Credo
tanto nel potere dei libri e della lettura; a volte li leggo come se
fossero un oracolo, come se avessero “la” risposta, come se
fossero in grado di indicarmi la strada, svelarmi il segreto,
insegnarmi le regole.
Così,
quando la dottoressa del reparto dove era ricoverato mio padre mia ha
fatto comprendere in modo dolce e gentile che “dovevo prepararmi”,
la prima cosa che mi è venuta naturale fare è stata quella di
cercarmi un libro che mi aiutasse a farlo. La prima cosa che
realizzi, infatti, è che anche quando pensi di essere pronto, in
realtà non lo sei affatto, tutto il tuo essere si ribella alla
fatalità della vita e della morte.
Non
potevo quindi non essere attratta dal titolo “Così è la vita.
Imparare a dirsi addio” di Concita De Gregorio. Di lei avevo già
letto “Mi sa che fuori è primavera” e avevo molto apprezzato la
sua scrittura, così come ho apprezzato lei le poche volte che ho
avuto il piacere di ascoltarla parlare di persona.
Seduta
affianco al letto di mio padre, sprofondato in un sonno da cui si è
svegliato raramente, tra cui proprio il giorno prima di andarsene,
regalandomi la gioia di essere riconosciuta, di potergli dire che gli
volevo bene, nelle lunghe e tediose ore di ospedale, ho letto,
sottolineato, ho studiato e ho trovato conforto nelle parole di una
persona che finalmente non aveva paura di nominare la morte.
Nel nostro tempo si è proibito il tema della morte come nello secolo scorso quello del sesso. La contingenza, la finitezza, la fragilità, la sofferenza e la morte – come la sconfitta, come ogni tipo di perdita – non fanno parte del quadro mentale dell'uomo occidentale. Sono avvenimenti secondari, estranei. Sono diventati temi proibiti, difficili.
L'estetica dell'eterna giovinezza racconta di un'etica posticcia in cui conta solo il qui e ora, l'incasso immediato, tutto il resto sono scarti da occultare, incidenti di sistema.
E se non c'è più il tempo, se ogni giorno è uguale al precedente è sempre oggi non c'è ieri né domani, non c'è più nemmeno il senso interno della responsabilità dei propri gesti. Ci sono scelte che si fanno, conseguenze che si vedono. La responsabilità non è che questo: la coscienza della conseguenza delle proprie azioni... il funerale della responsabilità nessuno lo ha mai celebrato. Siamo troppo presi a gestire le conseguenze del presente, ogni giorno da capo. E se anche ci fosse, quel funerale, nessuno ci porterebbe i bambini, se no si impressionano.
I
bambini fanno domando, sono curiosi e non smettono fino a quando non
si ritengono soddisfatti delle tue risposte. Ovviamente temevo le
domande di Vittoria ma non avevo nessuna intenzione di mentirle per
risparmiarle dolore e sofferenza; per quanto non mi faccia per niente
piacere vederla soffrire, i sentimenti negativi fanno parte della
vita ed è mio compito insegnarle ad affrontarli. Temo molto di più
vederla confusa e in difficoltà perché non comprende qualcosa che
di vederla triste.
Concita
De Gregorio in questo suo libro scrive molto dei e per i bambini;
racconta di dialoghi che avuto con loro sul tema della morte, di
storie che ha sentito o eventi a cui ha assistito in prima persona
partecipando a dei funerali e anche di parecchi libri per l'infanzia
che affrontano questo difficile tema, raccolti al fondo in un'utile
appendice. E tra le sue pagine che ho trovato il coraggio di essere
il più possibile sincera con Vittoria e le parole per farlo. Inutile
aggiungere che poter parlare con VV, rispondere alle sue domande ha
aiutato anche me a dare voce al mio dolore, a raccontare cos'è la
morte per me.
Sciocchi
quelli che non portano i bambini ai funerali: “Egli è quello
che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare
puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva.” Pascoli
Ecco,
io la morte di mio padre ve la farei raccontare da Vittoria, così vi
spiegherebbe come ha fatto ad uscire dal soffitto per volare in ogni
dove, soprattutto nei nostri cuori; che la sera prima del funerale
c'è stato il fioraio (rosa-rio) dove si dicono tanti Padre Nostro e
Ave Maria «Ma neanche una
preghiera a Gesù, che è il più importante?!»,
e poi siamo andati in cremeria (tempio crema-torio), che la nonna di
rose dalla bara ne ha prese due perché, sai, lei era la moglie. E
concluderebbe con «Però che
bello, poter volare ovunque».
Concita
De Gregorio non ha “la” risposta, ma ti invita, parlando
liberamente e in modo lieve, a non fuggire la morte, perché fa parte
della vita. Oserei anzi dire che questo libro, in fondo, è un inno
alla vita.
Il tuo racconto di questo momento così doloroso e privato è molto commovente.
RispondiEliminaTi invio un abbraccio stretto stretto.claudiag
Grazie ancora.
EliminaQuesto libro di Concita era anche vicino a me, quando ho seguito mia mamma.
RispondiEliminaHo amato ogni parola, ogni descrizione, ha avuto un effetto avvolgente e rasserenante.
Pensavo che non sarei stata in grado di accompagnarla con la serenità necessaria nel suo ultimo cammino.
Così non è stato, tutto, pur nel grande dolore provato, è andato come doveva andare, naturalmente e quasi con dolcezza, una dolcezza e una tranquillità infinita che penso, sono certa, mia madre ha sentito.
Ti sono molto vicina e ti abbraccio forte.
Adele
"Avvolgente e rasserenante" sono due parole che descrivono molto bene questo libro.
EliminaMi dispiace per la tua mamma. Ti abbraccio forte anch'io.