Un
giorno ho incontrato una persona che mi ha detto: “Io non voglio
essere chiamata malata. Non voglio che si dica malattia. Non voglio
proprio che vengano dette queste parole in mia presenza”. Era molto
arrabbiata. Non so nulla di quella persona, del suo passato, del suo
vissuto, del suo presente. Non so nemmeno il suo nome. La capisco; in
diversi momenti urlava forte dentro di me “Io non sono la mia
malattia!”, non volevo che tutto si riducesse solo a questo, non
volevo che gli altri non vedessero altro di me all'infuori di questo.
Ognuno ha le sue motivazioni e tutte sono valide.
La
malattia purtroppo (o per fortuna?) ti mette di fronte a un fatto che
tendiamo a dimenticare, a non voler prendere in considerazione, a
negare: siamo mortali. Quante volte pensate, parlate, discutete
onestamente e francamente di morte? Rispondo io per voi: mai (ci sono
argomenti più interessanti, in effetti). Mai, se non siamo obbligati
a causa di una malattia o di un lutto. E anche quando lo facciamo
usiamo frasi fatte, di circostanza. La malattia e la morte sono
argomenti tabù, intimi, che affrontiamo, se li affrontiamo, nella
nostra solitudine.
Io
stessa non ne parlo, anche se da quando mi sono ammalata ci penso
spesso: ho dovuto, mio malgrado, farci i conti con questa eventualità
(che tanto eventuale non è, perché è il destino di tutti, è il
“quando” a mandarci in crisi). Pensandoci ho scoperto che non ho
paura di morire (di soffrire sì), ovviamente spero che accada il più
tardi possibile, ma non mi preoccupo, non passo le mie giornate
pensando “Oddio e se muoio?!”. Sapete invece qual'è la cosa che
mi preoccupa e mi fa davvero stare in pensiero, che mi fa venire un
groppo in gola e una stretta allo stomaco? Il pensiero di chi rimane
e deve affrontare questa perdita. Al confronto, morire è facile.
(Suona forte, mi rendo conto)
Quando
ho questi pensieri, quando mi assale la paura, ho un bisogno sfrenato
e disperato di essere rassicurata, di sapere che staranno tutti bene,
che se la caveranno (VV soprattutto) anche senza di me; ho quasi la
necessità di sentirmi inutile, di sapere che non hanno bisogno di me
per essere felici e stare bene (egocentrica?). Non vorrei che nessuno
soffrisse per me e, se questo è inevitabile, spero passi presto, che
ritornino a vivere, a sorridere, a sognare. Un giorno ho letto questa
frase su Internet che riassume benissimo che cos'è il dolore per una
perdita:
Grief felt like carrying a huge bag of bricks: at first, I thought, ‘I’m not strong enough to carry this much grief; it will kill me.’ But as time passed, the bag got lighter and lighter. I can’t ever put the bag down, it is with me forever, but now I’m strong enough to carry it.
(Il dolore è come portare un'enorme borsa piena di mattoni: all'inizio pensavo “Non sono abbastanza forte per portare tutto questo dolore; mi ucciderà.” Ma man man che il tempo passava, la borsa diventava sempre più leggera. Non potrò mai posare questa borsa, starà con me per sempre, ma ora sono forte abbastanza per portarla.)
Ecco,
questo secondo me è il messaggio del libro turineisa di Silvia Greco
“un'imprecisa cosa felice” edito da Hacca: un messaggio di
speranza, un messaggio di forza.
Resti lì, attonito, stravolto, incredulo, davanti a quella scena assurda. Com'è possibile? Non si può morire così, non puoi crederci. Amore mio, no, ti prego, no, mamma, papà, amica mia, nonno, fratello. Zia. E' uno scherzo di pessimo gusto.Ma poi inizi a vederci un segno. Lei, lui, loro se ne sono andati lasciandoti un sorriso. Adesso te ne accorgi, lo vedi. Lo acciuffi e te lo rimetti in bocca.
Ti seguo da tantissimo tempo anche se non commento.
RispondiEliminaIo ho perso mia mamma e dopo qualche mese mio fratello: la mia famiglia, Ora non ho più nessuno, c'è solo mio marito vicino a me, non ho figli.
Quando è successo mi sono sentita distrutta,disperata, priva di forza, non ce l'avrei mai fatta. Invece sono riuscita, ti giuro non so come, a trovare la forza dentro di me, non sapevo di averla. Io credo che ci aiutino in questo proprio le persone che ci hanno lasciato, lo credo davvero.
Ho preso nota, come faccio sempre, del libro di cui hai scritto. Ti abbraccio forte
Adele
Grazie Adele per aver condiviso la tua dolorosa esperienza.
EliminaTi abbraccio forte anch'io. Francesca
Questo libro mi è piaciuto molto, come mi è piaciuta Silvia, l'autrice, che, come sai, ho conosciuto di persona. Hacca edizioni è un gran bell'editore, guarda con quale cura fa i libri! Anche la carta è stupenda.
RispondiEliminaConcordo, un'edizione molto curata, anche esteticamente.
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