Dall'inizio
di quest'anno, una volta alla settimana dopo la scuola, VV ha
iniziato a seguire un corso di lingua inglese. Di solito
l'accompagnavo, ritornavo a casa e poi uscivo nuovamente per andare a
prenderla; ora che è arrivata la primavera e ci sta finalmente
regalando delle belle giornate di sole, ne approfitto per fare una
passeggiata o fermarmi in un parco a leggere un libro.
Durante
una delle mie peregrinazioni, ho intravisto poco distante da me la
mia professoressa di inglese del liceo e la mia mente è volata ai
giorni di scuola. Quante gliene abbiamo combinate, povera donna! Era
una brava insegnante ma troppo buona, poco di polso e, come spesso i
ragazzini fanno, ne approfittavamo in continuazione per prenderci
qualche libertà di troppo.
Ora che ci penso, arrossisco dalla vergogna. Sapevamo, non ricordo da
quale fonte, che viveva ancora sola con la madre, il classico
stereotipo della zitella,
e a causa di questo per noi era ancora più oggetto di pettegolezzo e
di scherno: nelle nostre giovani menti limitate era una persona
sfigata per antonomasia.
L'essere
soli, la solitudine hanno nell'immaginario comune un'eccezione
negativa; ce ne siamo accorte Flavia, la mia collega, ed io quando a
settembre dello scorso anno abbiamo proposto come tema per il nostro
ciclo di Bookcoaching proprio la solitudine: occhiate perplesse,
battute su come avessimo scelto un argomento poco allegro e via
dicendo. Confesso che, all'inizio, eravamo timorose anche noi.
Ora
che il ciclo di Bookcoaching è terminato, ora che durante l'ultimo
appuntamento in libreria abbiamo tirato le somme di questi dodici
incontri, dei libri letti e delle diverse tipologie di solitudine che
abbiamo affrontato, abbiamo avuto la conferma di aver scelto bene.
Siamo tutti soli, in un modo o in un altro, capita a tutti di
sentirsi così in alcuni periodi della nostra vita, o in alcune
giornate, o per i più svariati motivi. Soprattutto, abbiamo tutti
bisogno di parlare di quanto ci sentiamo soli, di quanto poco ci
sentiamo compresi a volte. Il fatto di poterlo fare, di poter
condividere, di poter confrontarsi e di poterlo fare attraverso uno
schermo, cioè attraverso i libri, da una prospettiva altra,
prendendo le distanze da noi stessi, facendoci così sentire più
protetti e meno esposti, ha permesso a tutti (Flavia e me comprese)
di parlare liberamente. Abbiamo condiviso la solitudine. Così
facendo inoltre abbiamo scoperto che, a dispetto delle prime
impressioni, non sempre essere soli è così brutto come si pensi
anzi, abbiamo concluso che sia terapeutico, che sia necessario per
riuscire ad avere un dialogo con noi stessi, per poter sentire e
comprendere i nostri sentimenti e i nostri stati d'animo.
Ho
guardato la mia professoressa mentre camminava da sola qualche giorno
fa e non ho visto per niente una sfigata; era molto elegante nei suoi
vestiti classici e senza tempo, quelli che invece da adolescente
avrei definito da vecchia,
guardava dritta davanti a se e sorrideva, sicura e soddisfatta. Era
l'immagine della felicità.
Quello della solitudine è per me un tema molto sentito, sia se si tratta della solitudine cercata, di cui ho bisogno per ricaricare le energie che la vita con gli altri mi sottrae, le relazioni con amici, parenti, colleghi, la maternità, sia se, invece, si considera la solitudne insita nella vita di ogni persona, quella che ci fa essere anime fragili.
RispondiEliminaUn abbraccio
Francesca
La prima è vitale anche per me. Il ciclo di incontri aveva proprio lo scopo di farci sentire meno soli nel secondo tipo di solitudine, che come giustamente scrivi tu, ci fa sentire indifesi.
EliminaBaci.
Io credo che gli occhi degli adolescenti siano sempre un po' ingiusti, non li biasimo: ci siamo passati tutti.
RispondiEliminaE sulla solitudine: nessuno stato garantisce nulla, non di certo la felicità, essere single, ricchi, con tanti figli, niente. La soddisfazione di una vita piena, appagata corre su fili diversi per ognuno di noi, il vero problema è trovare un equilibrio e saper identificare cosa sia meglio per noi. La solitudine ha molte facce, quella che vive la tua ex prof di sicuro non è quella brutta ai margini, senza confronti col reale.
Un abbraccione
Sono d'accordo con te e aggiungo anche: siamo sicuri che la mia professoressa fosse sola o lo sia? O forse questo pensiero è solo frutto di pregiudizi? Donna non sposata che vive ancora con la mamma = sola. Forse è il concetto stesso di solitudine che va riconsiderato.
EliminaRicambio l'abbraccione!
Io sono una di quelle persone che, letti i titoli scelti, ha alzato il sopracciglio. Mi sembrava partiste da una prospettiva un po' triste, a farla breve e me ne dispiaceva, perché a me, la solitudine non dispiace poi molto. Mai prima impressione è stata più errata, a quanto leggo, e ne sono felice.
RispondiEliminaPer riallacciarmi al messaggio di Francesca (lafenicerinascedase), vorrei aggiungere che se è vero che una certa solitudine è insita dentro di noi e ci fa essere anime fragili, è altresì vero che quella stessa solitudine è emblema della nostra unicità, che è la nostra grande forza.
Un abbraccio.
Forse sì, siamo partite da una prospettiva triste, ma per ribaltarla ampiamente!
EliminaEssere in grado di stare da soli con noi stessi è fondamentale, è davvero un punto di forza come scrivi tu.