6 maggio 2011

La ricerca del significato

Ho impiegato un po' di tempo a capire che cosa non mi sia piaciuto della raccolta di saggi “Cambiare idea” di Zadie Smith e questa è l'unica spiegazione che sono riuscita a darmi: è stato un libro difficile, non sempre chiaro. Credo che uno scrittore, anzi chiunque si accinga a scrivere un saggio, dovrebbe cercare di rendere comprensibile l'argomento che affronta anche e soprattutto a chi non ne sa nulla al riguardo.
Uno dei consigli migliori che mi ha dato mia madre quando ero una studentessa è stato: «Parla e scrivi come se dovessi farti comprendere da tutti, non solo dal professore a cui ti rivolgi. Quindi semplicità, chiarezza e non dare mai nulla per scontato». Non mi vergogno di scrivere che spesso ho faticato a seguire i ragionamenti di Zadie Smith. Ho trovato il sentiero delle sue riflessioni non ben tracciato, mi è capitato spesso di perdermi e di dover tornare indietro sui miei passi, con la conseguenza di essermi sentita frustrata e di essermi annoiata.
Ciò non significa che sia un libro che non vada letto, anzi rappresenta la lettura per antonomasia secondo Zadie Smith, l'unica che valga la pena di essere compiuta, quella che è:

una continua ricerca del significato.