lunedì 20 febbraio 2017

Tre cose che ho imparato grazie alla malattia


Se c'è una cosa che ho constatato da quando mi sono ammalata è che è difficile, per le persone che ti sono accanto, comprendere fino in fondo come ti senti, che cosa pensi, quello che provi; è più facile per chi ha vissuto un'esperienza uguale o simile ma, esattamente come capitava all'università che passavi da chi ti diceva che il tale professore era un incompetente, oppure un fetente agli esami, a chi l'aveva adorato: ogni esperienza è unica.
Condividere però può aprire uno spiraglio, gettare un piccolo fascio di luce, aiutare a capire, anche in minima parte. Qui di seguito tre cose che hanno generato un grosso cambiamento in me e nel mio modo di pensare, o che mi hanno fatta arrabbiare...

Ed è subito odore di santità
Quando dicono “Tutto questo mi ha insegnato a mettere in giusta prospettiva le cose, a comprendere a che cosa davvero dare importanza nella vita”. E io mi sono sempre immaginata sul viso di chi parla uno sguardo di superiorità, di chi ha la verità in tasca. Me lo sono anche immaginato non battere ciglio mentre è in coda se qualcuno gli passa davanti perché lui non ha tempo da perdere in queste sciocchezze, ci sono cose più importanti nella vita.
Io invece parto dal presupposto che sono già arrabbiata per quello che mi è successo e se tu mi passi davanti non sono affatto serafica, perché semmai io ho forse meno tempo da perdere di te. Voglio la corsia preferenziale, non l'aureola.

Devi essere forte, stai combattendo una battaglia
Lo so che chi lo dice lo fa con tutte le buone intenzioni e per spronarti ad essere forte e tenere duro. La verità però è che implica una tua responsabilità nell'esito che purtroppo non hai: se guarisci sei stata brava, se non lo fai hai fallito. Io posso decidere come affrontare la prova a cui sono stata messa di fronte, posso decidere se lasciarmi sommergere e schiacciare, o cercare in tutti i modi di non farmi abbattere, di tenere alto l'umore e cercare di continuare a vivere e non sopravvivere. Prendo coscienziosamente le medicine che mi danno i medici e spero, posso solo sperare; l'esito purtroppo non dipende da me (per fortuna! Voi la vorreste questa responsabilità???). Sento che non ci sono vinti né vincitori.

Sette vite come i gatti
Quando scopri di essere malato la vivi come una grossa ingiustizia. “Perché a me? Perché proprio io?” e ti senti sfortunato, guardi gli altri con occhi arrabbiati quasi fosse colpa loro. Per molto tempo mi sono sentita come se tutti gli altri fossero nati con sette vite come i gatti e io, invece, una sola. Poi un giorno l'illuminazione: se c'è una cosa che ci accomuna è proprio la morte, è il destino di tutti. Solo in quel momento ho compreso davvero fino in fondo quello che mi ha detto il mio medico quando ha visto che ero confusa: “Vuoi che parliamo di percentuali? Vuoi che parliamo di probabilità? Perché quello che ti posso dire io è che incominciamo ad avere che fare con loro nel momento esatto in cui veniamo al mondo: la possibilità di ammalarci, di avere un incidente, ecc.”
Ho capito che posso scegliere di passare il mio tempo a preoccuparmi per la mia malattia o accettare il fatto che il mio destino potrebbe essere di morire per la classica tegola sulla testa: tanto non lo so e rischio solo di sprecare il mio tempo, quello che mi è concesso e che nessuno, nessuno di noi sa quant'è. E voi non sapete che sollievo.
Abbiamo riso tutti alla famosa frase “Ricordati che devi morire!”, “Sì sì, mo'... mo' me lo segno”. Date retta a una cretina, segnatevelo.

Remembering that you are going to die is the best way I know to avoid the trap of thinking you have something to lose. You are already naked. There is no reason not to follow your heart.
Steve Jobs

Facciamo in modo di essere vissuti abbastanza.
Seneca

(Ricordare che sei destinato a morire è il modo migliore per evitare la trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Sei già nudo. Non c'è nessuna ragione che ti impedisca di seguire il tuo cuore.)

4 commenti:

  1. Da quando sto male ho rivalutato molte cose stupide che prima trovavo esistenziali, ma la malattia è stata anche utile per mettermi come priorità (nel rispetto altrui) dandomi il diritto di prendermi spazi e tempi.
    E capisco il discorso delle percentuali (che pretendo ad ogni visita, e ad ogni visita non mi vengono date) perchè so quanta speranza si annidi in quei numeri; ma dobbiamo tirarci ulteriormente su le maniche e vivere senza (troppa) rabbia e risentimento.

    Un grande abbraccio.

    Alice

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo con te sul buono e sano "egoismo"; sulle percentuali, sto cercando di imparare a viverci senza, non ho mai amato la matematica; la rabbia e il risentimento non sono durate molto, non sapevo con chi prendermela (Dio? La vita? Il destino? Il fato?), ogni tanto è dura scacciare la tristezza...
      Ti abbraccio anch'io.

      Elimina
  2. Cara Francesca, è davvero difficile lasciare un commento. Le tue parole sono così forti e così vere che qualsiaso cosa sembra poco. Arrivano proprio in un momento in cui sto vivendo e pensando tanto a questo tema.
    Ti lascio quindi un abbraccio perchè in questo momento credo sia la cosa migliore che ho. claudiag

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi dispiace che tu stia attraversando un periodo accompagnato da questi pensieri. Spero torni presto il sereno.
      Ti abbraccio forte.

      Elimina