lunedì 24 novembre 2014

Farebbe una qualche differenza?


Non sono molto coraggiosa in merito all'acquisto di libri. Solitamente pondero molto bene che cosa comprare e che cosa no e mi limito. In biblioteca mi lascio andare un po' di più, male che vada il libro lo posso rendere senza averlo letto ma, avendo meno tempo per andarci, ultimamente cerco di fare in modo di portare a casa qualcosa che mi piacerà di sicuro, pena rimanere senza nulla da leggere per chissà quanto tempo.
Quest'ultimo libro però era stato regalato a mio marito e l'ho scelto proprio perché non avevo la più pallida idea a cosa sarei andata incontro: sconosciuto, per me, l'autore, mai sentito nominare il titolo, nessuno accenno chiaro sulla trama nella quarta di copertina. Un salto nel buio!
E' stata una piacevole sorpresa e ora che l'ho finito capisco il perché esserci scritto poco o nulla della trama: è impossibile. Ci sono così tanti piani di lettura, vengono trattati così tanti argomenti, così tanti punti di vista, che ho il sospetto farei bene a rileggerlo, mi è sicuramente sfuggito qualcosa.
Mi limiterò a dirvi dove tutto ha inizio: Auschwitz.
All'università ho studiato letteratura tedesca e ho avuto modo di leggere diversi libri, memorie, testimonianze sull'argomento. “Il diario della caduta” di Michel Laub affronta l'olocausto da un punto di vista nuovo e davvero originale: il futuro. Quello di un nonno, un padre e un figlio. E il peso del passato, qualsiasi passato in fondo, su ognuno di noi. E il bisogno di ripartire da zero.

Mio nonno perse un fratello ad Auschwitz, e un altro fratello ad Auschwitz, e un terzo fratello ad Auschwitz, e il padre e la madre ad Auschwitz, e la fidanzata di allora ad Auschwitz, e almeno un cugino e una zia ad Auschwitz, e chissà quanti amici ad Auschwitz, quanti vicini, quanti colleghi di lavoro, quante persone che gli sarebbero più o meno vicine se non fosse stato l'unico a sopravvivere e a imbarcarsi per il Brasile e passare la vita senza mai nominare nessuno di loro...
Farebbe una qualche differenza se raccontassi come morirono i parenti di mio nonno, uno per uno?...
Farebbe una qualche differenza che i particolari che sto riferendo corrispondano a verità più di mezzo secolo dopo Auschwitz, quando nessuno sopporto più di sentirne parlare e perfino per me suona superato scrivere qualcosa in merito o queste cose hanno importanza solo per le implicazioni che hanno avuto nella vita delle persone intorno a me?

P.S. Le ultime due pagine di questo romanzo sono le parole più belle che mi sia mai capitato di leggere ultimamente, oltre che un bellissimo finale a sorpresa.


3 commenti:

  1. Interessante. Me lo segno per i prossimi acquisti!
    Grazie

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    Risposte
    1. Sono contenta di essere riuscita a incuriosirti. Mi rendevo conto, mentre scrivevo, di essere un po' criptica ma è necessario non svelare molto, secondo me.

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    2. e fai bene! Scoprire un libro è un vero delitto ma quando inizi a raccontare è difficile non cadere nello spoileraggio... quindi doppiamente brava!

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