lunedì 22 maggio 2017

Le colpe dei padri


Non mi sembra di esagerare se dico che non c'è torinese che non abbia almeno un padre, una madre, uno zio, una sorella, un cugino, un nonno, un parente insomma, che lavori o abbia lavorato nella Fiat o nell'indotto. Non sarebbe esistita la Fiat senza Torino e non esisterebbe Torino, com'è adesso, senza la Fiat; una One Company Town, una città che è stata plasmata da un'azienda, che ha visto quest'ultima determinare economia, composizione sociale, cultura urbanistica. Una città tenuta in pugno, ostaggio, di un'azienda, che poteva determinare le sorti di chi vi lavorava e vi abitava.
Se per la rubrica Turineisa ho scelto di leggere “Le colpe dei padri” di Alessandro Perissinotto, secondo classificato al Premio Strega nel 2013, e non il suo ultimo libro da poco pubblicato (questo, se vi interessa) è stato proprio per avere un racconto di tutto questo: di Torino e la Fiat, di qualcosa che in qualche modo mi appartiene, perché è qui che sono nata e cresciuta e tutte queste cose fanno parte della mio passato e del mio presente.
Questo libro narra la storia di Guido Marchisio, figlio della Torino bene, uomo arrivato, con una carriera in ascesa come dirigente di una multinazionale. Lo smantellamento che intraprenderà di quest'ultima, per conto dei vertici, farà da contraltare allo sgretolamento della sua vita personale, delle certezze su cui aveva sempre fatto affidamento. Chi è davvero Guido Marchisio? A fare da sfondo Torino e la sua industria, gli operai da una parte e i padroni dell'altra, che si fronteggiano e si scontrano, gli anni di piombo poi, le Brigate Rosse, la paura e la violenza.

...noi ci tenevamo all'azienda più di quanto ci tenessero i padroni; nessuno di quelli della mia età, ma anche di quelli più giovani, riuscirebbe a immaginare Mirafiori senza la Fiat Mirafiori... Tenevamo alla fabbrica, alle fabbriche, come alla nostra casa. Lo so che è difficile da credere, ma, appena finita la guerra, sono stati gli operai, di loro spontanea volontà, ad andare a togliere le mine che i tedeschi avevano messo negli stabilimenti.. io, nel '45 avevo ventitré anni e, malgrado avessi fatto il partigiano, quando si è trattato di sminare la Grandi Motori mi tremavano le mani, però l'ho fatto. L'ho fatto per Torino...

4 commenti:

  1. Segnato. Credo sarà un bel regalo per mio nonno, ex quadro FIAT. Grazie per l'idea.

    Alice
    Ps: dobbiamo organizzare per vederci!

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    1. Credo anch'io, avendo vissuto quelle vicende in prima persona, per tuo nonno sarà un bel tuffo nel passato.
      Dobbiamo vederci, sì, l'ho sempre detto! :-P

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  2. L'ho letto (un po' come mi sta capitando ultimamente con i consigli della Turineisa che vive con me....eheh) e mi è piaciuto molto.
    Alla fine anche io dopo un po' di peregrinare sono finito nel mondo della Fiat, o come la chiamiamo adesso Fiat Chrysler Automobiles) e non posso non essermi immaginato cosa era questa azienda negli anni 60/70 per la città di Torino.
    E' come scrivi tu, una coesione di destini, un fiorire ed appassire l'un l'altro a seconda delle vicissitudini. E poi la gente, quegli operai, quegli impiegati e quei capi (oggi li chiamiamo manager) che vanno a vivere in quartieri diversi a seconda dello status.
    Quanta Torino viene fuori da questo libro. Anche oggi i quartieri dicono chi sei e che lavoro fai. Per fortuna ancora oggi ci sono eccezioni, ma la Falchera, Barriera di Milano, le Vallette, etc sono ancora quartieri visti con il naso un po' storto da molti.
    Questo libro mi è piaciuto molto, ti mette voglia di sapere cosa succede all'azienda, ma soprattutto alla vita di Guido.
    Grazie per il suggerimento e alla prossima
    Silvio

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