domenica 27 maggio 2012

Nota armonica

Devo ringraziare mio fratello che, ogni tanto, riesce a convincermi ad abbandonare i binari sicuri delle mie letture e mi spinge ad avventurarmi in strade a me sconosciute. E' merito suo la mia lettura di “Interpretazione e creatività”; una sorta di intervista/conversazione tra l'attore e regista di teatro Toni Servillo e il giornalista Gianfranco Capitta.
Grazie a questo libro ho scoperto di avere una conoscenza superficiale di quello che significhi fare teatro. Di solito mi ci reco per andare ad assistere alla mia grande passione, la danza, più raramente un'opera teatrale. Se della prima, grazie anche a una “pratica” a livello amatoriale, ho avuto modo di farne una certa esperienza, per quanto riguarda la recitazione ho scoperto di non essermi mai davvero soffermata a riflettere e pensare su come funzioni.
Durante gli studi universitari ho letto parecchi testi teatrali, ma in questo caso ad avere il massimo rilievo era l'analisi del testo; la parte recitativa non veniva mai presa in considerazione e mi sono resa conto che la nozione che ne avevo era quella che mi aveva passato il cinema: imparare le battute a memoria, prove su prove fino al raggiungimento della perfezione, messa in scena.
Ma il cinema è una cosa, il teatro è un'altra; come dice Servillo: «Il cinema è del regista, il teatro è degli attori». Lui li paragona a gli strumenti di un'orchestra, che devono suonare insieme in armonia ma, nonostante le numerose prove, ogni esecuzione sarà diversa da quella precedente perché: «Il teatro è il frutto dell'incontro tra il testo, l'attore e il pubblico». Ecco una cosa che non avevo mai preso in considerazione: l'incontro con il testo. Un attore non si limita a imparare a memoria le battute, ma “legge” il testo, lo fa suo, una sua versione da consegnare al pubblico.

Il pubblico capisce perfettamente il modo in cui trattiamo il testo. Dal modo in cui lo esprimiamo capisce come lo trattiamo, dal modo in cui lo trattiamo capisce l'opinione che ne abbiamo... Nella mia lettura l'atteggiamento nei confronti del testo è comunicato esplicitamente al pubblico. Si tratta di un atteggiamento emotivo, che per il pubblico sta a significare l'idea che mi sono fatto di quel testo. E, ancora più, l'idea che me ne sto facendo mentre lo esprimo.

Credo che uno degli elementi fondamentali di una interpretazione creativa sia quello di fermarsi alla soglia del suggerimento. Suggerire qualcosa significa proprio condividere un pensiero in atto tra chi propone, il testo che sta in mezzo, e il pubblico che riceve... Il suggerimento alimenta una risonanza nel testo, quasi degli “armonici”: l'armonico, infatti, è quella nota che viene presa su uno strumento con una determinata tecnica che esprime l'incertezza che sta tra due note, cioè la possibilità che una nota mandi due suoni diversi.
Dovrò ricordarmelo la prossimo volta che andrò a teatro, di fare attenzione, di non lasciarmi sfuggire la nota.


3 commenti:

  1. Le logiche teatrali raramente sono in noi. Vanno alimentate. Il cinema e la Tv permettono un guardare, un ascoltare, più leggeri. Basta la parte più istintiva. Il teatro no. Il teatro, per essere "guardato", ha bisogno delle parti più emotive e conoscitive della nostra mente, che a sua volta necessitano di intensi percorsi "esperienzali". Per carità, tutti noi possiamo fruire del teatro, della danza, dell'arte, anche con leggerezza, ma è solo con l'acquisizione di tutti i significati e le simbologie, che potremo raggiungere la profondità.

    Pronto a stimolarti per un prossimo cambio di rotta!!!

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