lunedì 22 febbraio 2021

Sola a presidiare la fortezza


Non ce ne rendiamo conto ma spesso siamo noi, basandoci su esperienze precedenti, a crearci delle aspettative e sempre noi facciamo in modo così che queste vengano deluse; riflettevo tra me e me l'altro giorno, dopo aver concluso la lettura della raccolta di lettere “Sola a presidiare la fortezza” di Flannery O'Connor. Questo a dimostrazione del fatto che leggere non è solo una forma di intrattenimento, i libri hanno sempre qualcosa da insegnarci, soprattutto quando meno ce lo aspettiamo.

So per certo che ho comprato questo libro per due motivi: mi piacciono le raccolte di lettere e i libri che parlano di scrittura; infatti ho amato molto quelle di Virginia Woolf e Emily Dickinson (aspettativa). Ma se avessi riflettuto meglio avrei capito che non era così scontato mi sarebbe piaciuto anche questo libro (delusione), considerato che non conoscevo assolutamente l'autrice ne ho mai letto i suoi romanzi e i suoi racconti.

Leggere le lettere di Flannery O'Connor è stato un po' come partecipare ad una cena tra persone che si conoscono da molti anni e tu invece non conosci nessuno: spesso non sai di cosa stanno parlando e ti è impossibile partecipare alla conversazione; sei solo uno spettatore, isolato e spesso annoiato. Presi dalla foga delle chiacchiere, nessuno si prende la briga di stare a spiegarti a che cosa si riferiscono, chi sono il Tizio e il Caio di cui stanno parlando, cosa è successo in quel determinato giorno e perché, lo danno per scontato. Perché dovrebbero perdere tempo con te?

Lo stesso fa, giustamente, Flannery O'Connor nelle sue missive: non mi fa un riassunto della lettera a cui sta rispondendo e soprattutto non mi racconta la trama dei suoi libri, si suppone che sia lei che la persona a cui sta scrivendo sappiano di cosa stia parlando, perché lei il libro l'ha scritto e l'altra l'ha letto. Niente di più ovvio, mi verrebbe da aggiungere.

Così ho potuto apprezzare il 30% delle lettere, ma lo considero comunque un buon risultato; ho trovato molte riflessioni interessanti sulla scrittura, sulle diversità tra romanzo e racconto, sulle sue letture e, grazie alla mia “ignoranza”, ho potuto apprezzare in modo inatteso una voce nuova. Se dovessi immaginare uno scrittore americano del sud, lo immaginerei proprio così: diretto e sincero, freddamente sarcastico, spesso offensivo, dissacrante, menefreghista. I vecchi e schiavisti sudisti, induriti dal massacrante lavoro nei campi, chiusi, bigotti ma sempre con la battuta pronta. Altro che Rossella O'Hara!

Due sono i peccati peggiori del cattivo gusto nella narrativa: la pornografia e il sentimentalismo. In uno c'è troppo sesso, nell'altro troppo sentimento. Devi utilizzarli quanto basta allo scopo che ti sei prefisso, mai di più. Ciò non toglie che certi narratori sono convinti di dover seguire in bagno o a letto ogni personaggio ogni volta che ci deve andare. Personalmente lo trovo di cattivo gusto, a meno che la spedizione non torni utile al racconto.

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