Ho
imparato a cucinare a 21 anni. Non che prima non lo facessi, ma era
più un divertimento che una necessità; la voglia di provare la
ricetta di un dolce, le prime volte che i miei genitori mi lasciavano
a casa da sola e mi arrabattavo a mettere qualcosa nel piatto. Anche
se, vuoi mettere la soddisfazione e la trasgressione di mangiare per
cena i cereali della colazione o latte e biscotti?!
A
21 sono andata da sola a Londra, ho trovato il mio primo vero lavoro,
ho vissuto da sola per la prima volta. Ai tempi internet e la
tecnologia non facevano ancora così tanto parte del nostro
quotidiano; non avevo un cellulare ad esempio. L'unico contatto che
avevo con i miei genitori erano le telefonate, ma non tutti i giorni
perché costavano, e le lettere. Non ho mai scritto così tante
lettere come in quel periodo, ai miei genitori ma anche agli amici.
La fama della posta inglese? Più che confermata: nel giro di pochi
giorni non solo la mia lettera era già arrivata a destinazione,
ricevevo anche la risposta. Ho ancora nelle orecchie il suono della
buca da lettere; si, quella dei film, un buco nella porta, il rumore
sordo del battente seguito dal tonfo della posta sul pavimento. Il
suono di un regalo in arrivo, il suono della gioia.
Ho
iniziato a chiedere per lettera a mia madre alcune ricette, nulla di
troppo difficile: il ragù per la pasta, la peperonata, i piselli con
il prosciutto; lei puntuale mi rispondeva. E ho iniziato a cucinare.
La mia non era fame di cibo sano, era fame di casa; era la prima cosa
che, inconsciamente, mi era venuta in mente di fare per sentirmi un
po' più vicina alla mia famiglia. Quando si dice che il cibo nutre
sia l'anima che il corpo non è poi un'ovvietà così scontata.
Vorrei
poter dire che da quel mio lungo soggiorno lontano da casa sia nata
una grande passione per la cucina ma non sarebbe vero. Mi piace
provare nuove ricette e i dolci sono la mia grande passione e i miei
cavalli di battaglia, ma in realtà mi annoio molto a dover pensare
tutti i giorni, per ben due volte al giorno, a che cosa mettere in
tavola. Ora che c'è VV, inoltre, cerco di variare il più possibile
e portare in tavola sempre qualcosa di nuovo (i bimbi si annoiano
facilmente) ma non è per niente facile. Non facciamo grande uso di
piatti pronti, anche se è successo che i ravioli del Signor Rana ci
abbiano salvato diverse cene, e nel freezer non mancano mai i
bastoncini di pesce o un paio di hamburger. Molto spesso ce la
caviamo con poco, come un piatto di pasta condito con delle verdure o
un secondo (carne, pesce, uova, legumi) con contorno. Uso e abuso
della vaporiera. Per quanto mi riguarda le verdure non devono mai
mancare, tutto il resto è un optional. Per VV funzionano molto bene
i piatti unici: polpette e tortini dove metto dentro la qualunque.
Il
ragu? Lo faccio ancora così come mi aveva scritto mia madre e, un
giorno, sogno di passare quelle lettere a VV; perché il cibo è
casa.
Giustissimo il cibo è casa, i cibi pronti, alcuni sono molto buoni va detto, sono carissimi di solito se cerchi qualità. Bacio Sandra
RispondiEliminaNon demonizzo nulla; così come qualche volta capita di mangiare da McDonald, un piatto surgelato fa più che comodo e in effetti alcuni sono proprio sfiziosi.
EliminaBello tramandare le ricette. Spero che. oltre a quelle della tua mamma, tu possa tramandarne delle tue.
RispondiEliminaCibo è casa, è condivisione, è storia, è cultura, è affetto, è economia, è politica, è amministrazione.
Ma quando sei stanca e sei costretta a far da mangiare anche per altri, vorresti solo aver sposato un cuoco!
A dieci metri da casa abbiamo una pizza da asporto. In mancanza del marito cuoco, ci si accontenta! :-)
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