lunedì 7 settembre 2015

Safe up here

La critica non è scienza: non mi aspetto che i critici separino le loro emozioni da quello che recensiscono.

David Foster Wallace
Quando ho letto questa frase ho tirato un sospiro di sollievo; se è giusto aspettarsi dai critici un coinvolgimento emotivo, ancora di più è lecito per me che critico non sono. Ogni volta che mi accingo a scrivere di un libro che ho letto sono sempre in dubbio se aggiungere un breve riassunto della trama ad uso e consumo di chi mi legge perché a me, detto in parole povere, non me ne frega niente di farlo. Quando scrivo di un libro quello che voglio mettere nero su bianco, quello che voglio ricordare, soprattutto a me stessa, sono le emozioni che mi ha trasmesso. Mi rendo conto però che spesso sono un po' criptica... Ora però posso affermare di scrivere sull'onda dell'emozione!
Di “Colomba” di Dacia Maraini, ad esempio, mi sono piaciute molte cose: come fosse incentrato soprattutto sui personaggi femminili, come fosse intrigante leggere le avventure di queste donne più o meno imparentate e come fosse interessante venire a conoscenza di come si vivesse tempo addietro sui monti dell'Abruzzo.
Quello però che mi ha regalato un brivido dietro la schiena, alcune sere mi ha pure fatto un po' paura, è stato seguire la nonna di Colomba, Zaira, mentre vagava da sola per le montagne alla ricerca della nipote. Con qualsiasi tempo, pioggia, neve, nebbia, freddo, sole, seguivo questa anziana signora inerpicarsi per sentieri, tra rocce, rovi, burroni e guadi. Lei senza paura, perché il desiderio di trovare la nipote era più forte di ogni timore, io col fiato sospeso, terrorizzata potesse capitarle qualcosa o potesse fare un brutto incontro.
A regalarmi le emozioni più forti era, però, immaginare di essere io là, nel bosco, da sola: un misto tra repulsione e forte desiderio. Sparire, non farmi trovare mai più, scappare, non lasciare traccia di me, essere sola, non dover pensare ad altro che a me stessa, superare il confine tra l'essere al sicuro e il pericolo, ciò che sono io e l'estraneo, tra l'ambivalenza di ciò che sono e quello che potrei essere. E questa possibilità di essere altro da te è il regalo più bello che ti possa fare un libro.
We live on a mountain
Right at the top
There's a beautiful view
From the top of the mountain
Every morning I walk towards the edge
And throw little things off
Like car-parts,
Bottles and cutlery
Or whatever I find lying around
It's become a habit
A way to start the day

I go through all this
Before you wake up
So I can feel happier
To be safe up here with you

It's early morning
No-one is awake
I'm back at my cliff
Still throwing things off
I listen to the sounds they make
On their way down
I follow with my eyes 'til they crash
Imagine what my body would sound like
Slamming against those rocks
When it lands
Will my eyes
Be closed or open?

I go through all this
Before you wake up
So I can feel happier
To be safe up here with you
Bjork



5 commenti:

  1. wow!
    tu dovresti scrivere con noi su Zebuk, sarebbe bello! :)
    Mi hai convinta, lo cerco subito. Di questo deve vivere l'uomo, di emozioni!

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    1. Non conscevo Zebuk, grazie per avermelo fatto conoscere! Vi verrò a trovare, sullo scrivere però non garantisco, ho già così poco tempo per farlo qui sul blog.

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    2. È che trasmetti sentimenti con poche parole, non è cosa da tutti. Ma questo lo sai... :)

      p.s.: della musica non so dire, ma David Foster Wallace mi ispira... ;)

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  2. Hai citato una delle mie canzoni preferite e mi hai fatto venire voglia di leggere il libro perciò direi che hai fatto centro! :*

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    1. Grazie Nina! (Ma sai che non pensavo mi leggessi? A me manca leggere te... :-) )
      ADORO Bjork!

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