sabato 11 aprile 2020

La mia versione della storia


Sono diversi giorni che rifletto se scrivere, cosa scrivere, perché scrivere. Di solito, quando lo faccio, è perché sento una forte spinta e motivazione dentro di me, quel famoso qualcosa da dire. Mi rendo conto però che il periodo che stiamo vivendo è molto complesso, molto sfaccettato e che, soprattutto, non tutti lo stiamo vivendo allo stesso modo. Ci sono così tante variabili, così tante questioni e campi che vengono toccati, è veramente difficile prenderli in considerazione tutti, è impossibile fare un discorso generale che possa arrivare a tutti e che non ferisca nessuno.
Però è anche vero che io non l'ho mai fatto, e non ho neanche mai cercato di farlo; questo blog è il mio sguardo sul mondo, unico, soggettivo. Capita che qualcuno vi si riconosca, oppure che trovi uno spunto per provare anche lui a guardarlo in quel modo. Condividere il mio sguardo è l'unica cosa che posso e so fare.
Inizierei dal fatto che sono grata. Proprio così, sono immensamente grata. Mio marito ed io ce lo siamo detti più volte in questo periodo. Noi e i nostri cari stiamo tutti bene (e speriamo di continuare così), abbiamo una casa accogliente in cui ci sentiamo al sicuro, abbiamo la fortuna di avere un piccolo giardino dove stare all'aperto e un terrazzo su cui stiamo pranzando, facendo merenda, lavorando e facendo i compiti. Sembro l'unica ad essere preoccupata del fatto della solitudine di VV, perché anche se lei ammette di sentire la mancanza dei suoi coetanei, non l'ho mai vista così serena. Assistere poi alla magia della sua fantasia e dei lunghi giochi che si inventa da sola è bellissimo. È una bravissima studentessa e non vi nascondo che mi piace molto organizzare le sue ore di studio e trovare attività ed esercizi per approfondire gli argomenti e soddisfare la sua curiosità. Stiamo facendo finalmente i lavori di riparazione della casa che rimandavamo da troppo tempo e li stiamo facendo noi, trovando anche molta soddisfazione nel farli. Ci dilettiamo in cucina, guardiamo film, serie tv, leggiamo molto, guardiamo video di biblioteche o librerie che leggono albi illustrati.
Se pensate che mi stia vantando state interpretando male. Riconoscere le mie fortune è una forma di rispetto verso chi non le ha. La famosa frase “Quando siete felice fateci caso” di David Foster Wallace può essere declinata in vari modi, la gratitudine è una di questi. Questo tempo che stiamo trascorrendo insieme è un dono.
Non dimentico il contorno, non sono così ingenua o superficiale, così come non sono chiusa nella piccola bolla del mio mondo: ci sono i malati, ci sono i morti, c'è chi sta per perdere il lavoro e chi l'ha già perso. C'è mia madre a casa da sola, che sembra reagire bene, ma chi può davvero saperlo, magari mente, per non farci preoccupare.
E adesso tiro le fila. La cosa più assurda per me di questa situazione è che io l'ho già vissuta. Solo che ero l'unica ad essere malata, non il mondo intero. Credetemi quando vi dico che per me è pazzesco rivivere attraverso tutti voi, quello che ho passato io: la paura, la rabbia, l'impotenza, la mancanza di un futuro. Credetemi quando vi dico che, dalla mia esperienza, l'unica cosa che possiamo fare è fare del nostro meglio con quello che abbiamo. Credetemi quando vi dico che la stessa storia può essere raccontata in tanti modi e vi invito a cercare di vedere e raccontare il buono e il bello. Non abbiate paura del fatto che la vita non sarà mai più la stessa perché domani non è mai uguale a oggi e voi avete il potere di (provare a) renderlo migliore.
Ieri durante la cena ho chiesto a VV se le sarebbe piaciuto leggere un libro insieme e le ho suggerito di andare a sbirciare tra i miei libri di bambina/ragazzina. È tornata con “Piccole donne”. Alla veneranda età di 41 anni ho iniziato a leggere per la prima volta “Piccole donne” (l'avevo diverse volte preso in mano e poi abbandonato dopo poche pagine, lo trovavo noioso e sdolcinato).
Il primo capitolo si chiude con le quattro sorelle raggruppate attorno alla madre mentre legge la lettera del padre dal fronte di guerra; che si conclude così:
... ricorda loro che nell'attesa si possono compiere tanti lavoretti, così che molte giornate dolorose non saranno trascorse inutilmente.”
Questo il mio augurio per Pasqua: facciamo in modo che tutto questo dolore non sia stato inutile.

Vi abbraccio, Francesca

2 commenti:

  1. Apprezzo molto questo tuo post. Io, fondamentalmente una persona pessimista e di quelle che si incazzano facilmente (scusa il francesismo), scrivo da 3 anni un diario della gratitudine. Ho iniziato questa pratica in un momento un po' difficile, per convincermi che c'era del bello in ogni giorno. E mi ha cambiata. Molto. Riconoscere quello che si ha è fondamentale, prezioso e moltiplica quanto si ha. È bello leggere che voi riusciate a rendere queste giornate più piacevoli. Che non vuol dire ignorare cosa succede fuori, ma conservare del buono dentro. Sono in ritardo per gli auguri di Pasqua, ma ti auguro un buon proseguimento di settimana. Posso aggiungere una cosa? 41 anni???? ma davvero? Te ne davo,bah, 35 al massimo!

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    1. Anch'io in un momento molto brutto della mia vita, ho tenuto una sorta di diario della gratitudine: mi è stato di grande aiuto.
      35? Magari! Grazie.

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