martedì 23 marzo 2021

Ti chiederanno del nostro amore



Mentre siedo al computer, chiusa nello studio, mi arrivano le voci di mio marito e nostra figlia mentre ripassano le tabelline. Sorrido per la tenerezza di questo momento, allo stesso tempo mi rendo conto di quanto sia ordinario. Centinaia e centinaia di genitori prima di noi hanno compiuto i medesimi gesti e adesso è il nostro turno. Quando siamo diventati grandi? Era così che l'avevamo sognata la vita adulta? Ordinaria?

Giorgio voleva un gelato, Lorenzo insisteva per andare al parco giochi, Alice aveva bisogno di aiuto per allacciare le scarpe. Intrecciò i lacci della piccola con un gesto lungo e ordinato, lasciando a Francesco l'onere di calmare i gemelli; senza dirsi nulla decisero di tornare a casa, e in quel momento – quando i corpi si erano parlati senza bisogno delle loro voci – Giulia sentì che la familiarità aveva smesso di essere rassicurante, ed era diventata una noiosa abitudine.

Quand'è che mettiamo il pilota automatico? Quand'è che iniziamo a comportarci in un certo modo perché così hanno fatto i nostri genitori prima di noi, perché è così che si fa, è quello che ci si aspetta da noi, ora che siamo noi gli adulti. Quante rinunce siamo disposti a fare? Quanta vita sprechiamo prima di accorgerci che non stiamo vivendo ma solo sopravvivendo?

Nella vita abbiamo due strade possibili, Marco: quella della rassegnazione, e quella del desiderio. Non esiste una terza via. Vale per tutti, ma spesso ce ne accorgiamo solo quando andiamo a sbattere contro un muro.

Marco in quel muro è andato a sbattere; ha scoperto di avere un tumore ai polmoni e il tempo per lui è diventato quello che ti resta. Come succede sempre in queste situazioni, Marco incomincia ad interrogarlo questo tempo, a interrogare se stesso, a sentire improvvisamente un'urgenza.

Marco e Giulia si amano sin da quando erano dei giovani studenti universitari; il loro è un amore mai veramente vissuto perché i loro orologi non erano mai sincroni. Tra un Erasmus, un lavoro a New York, matrimoni, convivenze, figli e figliastri gli anni sono passati e adesso il tempo stringe.

È tutta la vita che aspettiamo il nostro tempo. E intanto lo perdiamo.”

Paola Demartini in “Ti chiederanno del nostro amore” edito da Autori Riuniti racconta questa storia d'amore, ma anche molto di più: la mia generazione, quella tra i quaranta e cinquant'anni, che si è ritrovata adulta senza coordinate, che da giovane pensava di non commettere gli stessi errori dei propri genitori e poi è finita per sistemarsi, assecondando forse i loro desideri e non i propri. Ma soprattutto ti parla del tempo, giocando e tenendo il lettore inchiodato con salti temporali, facendo scorrere sotto gli occhi del lettore le vite di Marco, Giulia e i loro amici. Ma quel tempo è anche il nostro ed è inevitabile alla fine domandarsi come la stiamo vivendo, questa “trama incerta”, se cogliamo il senso di ciò che ci sta accadendo e se siamo attori attivi o estranei.

Forse il segreto è tutto lì, in quello sguardo che è anche sulla copertina del libro e che aveva attirato la mia attenzione: perché se come Marco, non siamo sempre responsabili di quello che ci accade, siamo noi a decidere come lo vediamo e come reagiamo.

Crediamo di conoscere noi stessi, e poi arriva qualcosa che ci svela come siamo. Come siamo davvero, voglio dire. A volte scopriamo di essere migliori di quel che abbiamo sempre pensato, altre di essere un vero disastro. Ma finalmente possiamo guardarci dentro.

martedì 16 marzo 2021

Che cosa possiamo imparare da Harry e Meghan sul tema famiglia

Sembra esserci una notizia che occupa i giornali e che sembra stia scalzando addirittura il Covid, o almeno questa è l'impressione della sottoscritta che, dai tempi del matrimonio di William e Kate, si è appassionata alle vicende della famiglia reale inglese: l'intervista bomba rilasciata a Oprah Winfrey da Harry e Meghan. Al di là del gossip e delle vite pubbliche che conducono i coinvolti in questa scandalosa questione, quello che è accaduto può essere uno spunto per riflettere sulle dinamiche familiari, cioè un argomento che volenti o nolenti ci coinvolge tutti.

Famiglia d'origine famiglia dell'età adulta

Se Don Paolo leggesse questo mio post mi farebbe ripetere il corso prematrimoniale, perché durante tutti gli incontri aveva ripetuto fino alla nausea la differenza tra la famiglia d'origine, cioè quella in cui uno nasce, e quella della famiglia che ti crei in età adulta; che può avere diverse forme oltre alla classica moglie, marito, figli (ma questo Don Paolo non lo diceva, lo aggiungo io). Crescendo il significato che diamo alla parola famiglia dovremmo deciderlo noi e non dovrebbe essere un problema se questo significato si discosta da quello originale. Famiglia possono essere gli amici, gli amici a quattro zampe, alcuni colleghi di lavoro, i vicini di casa. Insomma, non per forza di cose ci deve essere coincidenza tra le la famiglia d'origine e quella dell'età adulta, e non per forza di cose questo significa che si vuole meno bene ai primi o che non si vuole più avere a che fare con loro.

In Italia, soprattutto, ho l'impressione che tagliare il cordone ombelicale sia molto più complicato, il senso di attaccamento alla famiglia sembra sempre molto forte. Questo non è per forza di cose un problema, ma potrebbe esserlo e sovente lo è.

Spiccare il volo

Harry ha spiccato il volo. Ha letteralmente preso un aereo e ha messo chilometri di distanza tra la sua famiglia e quella d'origine. Avrà avuto i suoi buoni motivi per farlo, tutti dovremmo avere la libertà di farlo, ma molto spesso non è semplice e serve enorme coraggio e molta forza di volontà, perché sovente viene vissuto come tradimento.

C'è una narrativa all'interno di una famiglia che fa si che i ruoli siano assegnati fin da quando si è bambini, ma spesso diventano poi rigidi e soffocanti, facendoci sentire bloccati nel passato. Le persone devono poter cambiare, se lo desiderano, anche se sovente questo cambiamento non viene riconosciuto o viene accettato con difficoltà. 
Il nostro cervello cerca sempre di proteggerci e qualsiasi cambiamento lo vive come una minaccia, ecco perché cambiare è così complicato. Se tu cambi, le persone che ti sono vicine, che stanno bene come sono e dove sono, potrebbero sentirsi minacciate dal tuo nuovo te stesso. L'errore che spesso si commette è di prendere sul personale questa resistenza al cambiamento degli altri. Ma le loro reazioni non hanno nulla a che fare con noi, se le persone reagiscono male al cambiamento di qualcun' altro, questo rivela solo che c'è qualcosa di non risolto in loro.

Dire basta

Harry e Meghan, con questa intervista, hanno voluto raccontare la loro versione della storia e soprattutto hanno voluto dichiarare apertamente che cosa per loro è accettabile e che cosa no.

La parte più difficile, quando si tratta della famiglia d'origine con cui, indubbiamente e per forza di cose si hanno rapporti molto stretti, è mettere dei confini; più sei vicino e intimo di una persona più è complicato mettere dei paletti. Sovente però tendiamo a dimenticarci che quest'ultimi sono per noi, definiscono che cosa permettiamo e che cosa non permettiamo all'interno della nostra vita e quando non li esplicitiamo con le persone che ci stanno affianco siamo noi che stiamo commettendo un grosso errore nei loro confronti. Se non rendiamo noti i nostri confini, le persone non sapranno della loro esistenza e continueranno a superarli. Capita, anche questo con una certa frequenza, che non mettiamo confini perché abbiamo timore di non piacere, abbiamo timore di quello che le persone potrebbero pensare di noi e delle nostre richieste, abbiamo paura di non venire accettati. Oppure li mettiamo in dubbio, quando invece dovremmo dubitare della persona che non vuole rispettarli. 
Qualunque sia il motivo, dovremmo smettere di preoccuparci e iniziare a farci rispettare.

Volere l'ultima parola

Quanto scritto qui di seguito non può applicarsi in tutti i campi e su tutti i temi, ci sono cose che sono obiettivamente oggettive e verità universali. Qui però stiamo parlando di questioni familiari e tutti quegli scontri o tensioni che possono venire a crearsi; parliamo di sentimenti, non se il nazismo è stato un obbrobrio oppure no.

La realtà è un'esperienza soggettiva, ma non ce lo ricordiamo mai. Quanto tempo perdiamo in litigi e discussioni perché siamo convinti di avere ragione, vogliamo portare avanti il nostro pensiero, cerchiamo di spiegare a chi ci è di fronte la nostra versione e insistiamo indefessi finché non ci viene riconosciuto di essere nel giusto. La verità è che la nostra versione dei fatti è sempre valida, anche se non è condivisa da un'altra persona. 
Il giorno in cui ho letto che il voler per forza di cose arrivare a un accordo è sempre una versione di people-pleasing, è stato per me un giorno di rivelazione. Insistere per spiegarci, per avere un confronto è solo il nostro bisogno che quella persona elimini il disagio che proviamo all'idea di non piacere a qualcuno. Ecco, forse dovremmo imparare che è impossibile piacere a tutti, potremmo non piacere anche alla nostra famiglia d'origine.

Quante volte quindi “per evitare discussioni” ci siamo costretti a dire o fare cose che non desideravamo fare? Quante volte non abbiamo fatto qualcosa perché non ci sentivamo in diritto? Dimenticandoci che siamo responsabili innanzitutto della nostra felicità, che non dobbiamo avere il permesso di nessuno per perseguirla e per vivere la vita che desideriamo, anche se ci sentiamo egoisti e in colpa, accettando l'eventualità di non venire compresi.

Every time you're given a choice between disappointing someone else and disappointing yourself, your duty is to disappoint that someone else. Your job, throughout your entire life, is to disappoint as many people as it takes to avoid disappointing yourself.

Glennon Doyle

Cosa penso di Harry e Meghan? Che abbiano fatto bene a rinunciare al loro ruolo di reali, se questo non li rendeva felici; che abbiano fatto bene a denunciare falsità e qualsiasi violazione abbiano commesso gli organi di stampa (a parte i pettegolezzi, persone di quel calibro dovrebbero saperli tenere nel giusto conto), ma francamente le persone che si mettono a parlare male e accusare in mondovisione non hanno la mia stima. Le accuse che hanno mosso sono molti gravi, ma avrebbero potuto affrontarle in altra sede e in altro modo; così facendo è facile pensare abbiano scelto visibilità ed è meschino cercarla screditando gli altri. Harry e Meghan sono un buon esempio di come ad insistere a voler dimostrare a tutti i costi di avere ragione non ti fa fare una bella figura e di come sia deleterio continuare a pensare e rimuginare sul passato.

lunedì 8 marzo 2021

16 libri per un nuovo sguardo

Non sono mai stata una femminista. Non mi sono mai preoccupata di esserlo. Nella mia miopia ho sempre pensato che sarebbe stato sufficiente “coltivare il mio orticello”. Solo recentemente ho realizzato di quanto il problema sia grave e pervasivo, come se all'improvviso si fosse sollevato il velo che copriva i miei occhi e ora, quotidianamente, noto l'elefante nel negozio di cristallo.

Questo cambiamento è merito, a dimostrazione che non tutti i mali vengono dai Social, di alcune persone che ho iniziato a seguire su Instagram, che compiono la lotta quotidiana di combattere stereotipi, disuguaglianze, maschilismo, razzismo e che mi ricordano come questi problemi siano parte della nostra cultura. Ne siamo tutti vittime e carnefici, anche solo semplicemente con il nostro silenzio.

La famosa scrittrice Michela Murgia, è uscito proprio in questi giorni il suo ultimo libro “Stai zitta”; Teresa Cinque e i suoi monologhi che strappano risate e riflessioni; Carolina Capria, nota come “L'ha scritto una femmina”; Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi fondatori di Tlon Edizioni; e Cathy La Torre, avvocato in prima linea. È loro il merito del mio nuovo sguardo, li ascolto sempre con molta attenzione e, ovviamente, mi appunto con dovizia tutti i libri che suggeriscono.

Ho pensato quindi, in questa giornata dedicata alle donne, di condividere con voi quei volumi a stampo più femminista; ce ne sono per tutti i gusti, anche genitori, bambini e ragazzi. Se vogliamo il cambiamento, dobbiamo iniziare da noi stessi.

 









 

lunedì 1 marzo 2021

I libri che non vi ho detto

 

Ho più volte affermato che dei libri che non mi sono piaciuti non parlo e non scrivo; non mi piaceva l'idea di portare una parte negativa, sebbene ben argomentata, nella mia stanza tutta per me, cioè questo blog, e soprattutto che non avrebbe portato nessun valore aggiuntivo. Insomma, a che pro parlare di qualcosa che è brutto?

Poi si cresce, si cambia, si matura e magari si ha voglia di fare un piccolo sforzo in più perché tutto, anche le cose brutte, ci lascino qualcosa, un piccolo insegnamento su di noi, i nostri gusti o modi di agire. Una cosa che non si dovrebbe mai smettere di fare è avere voglia di imparare.

Con i lettori della mia newsletter siamo alle prese con il libro “Donne che corrono con i lupi”, (stiamo affrontando i primi capitoli, quindi siete ancora in tempo nel caso vi voleste unire) e abbiamo da poco incontrato un personaggio che si chiama La Loba che ci chiede di fare una cosa molto importante: rimanere nel deserto e raccogliere le ossa. Il deserto è una metafora per rappresentare tutte quelle situazioni difficili e negative in cui capita di trovarsi e nelle quali, giustamente, nessuno desidera soffermarsi più del dovuto. Oltre a chiederci di non scappare a gambe levate, La Loba ci chiede di andare alla ricerca delle ossa, che in questo caso rappresentano la parte più nascosta di noi, la più importante, lo scheletro di cui siamo fatti e che noi abbiamo perso e lasciato morire. Perché la parte più preziosa di noi dobbiamo cercarla nel posto in cui stiamo male? Perché sono proprio le cose negative a pungerci sul vivo, sono proprio le cose che ci piacciono di meno o che ci fanno male a rivelarci che cosa è importante per noi. Lo stesso lavoro si può fare con i libri.

In passato se iniziavo a leggere un libro faticavo ad abbandonarlo, anche se mi stava annoiando a morte o non mi piaceva per niente, perché non mi piaceva lasciare una lettura incompleta. Crescendo ho cambiato idea e ho raggiunto l'opinione che la vita è troppo corta per sprecarla con brutti libri e ora abbandono senza alcuna pietà o rimorso. Da poco ho aggiunto un piccolo tassello a questo mio modo di agire e ho incominciato a chiedermi il perché. Perché questo libro mi annoia/irrita/agita/...? Perché questo personaggio non mi piace? Perché non provo empatia? Le domande possono essere delle più svariate a seconda dei sentimenti che ha evocato fin lì la lettura.

Può capitare, ad esempio, che un personaggio mi sia particolarmente antipatico perché riconosco in lui un mio difetto o modo di fare che ho difficoltà ad accettare. Vedermi riflessa in lui potrebbe aiutarmi a comprendermi meglio, a cercare di cambiare quella parte di me oppure finalmente accettarla. Oppure potrei riconoscere in un personaggio una persona a me vicina con cui ho problemi di relazione e anche in questo caso potrei avere delle rivelazioni, magari capire finalmente il perché non andiamo d'accordo.

In sostanza quello che suggerisco di fare è un cambio di prospettiva; invece di soffermarvi sul perché quel libro, o quella persona perché vale anche nelle relazioni, è scritto così male, si comportano in quel modo o dicono quelle cose, provate ad interrogarvi perché voi reagite così. Le nostre reazioni, il nostro modo di agire parlano sempre di noi e rivelano lo stato della relazione con noi stessi. Potreste fare delle scoperte interessanti, vi racconterò prossimamente le mie nella nuova veste della rubrica “I libri che non vi ho detto”.