Quando
ho finito di leggere “In viaggio contromano” di Michael
Zadoorian mi è venuta in mente la frase di Robert Frost: «In
three words I can sum up everything I've learned about life: it goes
on.» (In due parole posso
riassumere tutto quello che ho imparato sulla vita: va avanti). Ho
pensato che è proprio quello di cui volesse raccontarci l'autore con
questa storia: del viaggio come metafora della vita.
Michael
Zadoorian iniziò a scrivere questo romanzo dopo la morte del padre,
che aveva sofferto negli ultimi anni di Alzhaimer, proprio come il
protagonista John, e malata è anche l'altra protagonista, la moglie
Ella, all'ultimo stadio di un brutto cancro. L'autore però, come
scrivevo, vuole dimostrarci che la vita va avanti, nonostante tutto,
la vita se ne infischia di malattie e vecchiaia, di medici e figli
che sono contrari a qualsiasi tipo di spostamento; la vita non ha
bisogno di due vecchietti che trascorrono i loro ultimi anni, mesi,
giorni immobili nella loro casa, la vita vuole andare avanti. E
allora l'autore prende i suoi protagonisti, fa in modo che rapiscano
loro stessi e si mettano in viaggio.
Non
un viaggio qualsiasi, ma un viaggio on the road, non una strada
qualsiasi, ma la mitica Route 66: Michael Zadoorian ha le idee molto
chiare su quello che vuole raccontarci e come. Avrebbero potuto
prendere un aereo, più comodo e veloce, ma all'autore non interessa
arrivare in fretta a destinazione a lui interessa il tempo che si
impiega per farlo, il viaggio appunto. Avrebbero potuto prendere
l'autostrada, ma anche quella sarebbe stata troppo veloce come via,
Michael Zadoorian vuole indicarci il ritmo del viaggio (vita), vuole
che ci prendiamo il tempo di guardare fuori dal finestrino, vuole
insegnarci ad essere padroni del nostro tempo, di decidere andatura,
soste, partenze, vuole raccontarci degli imprevisti che possiamo
incontrare per strada, vuole dimostrarci che siamo in grado di
rialzarci e ripartire, una volta, due, tre, infinite.
Così
Ella e John partono a bordo del loro ormai un po' datato camper, il
Leisure
Seeker;
nulla è lasciato al caso, neanche il nome del mezzo, che si può
tradurre con “Colui che cerca il tempo libero”, e in cerca di
libertà sono proprio i nostri protagonisti: libertà dai medici, dai
continui esami e controlli, libertà dai proprio figli, ormai
investiti del dovere di prendersi cura dei genitori ormai anziani e
malati, ma anche impegnati a prendere decisioni al loro posto.
...i chilometri ci strappano ai nostri vecchi sé. La mente è sgombra, cala il dolore, si dissolvono le ansie...
Si
ri-mettono finalmente di nuovo alla guida della loro vita; c'è un
gesto che fa Ella poco dopo essere partita che esprime proprio questo
suo nuovo senso di libertà: si toglie la parrucca per poter
risentire il vento nei capelli, quei pochi che le sono rimasti dopo
le numerose e dolorose cure.
...mi rendo conto in quel momento che se mi va di sentire il vento e il sole in faccia, non c'è proprio nulla che me lo vieti. Mi tolgo il foulard, mi sgancio il casco di fibre sintetiche dalla nuca, dove è precariamente attaccato agli ultimi capelli che mi restano... Che sollievo meraviglioso. Non so da quanto la mia testa non vedeva la luce del sole... Mi sento già più leggera.
E'
Ella la voce narrante della storia, è lei la nostra conducente in
questo viaggio, anche se è John a guidare il camper, è lei la
custode del passato, del presente e del futuro suo e del marito; è
un personaggio che può piacere o no: forte, decisa,
sarcastica e spiritosa, consapevole dei suoi limiti dettati da
vecchiaia e malattia, eppure mai si lascia andare alla disperazione,
alle futili lamentele verso un destino beffardo e avverso.
C'è così poca leggerezza in questo periodo della vita, mentre è il momento in cui ce ne sarebbe più bisogno.
Ella
che osserva il paesaggio fuori dal finestrino e che vi si rispecchia,
in un continuo rimando tra le immagini decadenti che le scorrono
sotto agli occhi e la vecchiaia che vive sulla propria pelle.
E' il cielo più vasto, più luminoso, più azzurro che abbia mai visto. Mi fa male guardarlo, ma non riesco a fermarmi. Perlustro la sua serena immensità... La sua grandezza, la sua assoluta immensità mi fanno sentire così insignificante che realizzo che tutti i miei problemi si dissolveranno senza che nessuno se ne accorga.
La luce radente rivela la consistenza della roccia, ogni centimetro inciso, segnato dal tempo. Guardo il mio braccio, scorro le dita sui milioni di piccole pieghe che coprono la mia pelle come righe infinite di calligrafia sbiadita. C'è scritto qualcosa, sia qui che là, ma io non sono in grado di leggerlo.
Durante
un viaggio è abitudine guardare i chilometri percorsi, Ella e John
fanno lo stesso con la loro vita guardando la sera, prima di andare a
dormire, le diapositive delle vacanze fatte in passato insieme ad
amici e figli. Mi è piaciuta molto questa questa metafora originale
escogitata dall'autore per parlare del passato, di come nel farlo non
abbia quasi mai assunto un tono nostalgico ma sempre di gioia e
gratitudine per la vita trascorsa. Anche in questo caso Michael
Zadoriaan sembra voglia darci un suggerimento, sembra volerci dire
che così come è sbagliato soffermarsi sul futuro, lo è altrettanto
voler chiudere definitivamente con lui, ostinarsi nel voler andare
avanti senza mai voltarsi indietro; ci invita a farlo ma con un certo
tipo di sguardo.
E' come guardare la televisione, salvo che va in onda la nostra vita.
Come
ogni viaggio, anche questo è destinato ad arrivare alla fine, ed è
curiosa ma non casuale la scelta della destinazione che fa l'autore:
Disneyland. Mi sono interrogata a lungo sul perché di questa scelta
e sono arrivata alla conclusione, personalissima ovviamente, che
Michael Zadoorian ci stia facendo un invito: a divertirci, a prendere
la vita con più leggerezza, a salire sulla giostra e a goderci la
corsa. Finché dura.
Ecco, questo libro volevo comprarlo al Salone poi, non so perchè, l'ho lasciato lì. Ora che leggo la tua recensione me ne pento (e la lista degli acquisti letterari ha un testo in più).
RispondiEliminaLe mie liste di libri da comprare si allungano di giorno in giorno, sono contenta di riuscire a "rendere il favore" ogni tanto e far allungare quelle degli altri... ahahah!
EliminaFammi poi sapere che ne pensi, se lo leggi.
Mi è stato regalato da un mio amico per il mio compleanno di diversi anni fa, credo fosse il 2010 o 2011, mi è piaciuto ma ho trovato eccessive, come dissi, le cose che riescono a fare nonostante la malattia, ecco, questo pensai quando lo lessi e poi ahimè alla luce del tumore di mio padre ho pensato che in effetti non è possibile, ma forse... rimane un buon testo che consiglio, per i diversi livelli di lettura e il messaggio di fondo. Sandra
RispondiEliminaForse fa bene pensare di poter rimanere padroni della propria vita, fino all'ultimo...
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