C'era
una volta una ragazza che amava leggere e i libri. Erano i suoi
migliori amici: quelli con cui amava trascorrere il tempo, quelli che
avevano sempre una risposta alle sue domande, anche quando lei non
pensava di averne da rivolgere, quelli che le tenevano compagnia nei
momenti di solitudine, quelli che la proteggevano la notte quando la
paura l'assaliva.
L'amore
crebbe e lei volle conoscerli sempre meglio: chi li stampava, chi li
scriveva, chi li vendeva, chi li leggeva, chi li commentava. Era
sempre stata una ragazza molto curiosa. Scoprì un mondo affascinante
e scoprì che le piaceva viverci dentro, girare per le sue strade,
conoscere le vie, sapere chi vi abitava, che cosa faceva, dove
andava. Sapeva molto di quel mondo.
Ma
un giorno si smarrì, persa dietro a tutte queste informazioni, si
dimenticò proprio di lui: del libro, del loro amore e di come tutto
era incominciato.
Durante
quest'ultimo Salone del Libro di Torino, ho avuto nostalgia di quella
ragazza, che non era interessata al contenitore ma solo al contenuto,
che non conosceva molte case editrici e che probabilmente, quando
leggeva un libro, non avrebbe saputo dire da chi era pubblicato. A
lei sono sempre e solo interessate le storie. Non conosceva i premi e
chi li aveva vinti, non sapeva chi fosse il più venduto o il più
famoso, non sapeva di acquisizioni, fallimenti, scontri e rivalità.
Lei conosceva solo le storie.
Mi
mancava quella ragazza e durante questo Salone sono andata a
riprendermela. All'inizio pensavo
sarebbe stato molto difficile, quasi impossibile: giravo per gli
stand e conoscevo già tutto, mi sembrava non ci fosse nulla di
nuovo: dov'erano lo stupore e la sorpresa? Poi è bastato rallentare,
non avere l'affanno di vedere, incontrare, salutare. Di dovere.
Le
parole sono tornate a me, i libri sono tornati a me e tutto il
chiasso che li circondava come per magia è svanito.
Ho
partecipato solo a tre dei già pochi incontri che avevo messo in
programma di seguire; in tutti ho preso appunti e mi sono commossa,
perché tutti hanno saputo parlare al mio cuore, mi hanno donato le
parole di cui avevo bisogno.
Grazie
a Michela Murgia che mi ha ricordato che “La
speranza è credere che quello che si stia facendo abbia un senso,
nonostante l'esito che si avrà”;
a Nadia Fusini che mi ha suggerito che “Ogni
donna è una Penelope che tesse intorno ad una mancanza”
e a Enzo Bianchi che mi ha insegnato che “Non
ci si deve sottrarre a quello che ci viene dato dalla vita e che la
vita è incompiuta già di per se”
Grazie
a questo Salone del libro che mi ha fatto ritrovare quella ragazza, che continua ad amare i libri.
Ben tornata, dunque! :)
RispondiEliminaEvviva!
EliminaE' molto bello sapersi fermare ad ascoltare i nostri bisogni profondi. claudiag
RispondiEliminaSpero di esserne sempre capace. E' stancante perdersi e poi doversi cercare continuamente.
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