mercoledì 23 dicembre 2020

Nel presente


Gli iscritti alla mia newsletter “Tra le righe” hanno già ricevuto in anteprima i miei auguri di Natale.

Questo brano, trascritto tempo fa, mi è capitato sotto gli occhi per caso e l'ho trovato così “mio”; ci sono le parole, la vita immersa nelle parole e il presente, dove mi sto esercitando a vivere e dove ti auguro di abitare per il prossimo anno e quelli a venire.

Non aggiungo altro, con affetto,

Francesca

Nessuna parola può venire scritta senza prima essere stata vista, e prima di trovare la strada fino alla pagina dev'essere stata parte del corpo, una presenza fisica con cui si è vissuti proprio come viviamo con il nostro cuore, lo stomaco, il cervello. La memoria, quindi, non tanto come passato che racchiudiamo in noi, ma come prova del nostro vivere nel presente. Se un uomo vuole essere davvero presente fra le cose che lo circondano, non deve pensare a se stesso, ma a quello che vede. Deve dimenticare se stesso per essere lì; e da questo oblio nasce il potere della memoria. È un modo di vivere la propria vita affinché nulla vada mai perduto.

Paul Auster

martedì 10 novembre 2020

Il sogno americano in tre libri più uno

Vi confesso un mio guilty pleasure, iniziato questa estate: quando mi sento stanca e ho bisogno di staccare un po' dalla vita prendo l'I-pad, metto le cuffie e guardo una puntata di “Keeping up with the Kardashian” su Amazon Prime, un reality in cui Kim Kardashian e la sua famiglia aprono le porte della loro casa e vita. Non mi è ancora ben chiaro che cosa sia ad attirarmi e che cosa mi spinga a guardarlo, sono così lontani dal mio mondo e dal mio modo di essere. Sebbene sovente la percezione che molto di quello che accade sia costruito, mi affascina però vedere che cosa hanno deciso di raccontare e come. Se ci pensate tutti noi siamo una continua narrazione di noi stessi e di quello che ci accade, come decidiamo di interpretarlo, come lo facciamo diventare storia e come quello che siamo sia fondato proprio su questi racconti.

Perché la favola americana è tra quelle che ci cattura più di tutte? Così come nei Kardashian, i temi su cui gli americani basano la loro narrazione sono sovente due: la famiglia e il lavoro. La prima è il punto di partenza da cui ogni singola persona prende l'avvio per avverare, attraverso il lavoro, il famoso American Dream. Sono grandi sostenitori dell'indipendenza del singolo, nel nostro immaginario li vediamo partire per andare all'università e da lì realizzare i loro sogni, o meglio, Il Sogno.

Attraverso il cinema e Hollywood questa ricerca spietata del sogno è arrivata fino a noi e il suo magnetismo non si è mai affievolito, se non forse negli ultimi tempi, quando abbiamo incominciato a vedere delle incrinature, a capire che gli americani e l'America non sono solo un unico popolo, ma un vasto territorio e una moltitudine di persone. I sogni però sono duri a morire...

Ecco allora qui di seguito tre romanzi vecchiotti, in cui l'American Dream era nel pieno del fulgore, più un libro italianissimo.

Irwin Shaw “Povero ricco”

Una saga familiare che vede per protagonisti i tre fratelli Jordache: Rudolph, diligente e studioso, seguace del vangelo americano dell'efficienza; Gretchen che sfrutta la propria femminilità per farsi strada nella vita; e infine Thomas che si fa largo a pugni prima nella strada e poi sul ring. Ciascuno insegue il proprio sogno di felicità, illuso e sconfitto di continuo, ma ostinato a far vivere il “sogno americano”, l'idea che si possa democraticamente scalare le vette del potere e riempire la propria vita con la ricchezza e gli agi.

Sloan Wilson “Scandalo al sole”

Un altro motore del sogno americano? L'amore e il matrimonio. Proibito, contrastato, tra classi sociali differenti, per soldi o riparatore. Due coppie e i rispettivi figli si ritrovano a distanza di venti anni, tra passioni che nascono, fuochi sopiti che riprendono forza, un'isola deserta e selvaggia a fare da sfondo. L'amore trionferà?

Pat Conroy “Il principe delle maree”

Molti forse conosceranno il film, che invece io non ho visto. Il protagonista di questo libro è il profondo Sud Carolina. Narrato in prima persona da Tom, il maggiore di tre fratelli, tra un continuo flash back e un presente newyorkese, conosciamo la triste storia della famiglia Wingo e come il silenzio sia spesso la più profonda delle ferite.

Mario Soldati “America primo amore”

In questo libro scopriamo un giovane Soldati non immune dal grande sogno americano, che sbarca dopo una lunga traversata per mare, a New York e vede infrangersi tutte le sue fantasie al contatto con una realtà ben diversa. L'autore paragona il suo amore per gli Stati Uniti a quello per un'amante, che non diventerà mai moglie, “e la realtà che stringe, la ama come se non la stringesse: con la semplicità negata a qualunque possesso, e unica del desiderio.” Un po' reportage, un po' diario di viaggio, un po' romanzo, un libro su cui l'autore è tornato più volte nel corse di quarant'anni, proprio come un sogno che non si riesce a smettere di sognare.

martedì 20 ottobre 2020

Non giocare

*Nel post “Le infinite possibilità” vi raccontavo del percorso iniziato questa estate. Qui di seguito scrivo di uno dei primi passi che ho fatto per compiere questo cambiamento.


The only way to win a mind game? Don't play.”

Mel Robbins

Che cos'è un mind game? Sono tutte quelle azioni o frasi che mettiamo in atto verso qualcuno per portare una situazione a nostro vantaggio. Lo facciamo tutti, frequentemente e spesso senza rendercene conto e non sempre con cattiveria. Tutte le volte che ci troviamo di fronte a qualcuno che non la pensa come noi o vogliamo che agisca in un certo modo; lo facciamo con i figli, i compagni di vita, gli amici, il negoziante da cui vogliamo ottenere uno sconto.

Alcuni mind game sono passeggeri e si limitano ad una precisa situazione, alcuni diventano abitudinari e altri sfociano in patologie, come nei narcisisti, che sono campioni mondiali.

Sarà capitato anche a voi di iniziare una discussione e rendervi conto che alla fine non state più litigando per il motivo iniziale, anzi magari l'avete pure dimenticato, e concludete con il rinfacciarvi ancora ed ancora sempre le stesse cose, al punto che potete prevedere le risposte della persona che vi sta di fronte perché le sapete a memoria (anche le vostre reazioni sono sempre le stesse).

Ad un certo punto però questa estate sono arrivata al punto di essere stanca e provata da queste discussioni sempre uguali, sempre fini a se stesse, anzi senza fine e ho deciso che non volevo più continuare in quel modo. C'era solo un piccolo particolare: non sapevo come.

Sono sempre stata una persona impulsiva, pronta a sentirmi punta sul vivo, dall'animo che si scalda facilmente e il tono di voce che si alza immediatamente. Ma sono anche una persona sensibile, che soffre tremendamente per questi scontri e, paradossalmente, crescendo la cosa è andata peggiorando con la conseguenza di: notti insonni, tachicardia, stress fisico e mentale. Per il mio bene dovevo fare qualcosa e, non sapendo cosa, ho iniziato con lo stare zitta.

È stato strano all'inizio, ma questo mi ha permesso come per magia di fare quel passo indietro e vedere i trabocchetti, i trucchi del prestigiatore, quei mind game che le persone mettono in atto senza neanche rendersene conto e mi ha impedito di cascarci ancora.

Informandomi e leggendo un po' in giro, ho scoperto che questo trucco gli psicologi lo chiamano soul distance: fisicamente sei presente, ma la tua anima, la parte più delicata e più sensibile di te, no, è in un luogo protetto dentro di te. Dal punto di vista pratico, significa fare un passo indietro, cercare di vedere la situazione da un punto di vista esterno e non reagire in modo impulsivo agli eventi. È una tecnica di autocontrollo, che ti permette anche di cambiare punto di vista nei confronti di una persona o una situazione, per guadagnarci in prospettiva. Non si impara dall'oggi al domani, cerco infatti di metterla in pratica ogni volta che mi accorgo che sto per ricadere negli stessi meccanismi del passato, anche nel mezzo di una discussione già avviata. Insomma, alle volte basta resistere all'urgenza di avere l'ultima parola.

Mai silenzio è stato più prezioso...

martedì 6 ottobre 2020

Sandro Veronesi

È andata così. Bisogna anche fidarsi di come s'inclina il mondo, ogni tanto.

Sandro Veronesi


Se devo pensare a un libro o a un autore che rappresenti l'estate che si è appena conclusa, quella di quest'anno sarebbe sicuramente l'estate in cui ho letto Sandro Veronesi.

Complice una “libreria” a cielo aperto, in un santuario in montagna, che vende libri usati a un euro l'uno e un secondo premio Strega appena conquistato, sia io che mio marito ci siamo contemporaneamente accinti alla lettura dello stesso autore, scambiandoci libro, Kindle e impressioni.

Caos Calmo”

Protagonista un uomo poco più che quarantenne, Pietro Paladini, un ottimo lavoro, una compagna e una figlia di dieci anni, durante un'estate al mare vede la sua vita sconvolgersi e decide, una volta tornato in città, di rimanere tutti i giorni, dopo averla accompagnata, fuori dalla scuola della figlia in attesa della sua uscita. Questo gesto strano, visto da chi lo conosce quasi con accondiscendenza in considerazione di quello che gli è capitato, diventa però un punto fermo per le vite di molti. Pietro, che ha avuto il coraggio di fermarsi, sembra incarnare una qualche forma di saggezza e la gente, presa come è dalla vita frenetica, inizia a fargli visita, a raccontargli le proprie pene, condividere racconti della propria vita, a chiedere consigli. Come se Pietro, in questa sua improvvisa staticità, mentre tutti si affannano da una parte all'altra, fosse diventato padrone del tempo e conoscesse tutte le risposte.

In questa attesa di Pietro si compie una verità: l'accettazione della natura umana.

Il colibrì”

Ancora un uomo protagonista assoluto di questo secondo Premio Strega. Avendolo letto di seguito al primo, ho come avuto l'impressione che l'autore abbia voluto allargare lo sguardo e raccontare, invece di un singolo episodio, tutta un'esistenza intera, riprendendo in mano il tema centrale: il cercare di rimanere fermi, saldi, nonostante i colpi inferti dalla vita. La parola infatti che ho avuto in mente durante tutta la lettura è stata: resilienza. Marco Carrera, il protagonista del libro, non è risparmiato da lutti, tragedie, perdite atroci e amori impossibili, eppure cercherà sempre di rimanere in equilibrio, perché sopravvivere non significhi vivere meno. Perché come dice l'epigrafe, la stessa, che apre entrambi i libri:

Non posso continuare. Continuerò.

Samuel Beckett

 

venerdì 25 settembre 2020

Le infinite possibilità

È stata un'estate complicata, piena di tante, troppe notti insonni. Sono stata male, mentalmente ed emotivamente e questo, inevitabilmente, si è ripercosso sul mio fisico e il mio stato di salute.

Ma è anche stata un'estate ricca di rivelazioni, su di me e alcune dinamiche che metto in atto, sul rapporto che ho con me stessa e con gli altri. È come se fossi riuscita per la prima volta a leggermi profondamente dentro, a vedermi da lontano, parte di un insieme. Non tutto quello che ho visto e vissuto mi è piaciuto ma, per la prima volta, non ho subito passivamente. Non solo ho realizzato che qualcosa andava cambiato, non mi sono limitata a lamentarmi come facevo di solito, ho incominciato a cercare il cambiamento. Cerco, proprio così, perché non so bene dove andare, come fare, ma non sto ferma, ci provo. Il mio obiettivo è me stessa e il mio stare bene. Sano egoismo, lo chiamano.

Non sono mai stata così propositiva e determinata. Di solito mi concentravo sui miei difetti per giudicarmi senza alcuna pietà, per la prima volta questa estate non li ho visto come parti granitiche di me da accettare passivamente, ma come qualcosa che dovevo e potevo cambiare. Non mi sono depressa per come sono, non mi sono sentita mancare la terra sotto ai piedi per la perdita di alcune certezze nel momento in cui ho deciso di abbandonare la vecchia me, senza sapere verso quale nuova me mi sarei incamminata. Tutto quello che ho sentito e sento è la forza, immensa, delle infinite possibilità. Posso fare ed essere ciò che voglio. Il futuro non è mai stato così bello.

Non è facile. Quando intraprendi questo tipo di cammino le persone intorno a te si ribellano: non ti riconoscono più e rivogliono indietro la vecchia te, anche con tutti i tuoi difetti. Ci vuole molta forza di volontà, molte energie, tanta concentrazione per non perdere di vista l'obiettivo e non cedere al canto delle sirene, che ti riporterebbero indietro. Sono in mezzo al mare, in mezzo alla tempesta, ma ho saldo il timone e lo sguardo rivolto in avanti.

In tutto questo ne ha risentito anche il blog, questo luogo faceva parte, una parte molto importante e bella, della mia vecchia me. Vorrei portarlo con me, ma non ho ancora capito come. Sento che se continuassi a scriverlo come facevo prima, sarebbe un freno, un legame col passato che io invece voglio lasciarmi alle spalle. Inoltre, da quando ho smesso di scriverlo, ho iniziato a tenere un diario, segno inequivocabile che non riesco a stare senza mettere i miei pensieri nero su bianco. Il diario però è più intimo, scrivo solo per me, non ci sono filtri e questo mi permette di raggiungere livelli di chiarezza altissimi. In questo momento ho bisogno di scrivere un diario.

Perché vi racconto tutto questo? Per riprendere un dialogo, per mantenere un contatto, perché alcuni di voi su Instagram mi hanno detto che gli manca il blog e mi hanno resa felice dicendomelo, perché mi manca condividere le mie letture (tra l'altro, quando scrivo dei libri che leggo poi me li ricordo meglio), perché quando si intraprende un viaggio si fanno le valige e si sceglie che cosa portare via con sé, e io vi voglio portare con me; mi avete tenuto compagnia in tante avventure (anche e soprattutto in quelle brutte) e siete stati ottimi compagni di viaggio.

L'intenzione c'è, la buona volontà anche, ora non mi rimane che mettere in pratica.

Si crede che, quando una cosa finisce, un'altra ricomincia immediatamente. No. Tra le due cose, c'è lo scompiglio.

Marguerite Duras

 

giovedì 14 maggio 2020

Il mio programma del Salone del Libro 2020


Tutti abbiamo avuto “il momento”, l'attimo in cui abbiamo capito che la situazione era davvero seria, che la storia del Covid non era una cosa passeggera, qualche giorno a casa e poi si ritorna alla vita normale. Il mio momento è stato quando hanno ufficializzato che quest'anno il Salone Internazionale del Libro di Torino non ci sarebbe stato. Ricordo di aver guardato sconsolata mio marito, con le lacrime che spuntavano dagli occhi e lui che mi diceva «Ma davvero pensavi si sarebbe tenuto?». Ho ciondolato tutto il giorno presa dallo sconforto.
I giorni sono passati, la tristezza anche, e ho pensato a un mio modo per celebrare comunque il Salone (ve lo racconterò prossimamente). Sono contenta che anche quelli del Salone non abbiano ceduto allo sconforto e abbiano pensato di far incontrare gli amanti della fiera e dei libri. Qualcuno ha avuto da ridire (c'è sempre qualcuno che ha qualcosa da ridire, che vita triste questi eterni scontenti), ma io sono piemontese e noi diciamo mej che nient, meglio che niente.
Come ormai da tradizione, eccomi quindi a condividere con voi il mio programma del Salone del libro, gli appuntamenti che, tra tutti, hanno attirato la mia attenzione e che cercherò di seguire. QUI trovate il programma completo (al momento in cui scrivo il programma di domenica è ancora in divenire, ecco perché non ho segnato nulla.) Ho anche aggiunto il link ai titoli dei libri, se siete curiosi di sapere qualcosa in più.

Giovedì 14 maggio

19:00 Ad aprire l'edizione di questo Salone Extra, così è stato battezzato, sarà Alessandro Barbieri che interrogherà la Storia con “Conseguenze inattese”.

Venerdì 15 maggio

12:05 Alice Keller e Veronica Truttero leggeranno e parleranno del “Le disavventure del Barone Von Trutt” edito da Sinnos.

13:55 Anselmo Roveda racconta “Atlante delle avventure e dei viaggi per terra e per mare” edito da EDT-Giralangolo.

17:30 Annie Ernaux in dialogo con il suo traduttore Lorenzo Flabbi.

19:30 Francesco Piccolo leggerà in anteprima un estratto dal suo nuovo libro “Momenti trascurabili vol.3” edito da Einaudi.

Sabato 16 maggio

10:05 Roberto Arduino e Ottavio Fatica si confrontano sulla nuova traduzione de “Il Signore degli anelli” edita da Bompiani.

10:40 Ocean Vuong, autore di “Brevemente risplendiamo sulla terra”, edito da La nave di Teseo, conversa con Claudia Durastanti sull'identità e sulle trasformazioni possibili all'interno di una vita e di come queste possano avvenire anche attraverso il lessico, quello familiare e quello che ci proietta nel mondo.

12:25 Lucia Sorbera in dialogo con Hoda Barakat, autrice di “Corriere di notte”, edito da La nave di Teseo.

16:40 Salman Rushdie parla del suo ultimo romanzo “Quichotte”, edito da Mondadori, con Paolo Bertinetti.

17:30 Paolo Cognetti in dialogo con Gabrielle Filteau-Chiba sul tema dell'incontro tra il bosco e il sé.

19:45 Nadia Fusini ci accompagna metaforicamente nella stanza di Virginia Woolf.

Mai come ora abbiamo bisogno di continuare a credere nel futuro e i libri sono un valido aiuto per immaginarlo. Ci “vediamo” online.

lunedì 4 maggio 2020

I libri che non vi ho detto 4 - Famiglia


Col rischio, direi quasi certezza, di ripetermi, i libri per me non sono solo fonte di svago e intrattenimento, ma anche un modo per cercare delle risposte o, ancora più corretto, una visione delle cose, magari e soprattutto diversa dalla mia; un punto di vista, una sfumatura, o le parole che a me non vengono per descrivere qualcosa che sto vivendo. È raro che un libro mi deluda, al massimo mi annoia, però riesce sempre a farmi riflettere e a farmi sentire in qualche modo arricchita.
Trovo utili i post che consigliano libri in base a un tema e ho pensato così di proporvi, in questo periodo difficile, obbligati a stare chiusi nelle nostre case, lontani e vicini dai nostri cari, tre libri che, ognuno a modo proprio, parlano di genitori, figli e famiglia.

Natalia Ginzburg “Famiglia”

È un'autrice che sto (ri)scoprendo recentemente e mi piace davvero molto la sua scrittura: asciutta, precisa e sbrigativa, come una madre che non ha tempo da perdere perché è molto impegnata a star dietro a lavoro e famiglia. Spesso, inoltre, le vicende che narra sono autobiografiche. Non è il caso di questi due lunghi racconti, quello che da il titolo al libro e “Borghesia”. Vicende di smarrimento e di crisi che hanno per protagonisti due nuclei familiari della Roma degli anni settanta. Natalia Ginzburg racconta di antieroi, sempre sul punto di uscire dal torpore che li avvolge.

Richard Ford “Tra loro”

Titolo bellissimo che descrive in due parole come possiamo sentirci noi figli nei confronti dei nostri genitori, che diventano tali solo dopo il nostro arrivo e che quel tempo “prima”, quando erano solo una coppia, rimane sempre un po' un mistero. Richard Ford cerca di ricostruire quel prima, scrivendo un ritratto per ognuno dei genitori, sottolineando così l'importanza del singolo all'interno della diade madre-padre.
... sono stato un ragazzo cresciuto da due persone molto diverse tra loro, ognuna delle quali aveva da inculcarmi una prospettiva separata, si sforzava di agire di concerto con l'altra e possedeva due dei quattro occhi attraverso i quali io cercavo di vedere il mondo.
Paul Auster “L'invenzione della solitudine”

L'improvvisa morte del padre mette di fronte l'autore ad un altrettanto improvviso bisogno di mettere per scritto la vita di questo uomo schivo e solitario. Un viaggio sul viale dei ricordi, un ritratto di famiglia e una commossa riflessione sulla difficoltà di essere figli e padri. Un doloroso quadro di un rapporto mai davvero esistito, di uomo che aveva sempre rifuggito qualsiasi tipo di contatto, un individuo che non ha lasciato tracce.
Era un uomo invisibile nel senso più profondo e più concreto: invisibile agli altri, e molto probabilmente anche a se stesso. Se da vivo continuavo a sondarlo cercando in lui il padre che non c'era, sento ancora il bisogno di cercarlo da morto. La sua morte non ha cambiato nulla. L'unica differenza è che mi manca il tempo.
Mi auguro di avervi incuriosito, spinto alla lettura di uno di questi volumi e che nascano riflessioni se non epifanie su di voi e la vostra, di famiglia.
Se vi piacciono questi post di libri a tema, non esitate a chiedermi un argomento, sarò felice di cercare delle letture da consigliarvi.

martedì 21 aprile 2020

Ancora Virginia


Ho finito di leggere da poco un libro riguardante Virginia Woolf e, avendone letti altri di cui non vi ho ancora parlato, ho pensato di raccoglierli tutti insieme in un unico post.
Ho notato che la mia conoscenza sulla materia Virginia Woolf si è molto ampliata in quest'ultimo periodo e mi sono data questa spiegazione, oltre al fatto che ho letto molto su di lei: si è trattato di libri scritti da persone che l'hanno conosciuta di persona, o i loro familiari, e che, per questo motivo, hanno una voce in qualche modo più veritiera, meno accademica e teorica. Inutile aggiungere che ne sono più innamorata e affascinata che mai.

Leonard Woolf “La mia vita con Virginia” ed. Lindau

Chi può conoscerla meglio del marito che ha vissuto per molti anni a stretto contatto con lei e che di lei si è preso cura a 360°? Avevo già fatto la conoscenza di Leonard Woolf scrittore quando avevo letto “La morte di Virginia” (QUI) e anche in questo volume si conferma un bravissimo narratore. Forse tende a dilungarsi e a divagare un po', ma è bravissimo a tracciare un preciso racconto di che cosa è stata la loro vita insieme. Fornisce inoltre preziose informazioni su che cosa significhi guadagnarsi da vivere come scrittore e come editore, sia dal punto di vista pratico che economico. E poi che vita culturalmente entusiasmante che hanno vissuto!
Non vi nascondo che sto prendendo in considerazione di leggere la sua autobiografia.
Né lei né io ci siamo mai presi una giornata di vacanza, a meno che non fossimo malati o non partissimo per una vacanza vera e propria, per così dire autorizzata. Ci sarebbe sembrato non solo sbagliato, ma addirittura spiacevole non lavorare ogni mattina, per sette giorni la settimana e per circa undici mesi l'anno. Tutte le mattine, dopo colazione, verso le nove e mezza, ce ne andavamo entrambi a «lavorare» - come spinti da un imperativo inderogabile - fino all'ora di pranzo, all'una. È sorprendente quanto si può produrre in un anno, si tratti di ciambelle o di libri, di pentole o di quadri, se si lavora con impegno e professionalità, per tre ore e mezzo ogni giorno, per 330 giorni. Ecco perché, nonostante tutti i suoi problemi, Virginia riuscì a scrivere così tanto.
Nino Strachey “Stanze tutte per sé” ed. L'ippocampo

Questo libro l'ho nominato già diverso volte, ma non lo avevo ancora letto tutto dall'inizio alla fine. L'autrice, imparentata con la famiglia di Lytton Strachey, tra i fondatori del gruppo di Bloomsbury, è, tra le altre cose, a capo della ricerca per il National Trust. Che dire, se non che questo volume è davvero un gioiello, sia per le meravigliose fotografie al suo interno, ma anche per come racconta i proprietari attraverso le loro case; come hanno deciso di ristrutturarle, arredarle e decorarle, da chi si sono lasciati consigliare, le correnti artistiche che li hanno ispirati. E attraverso le mura che li hanno ospitati, il libro ci dona un nuovo sguardo sugli scrittori e artisti Eddy Sackville-West, Virginia Woolf e Vita Sackville-West.
Cercando qualche informazione sull'autrice, ho scoperto che è previsto per il 2021 il seguito, basato questa volta sulla seconda generazione di Bloomsbury. Non vedo l'ora di leggerlo!
Uniti da un intimo intreccio di rapporti umani e sociali, Eddy, Virginia e Vita crearono tra il Kent e l'East Sussex tre dimore che sfidavano le convenzioni dell'epoca.
V. Woolf, V. Sackville-West “Scrivi sempre a mezzanotte”, a cura di Elena Munafò, Donzelli Editore

Terminato di leggere “Stanze tutte per sé”, in cui veniva già ampiamente nominata l'amicizia tra Virginia Woolf e Vita Sackville-West, mi è venuto spontaneo approfondirla con questo libro, che ha un unico e importantissimo pregio: raccoglie in ordine cronologico il lungo epistolario di più di cinquecento lettere che le scrittrici e amanti si sono scambiate nel corso del tempo, fino all'ultima, di Virginia, pochi giorni prima che si togliesse la vita. Così disposte si ha il privilegio di assistere al botta e risposta, se così vogliamo chiamarlo, e a come da conoscenza, si trasforma in passione, per poi passare all'amore e all'amicizia. Un sodalizio lungo tutta una vita, un legame forte e generoso, che ha avuto influenza anche sulle loro opere letterarie (Vita era uno degli autori della Hogarth Press, la casa editrice di Virginia e Leonard Woolf). Pochi hanno la fortuna di vivere un'amicizia così, confesso di aver provato molta invidia.
, ho un milione di cose non tanto da dirti, quanto da rovesciarti addosso.
Insomma, se ancora non vi ho invogliato a leggere qualcosa di o su Virginia Woolf, non posso che prendermene tutta la colpa.

sabato 11 aprile 2020

La mia versione della storia


Sono diversi giorni che rifletto se scrivere, cosa scrivere, perché scrivere. Di solito, quando lo faccio, è perché sento una forte spinta e motivazione dentro di me, quel famoso qualcosa da dire. Mi rendo conto però che il periodo che stiamo vivendo è molto complesso, molto sfaccettato e che, soprattutto, non tutti lo stiamo vivendo allo stesso modo. Ci sono così tante variabili, così tante questioni e campi che vengono toccati, è veramente difficile prenderli in considerazione tutti, è impossibile fare un discorso generale che possa arrivare a tutti e che non ferisca nessuno.
Però è anche vero che io non l'ho mai fatto, e non ho neanche mai cercato di farlo; questo blog è il mio sguardo sul mondo, unico, soggettivo. Capita che qualcuno vi si riconosca, oppure che trovi uno spunto per provare anche lui a guardarlo in quel modo. Condividere il mio sguardo è l'unica cosa che posso e so fare.
Inizierei dal fatto che sono grata. Proprio così, sono immensamente grata. Mio marito ed io ce lo siamo detti più volte in questo periodo. Noi e i nostri cari stiamo tutti bene (e speriamo di continuare così), abbiamo una casa accogliente in cui ci sentiamo al sicuro, abbiamo la fortuna di avere un piccolo giardino dove stare all'aperto e un terrazzo su cui stiamo pranzando, facendo merenda, lavorando e facendo i compiti. Sembro l'unica ad essere preoccupata del fatto della solitudine di VV, perché anche se lei ammette di sentire la mancanza dei suoi coetanei, non l'ho mai vista così serena. Assistere poi alla magia della sua fantasia e dei lunghi giochi che si inventa da sola è bellissimo. È una bravissima studentessa e non vi nascondo che mi piace molto organizzare le sue ore di studio e trovare attività ed esercizi per approfondire gli argomenti e soddisfare la sua curiosità. Stiamo facendo finalmente i lavori di riparazione della casa che rimandavamo da troppo tempo e li stiamo facendo noi, trovando anche molta soddisfazione nel farli. Ci dilettiamo in cucina, guardiamo film, serie tv, leggiamo molto, guardiamo video di biblioteche o librerie che leggono albi illustrati.
Se pensate che mi stia vantando state interpretando male. Riconoscere le mie fortune è una forma di rispetto verso chi non le ha. La famosa frase “Quando siete felice fateci caso” di David Foster Wallace può essere declinata in vari modi, la gratitudine è una di questi. Questo tempo che stiamo trascorrendo insieme è un dono.
Non dimentico il contorno, non sono così ingenua o superficiale, così come non sono chiusa nella piccola bolla del mio mondo: ci sono i malati, ci sono i morti, c'è chi sta per perdere il lavoro e chi l'ha già perso. C'è mia madre a casa da sola, che sembra reagire bene, ma chi può davvero saperlo, magari mente, per non farci preoccupare.
E adesso tiro le fila. La cosa più assurda per me di questa situazione è che io l'ho già vissuta. Solo che ero l'unica ad essere malata, non il mondo intero. Credetemi quando vi dico che per me è pazzesco rivivere attraverso tutti voi, quello che ho passato io: la paura, la rabbia, l'impotenza, la mancanza di un futuro. Credetemi quando vi dico che, dalla mia esperienza, l'unica cosa che possiamo fare è fare del nostro meglio con quello che abbiamo. Credetemi quando vi dico che la stessa storia può essere raccontata in tanti modi e vi invito a cercare di vedere e raccontare il buono e il bello. Non abbiate paura del fatto che la vita non sarà mai più la stessa perché domani non è mai uguale a oggi e voi avete il potere di (provare a) renderlo migliore.
Ieri durante la cena ho chiesto a VV se le sarebbe piaciuto leggere un libro insieme e le ho suggerito di andare a sbirciare tra i miei libri di bambina/ragazzina. È tornata con “Piccole donne”. Alla veneranda età di 41 anni ho iniziato a leggere per la prima volta “Piccole donne” (l'avevo diverse volte preso in mano e poi abbandonato dopo poche pagine, lo trovavo noioso e sdolcinato).
Il primo capitolo si chiude con le quattro sorelle raggruppate attorno alla madre mentre legge la lettera del padre dal fronte di guerra; che si conclude così:
... ricorda loro che nell'attesa si possono compiere tanti lavoretti, così che molte giornate dolorose non saranno trascorse inutilmente.”
Questo il mio augurio per Pasqua: facciamo in modo che tutto questo dolore non sia stato inutile.

Vi abbraccio, Francesca

lunedì 23 marzo 2020

Passerà


Solitudine, impotenza, il sentirsi in balia degli eventi, la paura dell'ignoto, sentirsi privati della libertà e della quotidianità, non riuscire a pensare e lontanamente immaginare un futuro, avere paura di ammalarsi e di morire o che questo possa accadere a un proprio caro. Sono tutte sensazioni che immagino ognuno di noi, chi più chi meno, stia provando in questi giorni e che stanno rendendo complicato il trascorrere del tempo.
Anch'io ho i miei momenti no, ma molto meno, perché sono tutti sentimenti che ho già vissuto sulla mia pelle grazie, sarebbe più corretto dire a causa, della malattia. Questo momento storico che stiamo vivendo mi trova, in un certo senso, più preparata.
Vorrei esistesse una formula magica così da poterla condividere con voi, per aiutarvi a stare meglio ma, anche stendessi un decalogo in dieci punti, sarebbe solo la mia esperienza, quello che ho imparato dal momento in cui mi è stata diagnosticata la malattia, il ricovero in ospedale e poi la convalescenza.
Sono giorni e giorni che ci penso su che cosa potrei dirvi, che cosa potrei consigliarvi ma non mi viene in mente nulla, se non appunto quanto ho vissuto sulla mia pelle. E allora sono andata a ritroso nel mio blog, cercando i post più significativi, con la speranza che anche una sola semplice frase possa esservi di conforto, farvi sentire meno soli, darvi speranza, suggerirvi un nuovo punto di vista.


Se vi sentite in colpa per la rabbia e i sentimenti negativi che provate, oppure in colpa perché impotenti (può essere un lato positivo) leggete QUI.

Se vi sentite paralizzati, non riuscite a fare nulla e rimandate tutto a data da destinarsi, QUI vi spiego perché, se si può, è meglio non rimandare.

Se siete stanchi e annoiati da questa quotidianità, QUI vi racconto come cambiare il vostro sguardo.

QUI invece spiego quanto, paradossalmente, sia importante condividere il senso di solitudine.

La mente può essere la nostra peggiore nemica, QUI ho condiviso con voi tre trucchi che ho imparato per metterla a tacere.


Io ogni tanto mi rifugio nella bolla. L'ho chiamata così perché mi sento avvolta e protetta. Giorni in cui penso solo a me stessa, mio marito e mia figlia, i miei cari e non molto altro. Puoi svegliarti la mattina e andare a dormire senza sapere per forza il numero esatto di contagiati o morti. Puoi preoccuparti delle tue faccende quotidiane, che cosa cucinare per pranzo, quale film guardare dopo cena e nient'altro. Non c'è nulla di male a non essere informato per qualche tempo. Non fai del male nessuno, anzi ti proteggi se ti senti vulnerabile. Non abbiamo scelta e allora perché non isolarsi davvero, fino in fondo. Chissà che cosa si scopre.
Non sarai triste per sempre
per sempre
è l'unica cosa che dura per sempre.

Quando la volta del cielo notturno
si stende su di te
guardala
vedi l'oscurità e la vastità
della sua tristezza
tieni gli occhi fissi su di lei
osserva
il sole che si fa strada
guarda come persino lei, la grande e maestosa volta del cielo,
cambia con
il nuovo giorno.

Anche questo passerà.

Cleo Wade

sabato 14 marzo 2020

Il sassolino nella scarpa


Sta succedendo una cosa paradossale: per la prima volta gli altri vivono la mia vita e sono in difficoltà.
Non che io viva abitualmente relegata in casa senza vedere nessuno ma capita spesso, soprattutto nella brutta stagione, che la mia unica uscita giornaliera sia per andare a prendere VV a scuola e tornare subito a casa. E capita sovente che, fino a quell'unica uscita, io abbia trascorso il mio tempo in totale solitudine, escludendo le telefonate e i messaggi.
Tralasciamo la tristezza di non poter vedere i propri cari e le legittime preoccupazioni in merito alla salute (quelle le sto vivendo anch'io), tralasciamo anche il non poter fare commissioni e spese con la comodità del passato e facciamo finta di non vivere problemi lavorativi/economici, prendiamo solo in considerazione questo: una lunga giornata davanti a te da riempire.
Il popolo è nel panico.
Io sono stupefatta.
A quanto pare la vita che conduco è, per la maggior parte delle persone, difficile e io scopro di essere brava e piena di risorse. Sono sette anni che conduco questa vita, sta per concludersi la prima settimana per voi e non sapete più che cosa inventarvi.
Non parliamo poi del fatto di dover condividere questo tempo anche con i figli. Ho letto una newsletter in cui l'autrice scrive che anela alla normalità, cioè “...una vita in cui mio figlio trascorre le ore diurne con qualcuno di cui mi fido, che ho scelto con attenzione ma che non sono io...” e ho pensato: finalmente. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire la verità e mettere nero su bianco quello che ho sempre pensato: la maggior parte non ha voglia di crescere i figli e il lavoro è un'ottima scusa.
Sembra mi stia togliendo qualche sassolino dalla scarpa vero. Sembra...
Tutto questo per arrivare a dire che questa situazione è davvero un'occasione d'oro per imparare tante cose, su noi stessi e su gli altri. Fatene tesoro.

venerdì 14 febbraio 2020

Amore e ginnastica


Qual è il ricordo più dolce che avete di San Valentino?
Io quello di una ragazzina alle prese con le sue prime esperienze d'amore, anzi, sarebbe più corretto dire alle prese con l'assenza di queste ultime. Ricordo di come mi lamentassi in famiglia perché non piacevo a nessuno, nessuno era innamorato di me, tutte apparentemente avevano uno spasimante e io no. Tempi in cui tra l'amare e l'essere amata sceglievo sicuramente quest'ultimo, di quando l'amore era vissuto quasi come un riconoscimento e il fine ultimo era sbandierarlo e vantarsene con le amiche. Ma cosa avrei mai potuto raccontare il giorno dopo? Niente, come quello che avrei ricevuto io.
Giunto il tanto temuto giorno degli innamorati, di ritorno da scuola, dove non avevo ricevuto nulla ovviamente, trovai ad attendermi nella buca delle lettere un bigliettino. Riconobbi subito la scrittura e ricordo che pensai sorridendo “Non vale...”. E sorridente, anche un po' sardonico, trovai in casa ad aspettarmi il mittente: mio fratello maggiore. Non sono sicura infatti il suo intento fosse completamente privo di ironia (c'erano troppi love, love, love), ma ricordo il sorriso che mi regalò e la realizzazione del fatto che ero amata, anche se non da un fantomatico “fidanzatino”.


Una storia d'amore originale è quella che ho letto questa estate e che vi propongo oggi: “Amore e ginnastica” di un poco convenzionale Edmondo De Amicis.
Cosa avrà mai di speciale la signorina Pedani, insegnante di educazione fisica dal fisico atletico e il piglio mascolino? Uomini di ogni genere ed età, colleghi e studenti, cadano ai suoi piedi ma lei non sembra farci caso. Intrecci ginnici e mentali fino al finale più insospettato e meno prevedibile, quando la protagonista compierà la sua scelta. Una piccola chicca di humour ambientata principalmente in una piccola palazzina nel cuore di Torino, con una descrizione divertita del mondo scolastico, ben lontana da quella del libro “Cuore”, e una carrellata di personaggi non convenzionali; una storia divertente sulla natura dell'amore, fisico e non fisico. Per gli amanti di Admondo De Amicis, per scoprirlo in questa sua nuova veste: non a caso Italo Calvino volle includere questo racconto lungo, pubblicato dall'autore quasi clandestinamente, nei suoi “Centopagine” per rilanciare e svecchiare l'opinione su uno scrittore troppo a lungo considerato un pio trombone paternalista. Nel 1973 ne fu tratto anche un film.

Buona festa degli innamorati!

lunedì 3 febbraio 2020

Finestre di Manhattan


New York, volenti e nolenti, fa così parte delle nostre vite e del nostro immaginario che è difficile immaginare ci sia ancora qualcosa di nuovo da dire. Che ci sia stati oppure no, ci sembra di conoscerla come le nostre tasche e ascoltiamo dubbiosi, a tratti anche annoiati, chi vuole raccontarcela, illudendosi di poterci sorprendere. Figurarsi chi inizia il racconto affacciandosi a una finestra di un albergo qualunque e che da su un cortile interno: muri di mattoni neri di fuliggine, ventole di aerazione, molti piani sopra a nascondere il cielo.
Quella che racconta all'inizio di “Finestre di Manhattan” è la prima di molte notti che l'autore spagnolo, Antonio Muňoz Molina, trascorrerà nella grande mela. Ed è la prima delle molte finestre a cui si affaccerà e da cui racconterà questa enorme e instancabile città.
Lo farà anche passeggiando senza meta per le sue strade, dai battelli che portano in giro i turisti, in attesa alla fermata della metropolitana, in visita ai numerosi musei, seduto a un tavolino di un locale jazz, o in una poltrona di uno spettacolo a Broadway, il giorno del crollo delle Torri Gemelle.
Ci troverete tutti i cliché, tutti i luoghi più turistici di New York, tutto quello che avete immaginato o visto della città. Eppure ci troverete molto, ma molto di più. Lo sguardo profondo dell'autore, capace di far scaturire riflessioni sulla vita dalla più banale delle viste e di fotografare con le parole.
Siamo stati di nuovo, metodicamente, senza rimorsi, turisti a Manhattan, siamo saliti di nuovo sull'Empire State e abbiamo atteso, appoggiati al parapetto di South Seaport, che si accendessero le ghirlande di luci del ponte di Brooklyn. Abbiamo fatto il giro dell'isola su un battello turistico, circondati da giapponesi che scattavano foto mentre scendevamo lungo la foce dell'Hudson fino alle macerie fumanti delle Torri Gemelle. Abbiamo passeggiato in Times Square nell'ora di punta di un sabato sera e abbiamo attraversato a Central Park, la domenica mattina, la distesa verde e serena dello Sheep Meadow, affinché loro [i figli dell'autore] potessero vedere l'orizzonte complicato e magnifico dei grattacieli.
E adesso hanno fatto il volo di ritorno sul nero dell'oceano Atlantico, sono rientrati in quella metà delle loro vite..., in scenari familiari che adesso guarderanno in un altro modo, perché li vedranno con gli occhi di chi è stato molto lontano e torna cambiato, serbando ancora vivide nella memoria le impressioni del viaggio, pietre di paragone che permetteranno loro di osservare per la prima volta con un certo distacco i luoghi consueti, la vita lasciata in sospeso il giorno della partenza... ciò che hanno visto qui e che pareva irreale e ormai sembra accaduto da molto tempo.
È un racconto lento, quasi a seguire il ritmo del passo dell'autore che percorre le avenue con qualsiasi clima o tempo, quasi a seguire la lentezza di uno sguardo che scorre lento su cose e persone e si prende tutto il tempo necessario per soffermarsi ad osservarle. Potreste quasi avere l'impressione di annoiarvi in alcuni punti ma, quando meno ve lo aspetterete, esattamente come quando si svolta un angolo di un grattacielo mentre si cammina, qualcosa arriverà a sorprendervi.
...che cosa ci faccio qui, con questo quaderno aperto sulle ginocchia, intento a fissare su un foglio di carta e con un sottilissimo filo di inchiostro il momento in cui vivo e le cose che vedo, servendomi delle parole, così astratte,..., per ottenere la precisa descrizione di un istante che mi sfuggirà per sempre, per catturare quel che avviene qui e ora, come la signora Dalloway tentava di afferrare contemporaneamente e in tutti i particolari le impressioni di una mattina di giugno in una strada di Londra.
Guardo e scrivo. Mi piacerebbe che la mano avanzasse da sola, automaticamente, in modo che gli occhi potessero non staccarsi mai, neppure per un attimo, dallo spettacolo che nutre l'intelligenza e la scrittura.
Pronti a innamorarvi o riinnamorarvi di New York? Buon viaggio.

mercoledì 22 gennaio 2020

Casa


Il prossimo fine settimana si terrà a Milano Homi, il Salone degli stili di vita, dove si potranno vedere le ultime tendenze dell'abitare. Al di là di mode, industria e commercio, riflettevo sull'importanza che la casa ha sulle nostre vite e di come queste ultime ruotino proprio attorno alle mura, che ci contengono, che ci proteggono, oppure da cui fuggiamo, di cui siamo privi o di cui vorremmo privarcene, di come averla fa sentire alcuni ricchi, non averla fa sentire altri liberi.
Vecchia, nuova, ristrutturata, isolata, in un condominio, con giardino, con un terrazzo, grande, piccola, buia, luminosa, piena, vuota, non c'è essere vivente al mondo che non senta il bisogno e la necessità di avere una casa, una tana.
E spendiamo tempo ed energie per cercare di renderla su misura per noi, come uccellini che rametto dopo rametto si creano il nido; ne abbiamo un bisogno fisico, per proteggerci da freddo e intemperie, ne abbiamo un bisogno spirituale, per sentirci liberi di essere noi stessi.
E così come noi agiamo sulle abitazioni, loro agiscono su di noi: siamo anche fatti della casa in cui siamo venuti al mondo e quelle che abbiamo abitato nel corso della nostra vita. E mentre noi cresciamo, loro evolvono con noi. Ci modellano e le modelliamo.
Ricorderò sempre di come un bimbo piccolo figlio di cari amici scoppiò in lacrime quando non trovò più un mobile in una stanza: era come se gli fossero mancate le coordinate, come se gli fosse crollato il mondo sotto i piedi. Non riconosceva più la sua casa. Non sarà un caso che il trasloco sia annoverato tra gli eventi più stressanti nella vita di un essere umano.
Decluttering, minimalismo, Marie Kondo, per citarne alcuni, sono solo alcune delle ultime mode in merito allo stile di vita che dimostrano come il posto in cui viviamo è anche specchio della nostra anima. Lo dimostrano bene scrittori ed artisti che, nelle loro stanze tutte per sé, hanno creato un'estensione delle loro opere.
Alcune letture per rimanere in tema:

Sandra Petrignani, La scrittrice abita qui, ed. Neri Pozza

Un viaggio in case-museo che, attraverso mobili e suppellettili, stanze e giardini raccontano la storia di alcune delle più significative scrittrici del Novecento. Un giro del mondo dove a ogni tappa è come se le protagoniste in persona aprissero la porta e svelassero sottovoce i segreti delle loro vite. Diari, poltrone, portafortuna, un grammofono... Sandra Petrignani ascolta la voce delle cose e delle stanze e le traduce nelle affascinanti storie di questo libro.

Nino Strachey, Stanze tutte per sé, ed. L'ippocampo

Tre case, un intreccio di rapporti umani e sociali, che Edward e Vita Sackville-West e Virginia Woolf crearono tra dimore che sfidavano le convenzioni dell'epoca. Il volume esplora le case dei tre scrittori legati al gruppo di Bloomsbury e narra storie intime d'amore e desiderio, di rapporti mutevoli e incontri erotici, descrivendo vividamente gli ambienti in cui si svolsero e schiudendo scenari inediti sul complicato intreccio di quelle esistenze.

Guia Risari, Mamma cerca casa, ill. Massimiliano di Lauro, ed. Paoline

Una mamma cerca una casa. La ricerca è tutt’altro che facile. Soprattutto perché non vorrebbe una casa qualunque, in un posto qualunque, con vicini qualunque. Una famiglia di immigrati alla ricerca di armonia e convivenza. Una casa aperta a tutti, in una città capace di accogliere tutti i popoli, con porte che danno su piazze nelle quali la gente si incontra e si rispetta. È un sogno, nel quale tutta la famiglia inizia a credere perché esistono utopie che possono diventare realtà.

Ci sono giorni salotto
scarpe nuove maglia bella
bello tu
perfetto tutto.
Ci sono giorni giardino
selvaggio, piedi scalzi
e risate e corse e salti.
Ci sono giorni soffitta
stai lontano da tutti
o quasi, e racchiudi ricordi.
Ci sono giorni cucina
tempo farcito
di progetti condito
di futuro.
E ci sono giorni
di pensieri in griviglio
giorni ripostiglio
sacchi pieni di sbagli
capelli straccio nel secchio
cuore stivale vecchio.

Chiara Carminati

lunedì 13 gennaio 2020

Una decade di libri


Va detto sinceramente: se non avessi visto sbandierato a destra e manca il fatto che stava per iniziare una nuova decade, forse non ci avrei fatto caso e, ancora più onestamente, non è che gli dia tutta questa importanza. Quando ho visto il proliferare di #tenyearschallenge, mi sono detta perché non fare qualcosa di simile ma con i libri che ho letto in questi dieci anni, magari salta fuori che ogni anno ha la sua peculiarità. Così è, in effetti.
I miei ultimi dieci anni di vita attraverso i libri che ho letto:

2009 Cathleen Schine “I Newyorkesi”

L'anno del matrimonio, che mi ha vista anche leggere libri come “Il galateo del matrimonio” ma, sopratutto, l'anno del viaggio di nozze nella grande mela e il realizzarsi di un sogno.
Complice l'amore per i loro amici a quattro zampe, un gruppo di persone più disparate si incontrano, si conoscono e stringono amicizia sullo sfondo di una New York lontana dall'immagine caotica che tutti conoscono. Romanzo piacevole, forse a tratti un po' lento, gli amanti dei cani avranno ossa per i loro denti.

2010 Daria Bignardi “Non vi lascerò orfani”

Una delle prime frasi che condivisi nel blog, inaugurato proprio in questo anno, è tratta da questo libro, che mi commosse molto. L'autrice racconta del suo rapporto complicato con la madre, perso da poco, con una nostalgia, una malinconia e un affetto che difficilmente vi lascerà indifferenti.

2011 Annie François “La lettrice. Biografia di una passione”

Ho dovuto sceglierne uno, ma in realtà i libri a tema “leggere/scrivere” letti in questo anno sono davvero molti. Credo farò un post, o di più perché forse uno diventerebbe troppo lungo, per condividere con voi questa mia passione sulla mia passione: la lettura e tutto ciò che gli gira intorno.
Questo volume in particolare è per gli amanti del libro come oggetto in se, prima ancora del contenuto: il piacere tattile e olfattivo, grana della carta e copertina; il timore di sciuparlo, la paura di doversene liberare per fare spazio ai nuovi venuti.

2012 Clarissa Pinkola Estés “Donne che corrono coi lupi”

Questo libro è magico, l'ho detto e ridetto. So con certezza che dopo averlo finito, il suo prodigio è avvenuto dentro di me slegando nodi che non sapevo neanche di avere.
Attingendo alle fiabe e ai miti delle più diverse tradizioni culturali, Clarissa Pinkola Estés fonda una psicanalisi del femminile attorno alla straordinaria intuizione della Donna Selvaggia, intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna, ma soffocata da paure, insicurezze e stereotipi.
Sento di averne nuovamente bisogno e credo sia giunto il momento di rileggerlo. Io non rileggo quasi mai.

2013 Francesco Piccolo “Storie di primogeniti e figli unici”

L'anno in cui è nata VV e in cui le mie letture sono state abbastanza, ma non completamente, monotematiche. Tra tutti i manuali e romanzi a tema, questo è quello che mi ha fatta ridere più e più volte. Siamo tutti figli e tutti ci riconosceremo in uno o più dei racconti che l'autore ha scritto sull'infanzia, con il suo grande dono di sapersi soffermare sulle piccole cose.

2014 Alice Munro “Uscirne vivi”

Durante la prima passeggiata che feci dopo essere uscita dall'ospedale, in seguito a quello che si rivelerà essere solo il primo degli interventi chirurgici che subirò, mi recai con grande fatica fino a una libreria e quando vidi questo titolo lo considerai profetico. Questa raccolta di racconti in realtà non mi piacque molto, ma riassume in due parole quello che fu per me quell'anno.

2015 Marie Kondo “Il magico potere del riordino”

Riordino, minimalismo, decluttering, downshifting sono diventati parte integrante della mia vita; azioni che quando le pratico hanno il potere di rimettere in quadro non solo la casa e la vita che conduco, ma anche dentro di me. È un processo che non ha mai fine e che, ogni volta, ti fa scoprire cose nuove su te stesso.

2016 Marco Peano “L'invenzione della madre”

In realtà, oltre a questo libro, ne avevo scelti anche altri tre, perché il 2016 non è stato solo l'anno in cui ho scoperto di essere malata, ma anche quello del Bookcoaching e del bellissimo viaggio in Scozia. Però la malattia l'ha fatta da padrona. Un romanzo autobiografico in cui l'autore, pagina dopo pagina, prende commiato dalla madre malata terminale. È straziante, ma vale la pena leggerlo.

2017 Alessio Cuffaro “La distrazione di Dio”

L'anno in cui ho deciso di iniziare la rubrica #turineisa e che mi ha fatto conoscere autori poco noti ma molto bravi. Del libro ne avevo parlato QUI e QUI trovate tutti gli altri #turineisa. Vale la pena incamminarsi su sentieri poco battuti, molto spesso si fanno belle scoperte. Inutile aggiungere che non vale solo per i libri.

2018 Debra Adelaide “Vorrei lasciare tutto in ordine”

Mi sono resa conto che non avevo ancora avuto fino in fondo paura di morire, che in me era ancora rimasta una piccola speranza, che poi è stata scacciata via. La paura è arrivata, ha piantato le tende e io non sapevo come gestire questo ospite sgradito. Questo libro, di una donna malata che prende congedo dalla sua famiglia, e che pensa che per poterlo fare debba lasciare tutto in ordine è stato come un gioco di ruolo: mi ha fatto vedere come potrebbe succedere, che succede anzi e che, in qualche modo, paradossalmente, “sopravvivono” tutti, se mi passate il termine contraddittorio. Mi ha, mi ripeto paradossalmente, rassicurata.

2019 Concita De Gregorio “Così è la vita. Imparare a dirsi addio”

Rifugiarmi nei libri forse è un gesto ingenuo, come se tra le pagine potessi trovare sempre le istruzioni sulla vita, però molto spesso per me è così. O, se non proprio le regole del gioco, trovo almeno un po' di consolazione, mi sento meno sola, se non addirittura compresa.
La morte fa parte della vita, rendersene conto è molto doloroso, accettarlo ancora di più. Concita De Gregorio ha un tono di voce pacato, intimo, comprensivo quando racconta episodi che hanno a che fare proprio con questi temi tabù: malattia, insuccessi, morte; e ti accompagna per mano, attraverso il dolore.

Quali letture mi regalerà questa nuova decade? Sono molto curiosa di scoprirle.
Una cosa è certa, i libri sono i compagni più fedeli della mia vita.