Non
sapevo bene che cosa cercassi in questo libro, forse la testimonianza
di un sopravvissuto, che mi dimostrasse che ce la si può fare, si
può passare attraverso la tempesta e uscirne vivi. Ognuno, a modo
proprio; senza vergognarsi del proprio dolore, delle proprie lacrime,
della propria disperazione, dell'autocommiserazione.
Leggevo
Joan Didion raccontarmi il suo “Anno del pensiero magico”
pensando di avere il distacco necessario perché io non c'ero ancora
passata. Ma lei è venuta a scovarmi nell'angolino in cui mi
nascondevo, tra le bugie che mi raccontavo.
Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli di quella mortalità anche quando la respingiamo...
Un'
osso duro che non ha paura di affermare:
...piangiamo anche, nel bene e nel male, noi stessi. Come eravamo. Come non siamo più. Come un giorno non saremo affatto.
Un'
osso duro che impara a proprio spese che è necessario, per andare
avanti, compiere una professione di fede nel futuro. Che ti
invita, ti esorta, a non rimanere aggrappato al passato.
Dovevi sentirla cambiare, la marea. E dovevi abbandonarti al cambiamento.
Quando
sei arrivato, aprile, non ti aspettavo e allo stesso tempo ti temevo.
E invece, così come sei arrivato, te ne sei andato. Un alito di
vento tra i capelli, un lampo di luce che ti fa chiudere gli occhi,
una pausa, un sospiro, l'impressione di esserti
dimenticato qualcosa di importante. Ed eri già finito.
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