lunedì 1 febbraio 2021

In punta di penna


Ho iniziato questo anno nuovo cercando la lettura di libri di cui sentivo il bisogno. Un po' come quando si hanno carenze alimentari e si prendono le vitamine. Mi sono rivolta agli scaffali dei libri ancora da leggere della mia libreria come di solito mi reco in farmacia con in mano la ricetta delle prescrizioni del medico della mutua.

Quel giorno sul foglio c'era scritto: sullo scrivere, perché è mia intenzione, in questo anno nuovo, dedicarmi di più all'atto dello scrivere, il blog e il mio diario. Se sono ormai pienamente consapevole che per scrivere non serve altro se non iniziare a farlo e che più scrivi più scriveresti, è anche vero che circondarsi di stimoli può dare una spinta. La scrittura poi e i libri su questo tema sono una delle mie due più grandi passioni, l'altra è Virginia Woolf, ed era davvero tanto tempo che non leggevo un libro che narrasse dello scrivere. 

In punto di penna. Riflessioni sull'arte della narrativa” a cura di Will Blythe è il primo di due volumi in cui sono raccolti i saggi di diversi scrittori e poeti che, ognuno a modo proprio, cercano di rispondere alla domanda “Perché scrivi?” e svelare così il mistero della creazione letteraria, come dice Richard Ford nel suo “Da dove viene la scrittura?”:

...la volubile convinzione, diffusa tra le molte persone che non sono scrittori, che gli scrittori siano gente speciale, officianti di un rito sacro, in possesso di una spinta interiore cui sarebbe saggio tentare di accostarsi, per attingere furtivamente all'essenza di una possente vitalità.

E secondo il quale la forza dell'invenzione è l'unica che ci permette di coesistere con il caos di cui siamo circondati, la capacità salvifica, insita in ogni uomo, di immaginare un mondo migliore e, si spera, di provare a realizzarlo.

Per Terry McMillan, invece, scrivere è un atto di attenzione:

ai dettagli della vita quotidiana. Voglio essere una persona migliore. Voglio essere felice più spesso. Voglio sapere perché non lo sono, quando non lo sono. Questo è ciò che mi dona la scrittura.[...] La maggior parte di noi non pensa a quello che fa, ci limitiamo ad agire e reagire. La maggior parte di noi non riflette né si chiede quali siano i veri nodi delle nostre esistenze.

Scrivere mi aiuta a crescere... se riesco ad essere onesta sul serio – dannatamente onesta – scrivere mi fa aprire gli occhi.

Mary Gaitskill scrive un elenco di sei punti, il cui più importante di tutti è secondo me il primo: scrivere o raccontare è un bisogno basilare e fondamentale, un bisogno avvertito da tutti.

La breve risposta di Jayne Anne Phillips è stata quella che mi ha strappato una risata: Non lo so e spero di non scoprirlo.

Quella invece che mi ha commossa di più è quella di Tom Chiarella, all'interno di un lungo e articolato elenco di tutte le cose che non è in grado di fare, di tutti i suoi difetti e incapacità, ad un certo punto afferma: scrivo per riuscire a raccogliere il mondo. E se non scrivo, invece, quel mondo lo attraverso incespicando, e non riesco a fare altro.

Non so voi, ma è proprio quello che io non voglio fare: attraversare la vita incespicando.

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