Le
invidiavo la confidenza con i gesti che, fino ad allora, avevamo
attribuito agli adulti. Forse erano sempre stati lì, sottopelle,
pronti a emergere come certi virus. I gesti degli adulti veri. Noi,
semmai, ne eravamo dei pallidi imitatori.
Vi
capita mai di sentirvi dei bambini che stanno giocando ai grandi? A
me sì, spessissimo. Prendo un caffè con le amiche e ho come
l'impressione di essere ancora quella bambina che giocava alle
signore. Guardo VV e realizzo all'improvviso che sono, realmente,
mamma. In quei momenti ho come un vuoto allo stomaco, un risucchio,
perché mi rendo conto che non sto giocando, ma che sto davvero
vivendo quei momenti e un po' mi spavento. Fa paura essere grandi.
Quand'è che si smette di giocare e si inizia a fare sul serio?
Ripensai
a una coppia che avevo accompagnato quel mattino. A come erano
entrati, nell'appartamento, tenendosi vicini. Come avessero una sorta
di timore reverenziale per quello che stavano facendo. Così giovani
da essere ancora smarriti, nei gesti consueti della vita adulta.
Aprire un conto in banca. Pagare le rate della macchina. Affittare un
appartamento da dividere in due... Era nostalgia, quella che avevo
provato, uno struggimento dolcissimo per quello che tutti siamo
stati, e non saremo più. E per tutto quello che avremmo potuto
essere e tutte le cose che non faremo più per la prima volta... a
loro, la sensazione di aver fatto un passo in più in quella che era,
all'apparenza, una strada tracciata, senza curve, in cui non è
possibile smarrirsi... quello che vedevo, era la totale aderenza dei
loro gesti alla realtà... Vedevo degli ingranaggi perfettamente
congegnati, innestati senza traumi.
Cosa
succede se quegli ingranaggi si inceppano? Se qualcosa va storto: non
si sta alle regole del gioco, si finisce nella casella che ti tiene
fermo un turno, devi ripartire dal via, perdi la partita? Puoi sempre
provare a giocarne un altra. Puoi provare a smettere di giocare e
iniziare a fare sul serio. Diventare grande. E' quello che cerca di
fare Angelo, il protagonista di “L'appartamento” di Mario
Capello, il secondo libro della rubrica Turineisa.
Separato
da poco, lascia il lavoro precario nell'editoria per seguire la ex
moglie e il figlio nel paese di periferia dove si sono trasferiti.
Cosa
mi aveva spinto ad andare ad abitare vicino a loro, a Cortemaggiore,
tre strade più in là a voler essere precisi, lì dove il paese
finisce, dissolvendosi nei campi di fieno e granturco, nella
cittadina dove ero cresciuto, a da cui ero fuggito alla volta di
Torino appena possibile? Cosa mi aveva spinto a lasciare il mio
lavoro?...avevo l'impressione di essere nel posto giusto. Esattamente
nel posto in cui sarei dovuto stare. Al centro.
A
casa mi aspettavano, immersi nell'acqua untuosa del lavello, i piatti
del giorno prima. Poi avrei guardato un film, aspettando il sonno,
nella mia casa vuota. E il giorno dopo, al termine di un'attesa di
anni, avrei saputo cosa aspettarmi. Mi sarei svegliato con qualche
certezza – poche, mediocri, ma salde.
Per
mantenersi si mette a fare l'agente immobiliare ed è proprio
accompagnando i possibili acquirenti a visitare di volta in volta
appartamenti diversi che Angelo rifletterà e tirerà le file della
sua vita e quella delle persone a cui è voluto rimanere accanto.
Pensai
a quello che avevo detto poco prima, in macchina. A come vendere case
e leggere manoscritti fossero più simili di quanto avessi pensato. A
come entrare nelle storie degli altri fosse un pertugio, un buco in
cui affondare lo sguardo dentro una camera oscura.
Durante
una di queste visite conoscerà il Signor Ferrero, un uomo tutto d'un
pezzo, solido e rispettabile, ma che custodisce un segreto, che
riguarda non solo il paese in cui abitano, ma il passato dell'Italia
intera. Angelo, da lettore amante delle storie, ascolterà anche
quella di questo suo nuovo “amico” e poi agirà di conseguenza,
come farebbe un adulto, perché in fondo vogliamo tutti la stessa
cosa: non smettere di credere.
Vidi
il paese per quello che, in effetti, era: un reticolo di sguardi
reciproci. Nel quale nessuno poteva perdersi, ma dove nulla andava
perduto.
...le
famiglie riunite per cena nei loro appartamenti che la pulizia non
poteva preservare dalle macchie dei dettagli nascosti, dai segni che
il tempo passava anche in quei loro gusci protettivi, gli sguardi
rivolti agli altri, come una rete, i segreti saputi da tutti, ma
taciuti, messi da parte come ospiti sgraditi.
Un
libro che ho letto tutto d'un fiato, che mi ha incatenata con la
storia, ma anche con la scrittura, con le bellissime immagini e
metafore legate agli appartamenti, i gusci che ci custodiscono. Un
libro ottimista e fiducioso verso il futuro, per quanto il gioco dei
grandi sia molto difficile, a tratti per niente divertente.
...aprire
alloggi vuoti per arearli e convincere giovani coppie che il futuro
esiste e tanto vale investirci.