È
proprio vero quello che si dice dei libri, che si fanno leggere solo
quando è il momento giusto per te. Questo l'avevo già preso in mano
una volta, ne avevo letto una, due pagine e poi l'avevo messo via,
non mi ispirava, non mi parlava.
Mesi
dopo, lunghe ore di convalescenza davanti a me, divoro un libro dopo
l'altro e una imprescindibile regola: scegliere solo tra quelli che
giacciono da tempo immemore sugli scaffali dedicati ai libri ancora
da leggere.
Dopo
un funerale e un intervento chirurgico importante, c'è forse titolo
più adatto e speranzoso di “La vita va avanti”? Dell'autore,
Vito Ferro, avevo letto questa estate la sua raccolta di racconti “La
perdita degli anni”. Lo so che non si dovrebbe dire, che un
racconto è perfetto solo quando contiene tutto al suo interno, in
una precisione millimetrica, non un grammo di più ne uno di meno,
però non ce ne è stato uno, di quei racconti, che non avrei tanto voluto
che proseguisse. Ritraggono una realtà così straniante, così
alienante ma così verosimile, che tu lettore fatichi ad accettarla.
Proprio come fatichi ad accettare le assurdità della vita. Però non
riesci a staccartene, a tagliare il cordone ombelicale. Anche se con
una scrittura molto diversa, mi ha risvegliato le stesse sensazioni
che provai leggendo “La trilogia di New York” di Paul Auster.
Il
romanzo “La vita va avanti” non è da meno nel suo essere
originale, basta dirvi che è ambientato in un cimitero e che tutta
la narrazione avviene al suo interno, senza mai uscirne, se non un'unica volta. Difficile raccontarvelo senza rivelarvi troppo. Vi basti
sapere che parla della morte, e così facendo vi racconta la vita;
che mentre lo leggete nasce spontaneo domandarsi se non sia possibile
che a volte i morti siano più vivi dei vivi e che a legare gli uni
agli altri ci sia un'unica cosa: il desiderio.
Mi mancano i panini, mi manca tossire, mi manca mangiarmi le unghie e sentire la musica, pensare di poter viaggiare, mi mancano certe sere in pullman quando tornavo da lavoro, […] mi manca la doccia, mi manca fare l'amore, […] mi mancano le aspettative stupide con le quali mi riempivo le giornate, […] mi manca poter toccare qualcuno, mi sono lasciato alle spalle troppi abbracci, ho perso l'occasione di milioni di carezze, […] questa è una storia che non sarei stato capace di raccontare, […]
Perché
ci si può sentire così, anche e soprattutto da vivi.
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