lunedì 19 aprile 2021

Senza di te questo mondo non sarebbe lo stesso

Mi trovo in questo strano periodo in cui non riesco a tenere fede al mio back to basic (vedi QUI) perché non ho letto chissà che grandi libri di cui mi premi raccontarvi; nessuno così pessimo o abbandonato da poter finire nella rubrica “I libri che non vi ho detto” - ce n'era uno ma una volta ripreso in mano ho deciso di dargli una seconda possibilità – e quello appena terminato deve attendere che finisca di vedere una serie perché mi piacerebbe fare un confronto. I Social Media Guru potrebbero prendermi ad esempio per dimostrare che cosa succede quando dietro non c'è una pianificazione e un calendario editoriale. Fatelo, ma poi vi mando la fattura.

La bella notizia è che, se una volta questo mi avrebbe mandato nello sconforto più totale e avrebbe dato inizio a una serie di lamentele, rimproveri e improperi verso la sottoscritta, sto riuscendo ad essere più indulgente con me stessa. Non è vero che non sto facendo nulla, sto facendo altro. Come dicono i saggi, non si può fare tutto e, di volta in volta, le priorità cambiano. Certo, forse un po' di pianificazione in anticipo avrebbe aiutato, ma è andata così, lamentarmi non cambierebbe le cose. Agire invece sì.

Sapete che cosa ho fatto questa mattina? Ho puntato la sveglia. Dopo anni in cui a svegliarmi era la sveglia di mio marito, ho voluto metterne una anche io. Un gesto simbolico, visto che ci alziamo più o meno alla stessa ora, ma che mi ha fatta sentire più attiva e propositiva, meno passiva. Una piccola spinta per prendere in mano la mia giornata e cercare di trascorrerla in modo pro-attivo. Funzionerà? Lo spero, vi terrò aggiornati.

Ho in mente altri piccoli gesti e nuove piccole abitudini per migliorare le mie giornate, la pianificazione e il mio benessere fisico mentale; l'altro giorno su Instagram ho fatto un sondaggio in cui chiedevo quale argomento sarebbe piaciuto affrontassi nella mia newsletter, una volta terminata la lettura di “Donne che corrono coi lupi”, e sono contenta abbia vinto “Minimalismo e auto aiuto” perché è un tema che mi sta molto a cuore e sarà bello condividerlo con voi.

Voi come state? Raccontatelo nei commenti, se avete piacere, io sarò felice di leggervi.

È proibito non cercare la tua felicità, non vivere la tua vita pensando positivo, non pensare che possiamo solo migliorare, non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

Alfredo Cuervo Barrero

martedì 23 marzo 2021

Ti chiederanno del nostro amore



Mentre siedo al computer, chiusa nello studio, mi arrivano le voci di mio marito e nostra figlia mentre ripassano le tabelline. Sorrido per la tenerezza di questo momento, allo stesso tempo mi rendo conto di quanto sia ordinario. Centinaia e centinaia di genitori prima di noi hanno compiuto i medesimi gesti e adesso è il nostro turno. Quando siamo diventati grandi? Era così che l'avevamo sognata la vita adulta? Ordinaria?

Giorgio voleva un gelato, Lorenzo insisteva per andare al parco giochi, Alice aveva bisogno di aiuto per allacciare le scarpe. Intrecciò i lacci della piccola con un gesto lungo e ordinato, lasciando a Francesco l'onere di calmare i gemelli; senza dirsi nulla decisero di tornare a casa, e in quel momento – quando i corpi si erano parlati senza bisogno delle loro voci – Giulia sentì che la familiarità aveva smesso di essere rassicurante, ed era diventata una noiosa abitudine.

Quand'è che mettiamo il pilota automatico? Quand'è che iniziamo a comportarci in un certo modo perché così hanno fatto i nostri genitori prima di noi, perché è così che si fa, è quello che ci si aspetta da noi, ora che siamo noi gli adulti. Quante rinunce siamo disposti a fare? Quanta vita sprechiamo prima di accorgerci che non stiamo vivendo ma solo sopravvivendo?

Nella vita abbiamo due strade possibili, Marco: quella della rassegnazione, e quella del desiderio. Non esiste una terza via. Vale per tutti, ma spesso ce ne accorgiamo solo quando andiamo a sbattere contro un muro.

Marco in quel muro è andato a sbattere; ha scoperto di avere un tumore ai polmoni e il tempo per lui è diventato quello che ti resta. Come succede sempre in queste situazioni, Marco incomincia ad interrogarlo questo tempo, a interrogare se stesso, a sentire improvvisamente un'urgenza.

Marco e Giulia si amano sin da quando erano dei giovani studenti universitari; il loro è un amore mai veramente vissuto perché i loro orologi non erano mai sincroni. Tra un Erasmus, un lavoro a New York, matrimoni, convivenze, figli e figliastri gli anni sono passati e adesso il tempo stringe.

È tutta la vita che aspettiamo il nostro tempo. E intanto lo perdiamo.”

Paola Demartini in “Ti chiederanno del nostro amore” edito da Autori Riuniti racconta questa storia d'amore, ma anche molto di più: la mia generazione, quella tra i quaranta e cinquant'anni, che si è ritrovata adulta senza coordinate, che da giovane pensava di non commettere gli stessi errori dei propri genitori e poi è finita per sistemarsi, assecondando forse i loro desideri e non i propri. Ma soprattutto ti parla del tempo, giocando e tenendo il lettore inchiodato con salti temporali, facendo scorrere sotto gli occhi del lettore le vite di Marco, Giulia e i loro amici. Ma quel tempo è anche il nostro ed è inevitabile alla fine domandarsi come la stiamo vivendo, questa “trama incerta”, se cogliamo il senso di ciò che ci sta accadendo e se siamo attori attivi o estranei.

Forse il segreto è tutto lì, in quello sguardo che è anche sulla copertina del libro e che aveva attirato la mia attenzione: perché se come Marco, non siamo sempre responsabili di quello che ci accade, siamo noi a decidere come lo vediamo e come reagiamo.

Crediamo di conoscere noi stessi, e poi arriva qualcosa che ci svela come siamo. Come siamo davvero, voglio dire. A volte scopriamo di essere migliori di quel che abbiamo sempre pensato, altre di essere un vero disastro. Ma finalmente possiamo guardarci dentro.

martedì 16 marzo 2021

Che cosa possiamo imparare da Harry e Meghan sul tema famiglia

Sembra esserci una notizia che occupa i giornali e che sembra stia scalzando addirittura il Covid, o almeno questa è l'impressione della sottoscritta che, dai tempi del matrimonio di William e Kate, si è appassionata alle vicende della famiglia reale inglese: l'intervista bomba rilasciata a Oprah Winfrey da Harry e Meghan. Al di là del gossip e delle vite pubbliche che conducono i coinvolti in questa scandalosa questione, quello che è accaduto può essere uno spunto per riflettere sulle dinamiche familiari, cioè un argomento che volenti o nolenti ci coinvolge tutti.

Famiglia d'origine famiglia dell'età adulta

Se Don Paolo leggesse questo mio post mi farebbe ripetere il corso prematrimoniale, perché durante tutti gli incontri aveva ripetuto fino alla nausea la differenza tra la famiglia d'origine, cioè quella in cui uno nasce, e quella della famiglia che ti crei in età adulta; che può avere diverse forme oltre alla classica moglie, marito, figli (ma questo Don Paolo non lo diceva, lo aggiungo io). Crescendo il significato che diamo alla parola famiglia dovremmo deciderlo noi e non dovrebbe essere un problema se questo significato si discosta da quello originale. Famiglia possono essere gli amici, gli amici a quattro zampe, alcuni colleghi di lavoro, i vicini di casa. Insomma, non per forza di cose ci deve essere coincidenza tra le la famiglia d'origine e quella dell'età adulta, e non per forza di cose questo significa che si vuole meno bene ai primi o che non si vuole più avere a che fare con loro.

In Italia, soprattutto, ho l'impressione che tagliare il cordone ombelicale sia molto più complicato, il senso di attaccamento alla famiglia sembra sempre molto forte. Questo non è per forza di cose un problema, ma potrebbe esserlo e sovente lo è.

Spiccare il volo

Harry ha spiccato il volo. Ha letteralmente preso un aereo e ha messo chilometri di distanza tra la sua famiglia e quella d'origine. Avrà avuto i suoi buoni motivi per farlo, tutti dovremmo avere la libertà di farlo, ma molto spesso non è semplice e serve enorme coraggio e molta forza di volontà, perché sovente viene vissuto come tradimento.

C'è una narrativa all'interno di una famiglia che fa si che i ruoli siano assegnati fin da quando si è bambini, ma spesso diventano poi rigidi e soffocanti, facendoci sentire bloccati nel passato. Le persone devono poter cambiare, se lo desiderano, anche se sovente questo cambiamento non viene riconosciuto o viene accettato con difficoltà. 
Il nostro cervello cerca sempre di proteggerci e qualsiasi cambiamento lo vive come una minaccia, ecco perché cambiare è così complicato. Se tu cambi, le persone che ti sono vicine, che stanno bene come sono e dove sono, potrebbero sentirsi minacciate dal tuo nuovo te stesso. L'errore che spesso si commette è di prendere sul personale questa resistenza al cambiamento degli altri. Ma le loro reazioni non hanno nulla a che fare con noi, se le persone reagiscono male al cambiamento di qualcun' altro, questo rivela solo che c'è qualcosa di non risolto in loro.

Dire basta

Harry e Meghan, con questa intervista, hanno voluto raccontare la loro versione della storia e soprattutto hanno voluto dichiarare apertamente che cosa per loro è accettabile e che cosa no.

La parte più difficile, quando si tratta della famiglia d'origine con cui, indubbiamente e per forza di cose si hanno rapporti molto stretti, è mettere dei confini; più sei vicino e intimo di una persona più è complicato mettere dei paletti. Sovente però tendiamo a dimenticarci che quest'ultimi sono per noi, definiscono che cosa permettiamo e che cosa non permettiamo all'interno della nostra vita e quando non li esplicitiamo con le persone che ci stanno affianco siamo noi che stiamo commettendo un grosso errore nei loro confronti. Se non rendiamo noti i nostri confini, le persone non sapranno della loro esistenza e continueranno a superarli. Capita, anche questo con una certa frequenza, che non mettiamo confini perché abbiamo timore di non piacere, abbiamo timore di quello che le persone potrebbero pensare di noi e delle nostre richieste, abbiamo paura di non venire accettati. Oppure li mettiamo in dubbio, quando invece dovremmo dubitare della persona che non vuole rispettarli. 
Qualunque sia il motivo, dovremmo smettere di preoccuparci e iniziare a farci rispettare.

Volere l'ultima parola

Quanto scritto qui di seguito non può applicarsi in tutti i campi e su tutti i temi, ci sono cose che sono obiettivamente oggettive e verità universali. Qui però stiamo parlando di questioni familiari e tutti quegli scontri o tensioni che possono venire a crearsi; parliamo di sentimenti, non se il nazismo è stato un obbrobrio oppure no.

La realtà è un'esperienza soggettiva, ma non ce lo ricordiamo mai. Quanto tempo perdiamo in litigi e discussioni perché siamo convinti di avere ragione, vogliamo portare avanti il nostro pensiero, cerchiamo di spiegare a chi ci è di fronte la nostra versione e insistiamo indefessi finché non ci viene riconosciuto di essere nel giusto. La verità è che la nostra versione dei fatti è sempre valida, anche se non è condivisa da un'altra persona. 
Il giorno in cui ho letto che il voler per forza di cose arrivare a un accordo è sempre una versione di people-pleasing, è stato per me un giorno di rivelazione. Insistere per spiegarci, per avere un confronto è solo il nostro bisogno che quella persona elimini il disagio che proviamo all'idea di non piacere a qualcuno. Ecco, forse dovremmo imparare che è impossibile piacere a tutti, potremmo non piacere anche alla nostra famiglia d'origine.

Quante volte quindi “per evitare discussioni” ci siamo costretti a dire o fare cose che non desideravamo fare? Quante volte non abbiamo fatto qualcosa perché non ci sentivamo in diritto? Dimenticandoci che siamo responsabili innanzitutto della nostra felicità, che non dobbiamo avere il permesso di nessuno per perseguirla e per vivere la vita che desideriamo, anche se ci sentiamo egoisti e in colpa, accettando l'eventualità di non venire compresi.

Every time you're given a choice between disappointing someone else and disappointing yourself, your duty is to disappoint that someone else. Your job, throughout your entire life, is to disappoint as many people as it takes to avoid disappointing yourself.

Glennon Doyle

Cosa penso di Harry e Meghan? Che abbiano fatto bene a rinunciare al loro ruolo di reali, se questo non li rendeva felici; che abbiano fatto bene a denunciare falsità e qualsiasi violazione abbiano commesso gli organi di stampa (a parte i pettegolezzi, persone di quel calibro dovrebbero saperli tenere nel giusto conto), ma francamente le persone che si mettono a parlare male e accusare in mondovisione non hanno la mia stima. Le accuse che hanno mosso sono molti gravi, ma avrebbero potuto affrontarle in altra sede e in altro modo; così facendo è facile pensare abbiano scelto visibilità ed è meschino cercarla screditando gli altri. Harry e Meghan sono un buon esempio di come ad insistere a voler dimostrare a tutti i costi di avere ragione non ti fa fare una bella figura e di come sia deleterio continuare a pensare e rimuginare sul passato.

lunedì 8 marzo 2021

16 libri per un nuovo sguardo

Non sono mai stata una femminista. Non mi sono mai preoccupata di esserlo. Nella mia miopia ho sempre pensato che sarebbe stato sufficiente “coltivare il mio orticello”. Solo recentemente ho realizzato di quanto il problema sia grave e pervasivo, come se all'improvviso si fosse sollevato il velo che copriva i miei occhi e ora, quotidianamente, noto l'elefante nel negozio di cristallo.

Questo cambiamento è merito, a dimostrazione che non tutti i mali vengono dai Social, di alcune persone che ho iniziato a seguire su Instagram, che compiono la lotta quotidiana di combattere stereotipi, disuguaglianze, maschilismo, razzismo e che mi ricordano come questi problemi siano parte della nostra cultura. Ne siamo tutti vittime e carnefici, anche solo semplicemente con il nostro silenzio.

La famosa scrittrice Michela Murgia, è uscito proprio in questi giorni il suo ultimo libro “Stai zitta”; Teresa Cinque e i suoi monologhi che strappano risate e riflessioni; Carolina Capria, nota come “L'ha scritto una femmina”; Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi fondatori di Tlon Edizioni; e Cathy La Torre, avvocato in prima linea. È loro il merito del mio nuovo sguardo, li ascolto sempre con molta attenzione e, ovviamente, mi appunto con dovizia tutti i libri che suggeriscono.

Ho pensato quindi, in questa giornata dedicata alle donne, di condividere con voi quei volumi a stampo più femminista; ce ne sono per tutti i gusti, anche genitori, bambini e ragazzi. Se vogliamo il cambiamento, dobbiamo iniziare da noi stessi.

 









 

lunedì 1 marzo 2021

I libri che non vi ho detto

 

Ho più volte affermato che dei libri che non mi sono piaciuti non parlo e non scrivo; non mi piaceva l'idea di portare una parte negativa, sebbene ben argomentata, nella mia stanza tutta per me, cioè questo blog, e soprattutto che non avrebbe portato nessun valore aggiuntivo. Insomma, a che pro parlare di qualcosa che è brutto?

Poi si cresce, si cambia, si matura e magari si ha voglia di fare un piccolo sforzo in più perché tutto, anche le cose brutte, ci lascino qualcosa, un piccolo insegnamento su di noi, i nostri gusti o modi di agire. Una cosa che non si dovrebbe mai smettere di fare è avere voglia di imparare.

Con i lettori della mia newsletter siamo alle prese con il libro “Donne che corrono con i lupi”, (stiamo affrontando i primi capitoli, quindi siete ancora in tempo nel caso vi voleste unire) e abbiamo da poco incontrato un personaggio che si chiama La Loba che ci chiede di fare una cosa molto importante: rimanere nel deserto e raccogliere le ossa. Il deserto è una metafora per rappresentare tutte quelle situazioni difficili e negative in cui capita di trovarsi e nelle quali, giustamente, nessuno desidera soffermarsi più del dovuto. Oltre a chiederci di non scappare a gambe levate, La Loba ci chiede di andare alla ricerca delle ossa, che in questo caso rappresentano la parte più nascosta di noi, la più importante, lo scheletro di cui siamo fatti e che noi abbiamo perso e lasciato morire. Perché la parte più preziosa di noi dobbiamo cercarla nel posto in cui stiamo male? Perché sono proprio le cose negative a pungerci sul vivo, sono proprio le cose che ci piacciono di meno o che ci fanno male a rivelarci che cosa è importante per noi. Lo stesso lavoro si può fare con i libri.

In passato se iniziavo a leggere un libro faticavo ad abbandonarlo, anche se mi stava annoiando a morte o non mi piaceva per niente, perché non mi piaceva lasciare una lettura incompleta. Crescendo ho cambiato idea e ho raggiunto l'opinione che la vita è troppo corta per sprecarla con brutti libri e ora abbandono senza alcuna pietà o rimorso. Da poco ho aggiunto un piccolo tassello a questo mio modo di agire e ho incominciato a chiedermi il perché. Perché questo libro mi annoia/irrita/agita/...? Perché questo personaggio non mi piace? Perché non provo empatia? Le domande possono essere delle più svariate a seconda dei sentimenti che ha evocato fin lì la lettura.

Può capitare, ad esempio, che un personaggio mi sia particolarmente antipatico perché riconosco in lui un mio difetto o modo di fare che ho difficoltà ad accettare. Vedermi riflessa in lui potrebbe aiutarmi a comprendermi meglio, a cercare di cambiare quella parte di me oppure finalmente accettarla. Oppure potrei riconoscere in un personaggio una persona a me vicina con cui ho problemi di relazione e anche in questo caso potrei avere delle rivelazioni, magari capire finalmente il perché non andiamo d'accordo.

In sostanza quello che suggerisco di fare è un cambio di prospettiva; invece di soffermarvi sul perché quel libro, o quella persona perché vale anche nelle relazioni, è scritto così male, si comportano in quel modo o dicono quelle cose, provate ad interrogarvi perché voi reagite così. Le nostre reazioni, il nostro modo di agire parlano sempre di noi e rivelano lo stato della relazione con noi stessi. Potreste fare delle scoperte interessanti, vi racconterò prossimamente le mie nella nuova veste della rubrica “I libri che non vi ho detto”.

lunedì 22 febbraio 2021

Sola a presidiare la fortezza


Non ce ne rendiamo conto ma spesso siamo noi, basandoci su esperienze precedenti, a crearci delle aspettative e sempre noi facciamo in modo così che queste vengano deluse; riflettevo tra me e me l'altro giorno, dopo aver concluso la lettura della raccolta di lettere “Sola a presidiare la fortezza” di Flannery O'Connor. Questo a dimostrazione del fatto che leggere non è solo una forma di intrattenimento, i libri hanno sempre qualcosa da insegnarci, soprattutto quando meno ce lo aspettiamo.

So per certo che ho comprato questo libro per due motivi: mi piacciono le raccolte di lettere e i libri che parlano di scrittura; infatti ho amato molto quelle di Virginia Woolf e Emily Dickinson (aspettativa). Ma se avessi riflettuto meglio avrei capito che non era così scontato mi sarebbe piaciuto anche questo libro (delusione), considerato che non conoscevo assolutamente l'autrice ne ho mai letto i suoi romanzi e i suoi racconti.

Leggere le lettere di Flannery O'Connor è stato un po' come partecipare ad una cena tra persone che si conoscono da molti anni e tu invece non conosci nessuno: spesso non sai di cosa stanno parlando e ti è impossibile partecipare alla conversazione; sei solo uno spettatore, isolato e spesso annoiato. Presi dalla foga delle chiacchiere, nessuno si prende la briga di stare a spiegarti a che cosa si riferiscono, chi sono il Tizio e il Caio di cui stanno parlando, cosa è successo in quel determinato giorno e perché, lo danno per scontato. Perché dovrebbero perdere tempo con te?

Lo stesso fa, giustamente, Flannery O'Connor nelle sue missive: non mi fa un riassunto della lettera a cui sta rispondendo e soprattutto non mi racconta la trama dei suoi libri, si suppone che sia lei che la persona a cui sta scrivendo sappiano di cosa stia parlando, perché lei il libro l'ha scritto e l'altra l'ha letto. Niente di più ovvio, mi verrebbe da aggiungere.

Così ho potuto apprezzare il 30% delle lettere, ma lo considero comunque un buon risultato; ho trovato molte riflessioni interessanti sulla scrittura, sulle diversità tra romanzo e racconto, sulle sue letture e, grazie alla mia “ignoranza”, ho potuto apprezzare in modo inatteso una voce nuova. Se dovessi immaginare uno scrittore americano del sud, lo immaginerei proprio così: diretto e sincero, freddamente sarcastico, spesso offensivo, dissacrante, menefreghista. I vecchi e schiavisti sudisti, induriti dal massacrante lavoro nei campi, chiusi, bigotti ma sempre con la battuta pronta. Altro che Rossella O'Hara!

Due sono i peccati peggiori del cattivo gusto nella narrativa: la pornografia e il sentimentalismo. In uno c'è troppo sesso, nell'altro troppo sentimento. Devi utilizzarli quanto basta allo scopo che ti sei prefisso, mai di più. Ciò non toglie che certi narratori sono convinti di dover seguire in bagno o a letto ogni personaggio ogni volta che ci deve andare. Personalmente lo trovo di cattivo gusto, a meno che la spedizione non torni utile al racconto.

lunedì 15 febbraio 2021

Leggere con VV

 


Uno dei meriti dell'anno appena concluso, è stato quello di avermi regalato la lettura con Vittoria. Da quando è nata ho sempre letto per lei, ultimamente anche lei ama a volte leggere per noi, ma non abbiamo mai letto assieme, cioè scelto un libro e iniziato a leggerlo insieme, condividendo tutto: impressioni, perplessità, amore per alcuni personaggi e altri no, commenti sulla trama “Secondo te come continua?”, risate e lacrime. Ok, lacrime solo io...

Quando abbiamo iniziato eravamo in piena pandemia, tutti costretti a casa e questo ha aiutato sicuramente a passare il tempo. Ora le giornate sono più strutturate e la nostra lettura insieme avviene la mattina, nei cinque minuti in cui lei si misura la febbre (questo è per chi dice di non avere mai tempo per leggere...), qualche volta durante il fine settimana, subito dopo la colazione. È uno dei miei momenti preferiti della giornata; adoro quando non riusciamo a resistere e continuiamo ancora un po' la lettura e poi corriamo a prepararci per non fare tardi a scuola. Adoro quando scoppiamo a ridere insieme, adoro gli sguardi complici che ci scambiamo, adoro sentire i suoi commenti e il suo punto di vista (ma quanto è bello il punto di vista di un bambino e quanto c'è da imparare), adoro quando dissentiamo. Conserverò per sempre nel mio cuore il giorno in cui mia ha detto, riferendosi al protagonista “Non può morire altrimenti il libro finisce”, facendomi capire che intuisce come funziona la creazione di una trama. Spero questa nostra nuova abitudine duri il più a lungo possibile e, ovviamente, vi suggerisco caldamente di farlo a vostra volta. Qui di seguito i libri che abbiamo letto assieme e che ci sono tutti piaciuti tantissimo.
 
Roald Dahl “Il GGG”
 
Lo so che è un classico della letteratura per l'infanzia, ma è un autore che non avevo mail letto. Devo ringraziare Giulia Robert, in arte @robgiu, e il suo gruppo di lettura su Instagram “Io non leggo da solə”, perché questo è stato il primo libro che ha proposto e, di conseguenza, l'inizio della lettura condivisa tra me e VV.
Il GGG è un gigante, un Grande Gigante Gentile, molto diverso dagli altri abitanti del Paese dei Giganti che come San-Guinario e Inghiotticicciaviva si nutrono di esseri umani, preferibilmente bambini. E così una notte il GGG - che è vegetariano e si ciba soltanto di Cetrionzoli e Sciroppio - rapisce Sophie, una bambina che vive a Londra e la porta nella sua caverna. Inizialmente spaventata dal misterioso gigante, Sophie ben presto si rende conto che il GGG è in realtà dolce, amichevole e può insegnarle cose meravigliose. L'affetto e la complicità tra i due cresce rapidamente, e quando gli altri giganti sono pronti a compiere una nuova strage, il GGG e Sophie decidono di avvisare nientemeno che la Regina d'Inghilterra dell’imminente minaccia, e tutti insieme concepiranno un piano per sbarazzarsi dei giganti una volta per tutte.
Scritto magistralmente, con la creazione di parole e dialoghi che vi strapperanno diverse risate ma che vi faranno anche riflettere su alcune questioni del nostro mondo. In seguito abbiamo anche visto il film girato da Steven Spielberg, molto bello e fedele al libro.
 
Luis Sepulveda “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”
 
Letto anche questo durante il primo lockdown, proprio in seguito alla morte dell'autore avvenuta in quel periodo. Un altro classico per bambini, che questa volta avevo letto ma così tanto tempo fa che non ricordavo molto.Uno stormo di gabbiani è di ritorno dalla migrazione e una di loro, Kengah, è pronta per deporre il suo primo uovo. Lo stormo si tuffa in acqua per mangiare delle aringhe, ma a un certo punto Kengah finisce bloccata in una pozza di petrolio, chiamato "peste nera" dai gabbiani. Kengah riesce a liberarsi e a raggiungere la città di Amburgo, dove finisce sul balcone di una casa. Lì abita Zorba, un grosso gatto nero con una piccola macchia bianca sulla gola. Kengah, stremata, usa le sue ultime forze per deporre l'uovo e chiede a Zorba di farle tre promesse: non mangiare l'uovo, prendersi cura del piccolo che nascerà e insegnargli a volare. 
Un bellissimo libro sul valore dell'amicizia, sull'aiutare chi è in difficoltà, il superare le “differenze” e sul coraggio. Anche di questo abbiamo poi visto la versione animata.
 
Roal Dahl “Le streghe”
 
Altro libro proposto dal gruppo di lettura creato da @robgiu, altro classico della letteratura per l'infanzia che io non avevo mai letto.
Questa per Vittoria si è trattata di una vera e propria prova di coraggio, perché lei ha molta paura delle streghe, al punto che non ha mai voluto vedere un film delle principesse Disney perché c'è sempre una strega cattiva. Durante la lettura infatti, almeno all'inizio, era abbastanza nervosa, al punto di chiedermi un paio di volte di interrompere perché non reggeva più la tensione. Ma siamo arrivate fino alla fine e VV ha anche partecipato e commentato nel gruppo di lettura (c'erano anche altri bimbi, è stato molto tenero). 
Un racconto inquietante che vi farà sapere chi sono le vere streghe. Non quelle delle fiabe, sempre scarmigliate e a cavallo di una scopa, ma quelle elegantissime, somiglianti a certe signore che probabilmente già conoscete. Come fare a individuarle? Bisogna stare attenti a chi porta sempre i guanti, a chi si gratta la testa, a chi si toglie le scarpe a punta sotto il tavolo e a chi ha i denti azzurrini, perché tutto ciò serve a nascondere gli artigli, i crani calvi, i piedi quadrati, la saliva blu mirtillo: tutti segni distintivi delle vere streghe. Sapendo questo potrete evitare di venir trasformati in topi.
Il film non l'abbiamo visto, l'ultima versione con Anne Hathaway temevo spaventasse troppo VV per come sono rappresentate le streghe, un conto immaginarle, un conto vederle.
 
Daniel Pennac “ Abbaiare stanca”
 
Questo libro l'ha portato la fatina dei denti... L'ho trovato per caso al supermercato, al prezzo stracciato di soli cinque euro, con come protagonista un cane, aveva tutti i numeri per piacere a Vittoria e così è stato. 
Scritto in prima persona, un bastardino ci accompagna lungo le sue numerose avventure e ci insegna a vedere il mondo attraverso gli occhi di un cane, imparando molte cose sul suo mondo ma anche sul nostro. Un inno all'amicizia tra uomo e cane, una storia sull'amore e l'amicizia, la paura e la voglia di libertà e dalle pagine del libro traspare tutto l'amore dell'autore per questi animali.
 
Paola Mastrocola “Che animale sei?”
 
Non so se l'autrice avesse in mente un lettore adulto o un bambino, infatti proporlo a VV è stato un azzardo, ma sapevo che un libro che ha per protagonista un animale avrebbe sicuramente attratto la sua attenzione e infatti così è stato.
Quando uno nasce, non sa chi è. E se non c'è nessuno che glielo dice, la vita diventa una bella complicazione. La protagonista, per esempio, non sapeva chi era, perché quando era nata, rotolando giù dal camion di Jack il Camionista, si era ritrovata sola e aveva scambiato per sua madre una pantofola di pelo. Una calda pantofola accogliente, dentro la quale si era accoccolata sognando di non essere ancora nata. In fondo, era contenta di avere questa mamma. E tutto sarebbe rimasto per sempre così, se non avesse voluto conoscere il mondo e non avesse continuamente incontrato qualcuno che le chiedeva: "Che animale sei?" 
Questo libro ha sicuramente due livelli di lettura: c'è la storia semplice di un'anatra che non sa che animale è, ma anche la ricerca di se stessi. Il linguaggio è semplice, molto di quello che succede è buffo e fa sorridere, ma sono convinta che non dobbiamo sottovalutare i bambini e il loro livello di comprensione. Sono convinta che VV si sia più volte riconosciuta nella confusione e lo smarrimento di questa anatra che doveva ogni volta capire le regole di vita e adattarsi al gruppo di animali in cui capitava per caso. Fino a che, ovviamente, non capisce che le regole nella nostra vita siamo noi a dettarle.

Sto attendendo con ansia di leggere “E se covano i lupi”, sempre della Mastrocola, che penso essere una specie di sua continuazione; ma VV mi ha detto di avere voglia di leggere qualcosa di leggero e ho lasciato scegliesse lei. Così in questi giorni siamo alle prese con “Diario di una schiappa”.

lunedì 8 febbraio 2021

Il silenzio

 


Erling Kagge è stato il primo uomo a raggiungere il Polo Sud in solitaria e il primo a raggiungere i tre poli: il Polo Nord, il Polo Sud e una cima dell' Everest. Insomma, uno che di silenzio e di difficoltà se ne intende.
Dopo aver tenuto una conferenza presso l'Università di Saint Andrews in Scozia realizzò che tre erano le domande ricorrenti che molti gli facevano: 
«Che cos'è il silenzio?» 
«Dove si trova?» 
«Perché è più importante che mai?»

In questo libro, “Il silenzio”, Kagge di risposte ne da ben trentatre. Qui di seguito ho riportato le parti che ritengo più significative, che mi hanno colpita e che hanno anche confermato una verità che già sapevo, cioè l'importanza del silenzio, del fermarsi e dell'introspezione per conoscere noi stessi, il mondo che ci circonda e per crearci la vita dei nostri sogni.

Il silenzio parla e fa paura

Nella risposta numero 8 l'autore racconta un'indagine condotta dalle università della Virginia e di Harvard, dove buona parte dei partecipanti si sono sentiti a disagio quando sono rimasti da soli all'interno di una stanza dai sei ai quindici minuti senza poter fare nulla ne parlare. Soli con i propri pensieri. Ad un certo punto, per spingersi un po' oltre nell'esperimento e per vedere se ci fosse qualcuno disposto a sopportare un'esperienza spiacevole, pur di non restarsene seduto solo in silenzio, inserirono la possibilità di premere un pulsante e ricevere una scossa elettrica. Circa la metà delle persone ha premuto il pulsante.

Il silenzio ha un compito, deve parlare. Deve dirci delle cose, e noi dobbiamo parlare con lui... Il silenzio contiene in sé anche una specie di violenza... È per questo che molti temono il silenzio...credo che la paura sia il timore di conoscersi meglio. Mi sento un codardo ogni volta che evito di guardarmi dentro.

La sfida di stare bene con sé stessi

L'irrequietezza che abbiamo addosso ci perseguita da sempre, è una condizione naturale. «Il presente ci fa soffrire», scriveva Pascal. Noi reagiamo cercando sempre qualcosa di nuovo da fare che proietti l'attenzione altrove e la distolga da noi stessi.

La noia può essere definita come una mancanza di senso... la noia ci dà sempre l'impressione di essere prigionieri... può capitare che riprovi la sensazione di quand'ero bambino. Ovvero, che non stia accadendo nulla.

È ingenuo illudersi di evitare la noia facendo sempre qualcosa di nuovo, rimanendo costantemente online, inviando messaggi, premendo altri tasti, cercando qualcosa che ci è sfuggito. Più facciamo tutte queste cose per non annoiarci, e più ci annoiamo. Anch'esse diventano routine. Essere impegnati diventa facilmente un obiettivo fine a sé stesso,...

Il confine tra la mancanza di senso, che crea la noia, e la pienezza di senso, che crea la gioia, non è sempre facile tra tracciare. È una linea di demarcazione labile... È importante riflettere su cosa dà significato e gioia alla nostra vita.

Il silenzio arricchisce di suo. Possiede questa qualità intrinseca, esclusiva e preziosissima. È una chiave che ci consente di accedere a nuovi modi di pensare... è un metodo pratico per trovare risposte a quell'enigma affascinante che sono io. È lì che troveremo noi stessi.

Il silenzio è un lusso

Il silenzio, non essere accessibili, potersi allontanare dal rumore quotidiano è un privilegio, è il nuovo lusso.

Il nostro unico obiettivo è quello di essere indaffarati e produttivi. È un'idiozia.

Il silenzio consiste nello riscoprire la gioia di fare una pausa.

È vero che facciamo tutti parte di un continente, ma dobbiamo essere consapevoli in ogni istante della potenziale ricchezza di essere un'isola.

Il silenzio e la contemplazione che deriva dall'essere concentrati nel presente è una risorsa che abbiamo tutti alla nascita ma che crescendo perdiamo. Alcuni per carattere la coltivano, altri la rifuggono. In questo libro non si trova la formula magica per imparare a stare in silenzio e spegnere la mente, l'autore però sottolinea l'importanza di queste buone pratiche. C'è chi medita, chi scrive un diario, chi corre o passeggio. Non serve chissà quale strumento, come scrive Kagge, basta procedere per sottrazione: meno impegni, meno cose, meno gente. Due ingredienti: te stesso e il presente.

Tra tutte, la mia risposta preferita, è l'ultima, la trentatreesima. Ma per saperla, dovrete leggere il libro.

Un'altra riflessione che mi ha procurato questo libro è sul suo opposto: il rumore. Perché se sono consapevole di essere una persona che non ha difficoltà a stare in silenzio e nel silenzio; non ho mai riflettuto sul fatto che devo stare attenta a non fare troppo chiasso. Di questi tempi e in questa società il rumore può avere molte forme: il doversi sentire sempre in diritto e in dovere di dire la propria opinione, ad esempio. Pensare bene e a fondo prima di parlare; è davvero necessario quello che sto per dire, porta qualcosa di buono o di negativo nella conversazione? Oppure, devo sempre e per forza pubblicare qualcosa sui Social, solo perché me lo chiede l'algoritmo? O è meglio ponderare a fondo e condividere solo ciò che porta arricchimento?

 

Adesso rimarrò in silenzio e lascerò che esso separi la verità dalla menzogna.

Rumi

lunedì 1 febbraio 2021

In punta di penna


Ho iniziato questo anno nuovo cercando la lettura di libri di cui sentivo il bisogno. Un po' come quando si hanno carenze alimentari e si prendono le vitamine. Mi sono rivolta agli scaffali dei libri ancora da leggere della mia libreria come di solito mi reco in farmacia con in mano la ricetta delle prescrizioni del medico della mutua.

Quel giorno sul foglio c'era scritto: sullo scrivere, perché è mia intenzione, in questo anno nuovo, dedicarmi di più all'atto dello scrivere, il blog e il mio diario. Se sono ormai pienamente consapevole che per scrivere non serve altro se non iniziare a farlo e che più scrivi più scriveresti, è anche vero che circondarsi di stimoli può dare una spinta. La scrittura poi e i libri su questo tema sono una delle mie due più grandi passioni, l'altra è Virginia Woolf, ed era davvero tanto tempo che non leggevo un libro che narrasse dello scrivere. 

In punto di penna. Riflessioni sull'arte della narrativa” a cura di Will Blythe è il primo di due volumi in cui sono raccolti i saggi di diversi scrittori e poeti che, ognuno a modo proprio, cercano di rispondere alla domanda “Perché scrivi?” e svelare così il mistero della creazione letteraria, come dice Richard Ford nel suo “Da dove viene la scrittura?”:

...la volubile convinzione, diffusa tra le molte persone che non sono scrittori, che gli scrittori siano gente speciale, officianti di un rito sacro, in possesso di una spinta interiore cui sarebbe saggio tentare di accostarsi, per attingere furtivamente all'essenza di una possente vitalità.

E secondo il quale la forza dell'invenzione è l'unica che ci permette di coesistere con il caos di cui siamo circondati, la capacità salvifica, insita in ogni uomo, di immaginare un mondo migliore e, si spera, di provare a realizzarlo.

Per Terry McMillan, invece, scrivere è un atto di attenzione:

ai dettagli della vita quotidiana. Voglio essere una persona migliore. Voglio essere felice più spesso. Voglio sapere perché non lo sono, quando non lo sono. Questo è ciò che mi dona la scrittura.[...] La maggior parte di noi non pensa a quello che fa, ci limitiamo ad agire e reagire. La maggior parte di noi non riflette né si chiede quali siano i veri nodi delle nostre esistenze.

Scrivere mi aiuta a crescere... se riesco ad essere onesta sul serio – dannatamente onesta – scrivere mi fa aprire gli occhi.

Mary Gaitskill scrive un elenco di sei punti, il cui più importante di tutti è secondo me il primo: scrivere o raccontare è un bisogno basilare e fondamentale, un bisogno avvertito da tutti.

La breve risposta di Jayne Anne Phillips è stata quella che mi ha strappato una risata: Non lo so e spero di non scoprirlo.

Quella invece che mi ha commossa di più è quella di Tom Chiarella, all'interno di un lungo e articolato elenco di tutte le cose che non è in grado di fare, di tutti i suoi difetti e incapacità, ad un certo punto afferma: scrivo per riuscire a raccogliere il mondo. E se non scrivo, invece, quel mondo lo attraverso incespicando, e non riesco a fare altro.

Non so voi, ma è proprio quello che io non voglio fare: attraversare la vita incespicando.

lunedì 25 gennaio 2021

Uomini e Troll


Ho finito l'anno e iniziato quello nuovo leggendo “Uomini e Troll” di Selma Lagerlöf. Questo libro l'ho ricevuto come regalo in modo del tutto casuale partecipando ad un'iniziativa su Instagram, in cui Cinzia Ferri (@acasadicindy), ideatrice di questo scambio nominato “Secret Santa”, ti da l'indirizzo di una persona che ha aderito e a cui spedire un pensiero per Natale; il mio è volato in Florida!

Ho pensato sarebbe stata una lettura perfetta per l'inverno e infatti non sono stata delusa. Della stessa autrice svedese, prima donna nella storia a ricevere il premio Nobel per la letteratura nel 1909, avevo letto “Il libro di Natale”, dove avevo imparato della tradizione, che ho poi fatto mia, di regalare libri il giorno della vigilia e del permesso concesso ai bambini di leggerli fino a tardi; questo piccolo particolare invece a VV non l'ho detto.

Ricordo mi fosse piaciuto immergermi nelle atmosfere nordiche, proprio come è avvenuto con quest'altra piccola raccolta di racconti. Oltre ad essere così invernali, i testi di questa autrice sono ricchi di realismo magico, così come di personaggi e credenze che fanno parte della tradizione e delle leggende svedesi. Mi ha invogliata ad approfondire meglio questa letteratura e cultura a noi così lontana e poco conosciuta, se non per falsi miti come quelli collegati ai vichinghi. Ricordo che una delle cose che più mi è dispiaciuta guardando la serie “Vichings” sia stata proprio l'occasione mancata per raccontare qualcosa in più su questo popolo. Per fortuna esistono i libri.

Mentre leggevo i racconti contenuti in questo volume, mi sono trovata a riflettere su come fiabe, leggende e i loro personaggi, troll, folletti, tomte e spiriti fatati fossero tutti testimonianza di un popolo fortemente legato alla natura, abituato a sottostare alle sue a volte inspiegabili leggi e di come l'arrendersi dei personaggi a quello che è un fato avverso fosse invece una sorta di saggezza, l'accettazione di un limite.

In “Una vecchia storia d'alpeggio” una mandriana si attarda a lasciare la malga in alta montagna perché una vacca deve partorire. La marmitta su cui sta facendo il formaggio si mette a borbottare ricordandole del pericolo che sta correndo, perché i troll hanno l'abitudine di trasferirsi nelle malghe appena i pastori in autunno tornavano in valle. Ed ecco che quello che è semplice buon senso, cioè lasciare l'alta montagna prima che diventi pericolosa e invivibile a causa dell'inverno, è trasformato in una leggenda che ricorda di non essere avventati e di ascoltare gli avvertimenti che manda la natura.

Sovente i personaggi di questi racconti sembrano impazzire e questo accade quando, favoriti nelle loro fortune dall'aiuto degli spiriti, oltrepassano il limite, non rispettano le leggi non scritte o diventano schiavi di questi esseri; quasi a ricordarci di come gli uomini siano solo ospiti di questo mondo, governato da forze molto più grandi di loro e che il segreto per stare sulla terra sia una pacifica convivenza.

Insomma, terminata questa lettura, mi è proprio venuta voglia di conoscere meglio Thor, Odino e tutti gli altri protagonisti della tradizione nordica. Il catalogo Iperborea è ovviamente il punto di partenza per approfondire le letterature nord europee; inoltre ho sentito parlare bene, per una prima infarinatura, del libro “Miti del nord” di Neil Gaiman, magari anche come regalo agli appassionati degli Avengers, per insegnargli che non sono nati ad Hollywood.

lunedì 18 gennaio 2021

Quattro libri, quattro insegnamenti

Avrei voluto selezionare “la” lettura di questo anno che si è appena concluso, ma i libri che ho amato molto e che mi hanno colpito particolarmente sono più di uno così, invece di sceglierne solo uno, ho deciso di raccontarvi che cosa mi hanno insegnato. Andiamo in ordine di apparizione:

Virginia Woolf, Vita Sackville West “Scrivi sempre a mezzanotte”

Crescendo ho perso per strada tante amicizie, per i motivi più disparati e con diversi gradi di dispiacere e sofferenza. Ora ho tanti conoscenti, amici con cui mi piace trascorrere il tempo e con cui condividere alcuni interessi, alcune care amiche, ma mi manca La Amica, quella persona con cui hai un legame particolare, speciale, unico. Quella a cui puoi raccontare tutto perché non ti fa sentire giudicata, quella a cui non devi spiegare niente perché ti conosce come le sue tasche, quella a cui non è necessario dire come ti senti perché te lo legge in faccia.

Trovo che più si diventa grandi e più questo tipo di rapporti siano rari. Le ferite del cuore ci rendono più restii ad aprirci, ci si vergogna di più per le proprie debolezze; mostrarci per ciò che siamo sembra quasi infantile. Siamo così preoccupati a fare bella figura, a stare attenti alle buone maniere, a non offendere, ad essere cortesi. Falsi e cortesi, come dice il detto su noi torinesi.

Ma quanto perdiamo in rapporti, così facendo?

Lettera dopo lettera ammiravo questo due donne che non temevano di mostrarsi per quello che erano, che non celavano i loro pensieri e sentimenti, che si amavano oltre difetti e debolezze perché erano in grado di vedere il cuore pulsante dell'anima dell'una e dell'altra e le invidiavo molto. E quindi?

Mostriamoci per quello che siamo. Non abbiamo paura di parlare, dire quello che pensiamo. Raccontare la nostra visione del mondo. Svelare i nostri sentimenti. Potremmo rimanere sorpresi.

Nigel Nicolson “Ritratto di un matrimonio”

Quasi a voler proseguire il discorso del libro precedente, per aprire il nostro cuore e non vergognarci di quello che custodisce, dobbiamo renderci conto che non c'è un solo modo di vivere, un unico modo di pensare, un particolare modo di sentire. Se vogliamo essere noi stessi ed essere accettati dobbiamo aprirci alla complessità della vita e alle sue infinite sfaccettature. Sono convinta che ancora adesso molte persone sarebbero scandalizzate se leggessero dello stile di vita di Vita Sackville West e del marito, quasi il loro comportamento li offendesse direttamente.

Anche in questo caso ho invidiato molto la loro libertà, il loro coraggio e il loro affiatamento nel perseguire la vita che desideravano, senza preoccuparsi di quello che avrebbe detto la gente.

Do what you feel to be right in your heart, for you'll be criticized anyway.

Eleanor Roosevelt

(Fai ciò che in cuor tuo senti essere giusto, perché verrai criticato in ogni caso)

Sandro Veronesi “Caos calmo”

Della bella scoperta che è stato Veronesi ve ne avevo raccontato QUI. Il mio preferito in assoluto, tra i suoi due libri che ho letto durante l'estate, è stato proprio questo.

La lamentela che mi capita di sentire più frequentemente riguarda la mancanza di tempo. Sorvoliamo sul fatto che sono convinta che per molte persone sia diventato un vezzo, come il dichiararsi sempre impegnati equivalga essere persone di una certa “importanza”. Sta di fatto che siamo così presi dalle nostre vite, dai nostri impegni, che gli anni passano e noi siamo occupati in una perenne corsa, diretti dove non lo sappiamo bene neanche noi.

Pietro, il protagonista del libro, ci mostra che se ci fermiamo non succede niente. O meglio, non succede nulla di così grave, che la nostra vita non va in pezzi, anzi, potrebbe succedere anche qualcosa di bello, o per lo meno, potremmo ricevere una sorta di rivelazione. Perché quello che molte persone non si rendono conto è che se vuoi capirci qualcosa, in tutto come nella vita, ti devi fermare a riflettere. Non puoi riflettere mentre sei impegnato a correre chissà dove. Tranne la corsa quella vera, lo sport intendo, allora sì, non avete idea di quanta meditazione mentre si corre.

E allora fermiamoci. Bastano anche solo dieci, venti, trenta minuti, ogni giorno.

Franco Faggiani “La manutenzione dei sensi”

Un padre e un figlio in affido si trasferiscono in montagna e incominciano una nuova vita al ritmo della natura e delle stagioni. Niente di più semplice e banale. Peccato che sovente ce lo dimentichiamo che ne abbiamo bisogno, che stare tutto il giorno seduti davanti al computer non è la nostra condizione naturale, il nostro corpo ha bisogno di muoversi, non solo al chiuso di una palestra, i nostri polmoni hanno bisogno di respirare aria fresca, i nostri occhi hanno bisogno di orizzonti più ampi (non è una metafora, fa male agli occhi guardare sempre fisso lo stesso punto) e dei colori del cielo e della terra.

Vinciamo la pigrizia, perché è di questo che si tratta. Smettiamola di accampare scuse sulla mancanza di tempo (vedi quanto scritto sopra) e sforziamoci di uscire più spesso. Anche nel parco sotto casa, ma all'aperto.

Sii te stesso. Non conformarti. Fermati. Stai di più in mezzo alla natura.

Questi gli insegnamenti che ho ricevuto dalle letture del 2020 e che metterò in pratica in questo anno appena iniziato.

giovedì 14 gennaio 2021

Tra le righe - Donne che corrono coi lupi

Tra le cose che voglio sicuramente riprendere in mano durante questo nuovo anno c'è anche la newsletter.

Nata nel novembre del 2017, anno in cui a quanto pare avevo parecchio da scrivere, come raccontavo QUI, ha avuto in realtà un andamento molto altalenante. Il piacere però di avere un contatto diretto con voi, molto più approfondito rispetto al commento ai post sul blog, non è mai venuto meno.

E proprio perché di approfondimento voglio che tratti, ho deciso che dedicherò buona parte dei prossimi mesi a scrivervi mail su una lettura in particolare: “Donne che corrono coi lupi”; un po' psicologia, un po' spiritualità, tanta poesia, miti e fiaba, un libro culto sulla donna selvaggia, intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice. Su che cosa significhi per me questa lettura ve lo avevo raccontato QUI e QUI; l'intento della newsletter sarà invece proprio quello di una lettura condivisa, nel senso che io lo leggerò per voi e capitolo per capitolo vi racconterà sensazioni, impressioni, riflessioni e vi darò eventuali spunti. Se avrete voglia di leggerlo a vostra volta sarà ancora meglio, ma non è per forza necessario.

Nel caso non siate (ancora) iscritti alla mia newsletter, farlo è molto semplice: inviatemi una mail a leparoleverrano [@] libero.it mettendo nell'oggetto “Scrivimi”.

Andate nel bosco, andate. Se non andate nel bosco, nulla mai accadrà, e la vostra vita non avrà mai inizio. Andate nel bosco, andate.

Allora, ci inoltriamo?


lunedì 11 gennaio 2021

Back to basic

 


Mi dovete immaginare così: davanti al computer, la pagina aperta sul sito del blog mentre mi domando, in puro stile Marie Kondo, “Spark Joy o no?”

Non esagero se affermo che ho passato buona parte del 2020 a domandarmi che cosa farne di questo blog, a cercare di capire se continuare a scriverlo o buttare tutto alle ortiche. Per come sono fatta credetemi se dico che questo pensiero era quasi un quotidiano tormento, perché patisco le cose lasciate a metà, soffro per le questioni non risolte, al punto che sovente ho preferito una decisione avventata e impulsiva pur di mettere la parola fine e togliermi il pensiero.

Nel caso del blog però sentivo che chiudere tutto non sarebbe stata la scelta migliore e che, col passare del tempo, me ne sarei pentita amaramente; come per altro mi sono pentita di molte decisioni prese su due piedi in passato. E se è vero che errare è umano ma perseverare è diabolico, con la maturità ho imparato che non c'è niente di male a darsi una seconda (terza, quarta,...) possibilità. In realtà è proprio la perseveranza a portare i risultati; il mondo è pieno di persone famose che sono arrivate dove sono e hanno ottenuto quello che hanno perché non hanno mai gettato la spugna.

Poi un giorno mi sono detta “Quanto la fai grossa e complicata Francesca...” e ho avuto una sorta di rivelazione: torniamo alle origini, da dove tutto era nato, semplifichiamo. Questo blog l'ho aperto perché avevo il fortissimo desiderio di condividere le mie letture e poi strada facendo ho cercato di modificarlo o adattarlo a tutto quello che leggevo in giro su come “dovrebbe” essere un blog, perdendone così la sua genuinità. Il blog è, di nascita, un diario in rete, niente di più e niente di meno. Pazienza se con il passare degli anni ha subito un'evoluzione ed è, anche, diventato uno strumento di lavoro e una fonte di guadagno. Sarebbe come se tutti dovessimo smettere di giocare a tennis solo perché non siamo dei campioni; c'è chi gioca a tennis perché si diverte e basta e c'è chi scrive un blog perché ha piacere di tenere un diario pubblico.

È un errore che si commette sovente, quello di lasciarsi bloccare dal confronto e dalle aspettative che arrivano dall'esterno, pochi ne sono immuni e richiede un grande sforzo e una grande forza interiore per proseguire per la propria strada; che non significa non imparare dai propri errori o non cercare di migliorarsi, ma neanche perdere di vista il perché si sta facendo qualcosa e l'obiettivo che ci si è posti.

Ho piacere di continuare a condividere le mie letture e la passione per i libri, proprio come scrivevo QUI, più di undici anni fa.

Abbi ben chiara la cosa da dire, le parole verranno.

Catone Il Censore