Ho
preso la patente pochi mesi prima di compiere trent'anni. Non avevo
paura di guidare, solo non ero interessata a farlo: mi spostavo
agevolmente con i mezzi pubblici o trovavo sempre un amico gentile
pronto a darmi un passaggio. Avere o meno la patente non era una cosa
che metteva in dubbio la mia indipendenza; ancora adesso l'auto la
uso pochissimo.
Eppure
questa cosa era inspiegabile per molte se non tutte le persone che
conoscevo. Dai 18 ai 29 anni mi sono sentita chiedere in
continuazione «Hai preso la
patente?» e, alla mia risposta
negativa, avevano anche il coraggio di chiedere il perché. Santa
pazienza.
Poi
a ventotto anni, a seguito di un colpo di fulmine verso una mansarda,
quello che sarebbe diventato mio marito ed io abbiamo comprato casa e
deciso di andare a convivere. Dopo questo passo importante qualcosa dentro
di me è scattato e mi ha fatto decidere che fosse giunto il momento
di prendere quella maledetta patente.
In
un impeto di vendetta tremenda vendetta, ho deciso di tenerlo
nascosto a tutti: mi hai sfraccassato gli zebedei chiedendomi fino
alla nausea se avevo fatto una determinata cosa? Ora che sto
finalmente per farla, non te la dico. Se vi fa piacere potete
aggiungere anche un gne gne gne e fare le boccacce.
Immaginate
con che faccia da schiaffi ho tenuto questa conversazione:
«Cosa
ti hanno regalato i tuoi genitori per il tuo trentesimo compleanno?»
«Una macchina»
«Una
macchina? Adesso ti toccherà prendere la patente»
«Veramente
ce l'ho già»
«Ce
l'hai!? E quando l'hai presa?»
Il
colpo da maestra è stato rispondere con un «Eh... da un po'...»,
lasciando l'interlocutore nel dubbio se lo stessi prendendo in giro
o lo avessi fatto per tutti quegli anni, dicendo che non l'avevo
ancora presa. Come so che ha funzionato? Perché nei mesi seguenti
sono tornati alla carica chiedendomi quando di preciso mi fossi
patenta e io rispondevo con un amabilissimo «Chi si ricorda...».
Non
vi ho raccontato tutto questo per farvi sapere che si, quando ne ho
voglia, so essere molto antipatica, ma perché vorrei farvi capire la
soddisfazione che si prova a dire le cose solo una volta fatte, a
raccontare i propri successi solo una volta che li si è perseguiti.
Per non sentirsi chiedere in continuazione nel frattempo: Come va?
Come sta andando? Come procede? Ma ce la stai facendo?
L'ho
fatto. Punto.
L'ho
scritto inoltre per informarvi che sì, ho fatto dei buoni propositi
per questo nuovo anno ma che ho deciso di non condividerli. QUI, in modo molto più serio,
viene spiegato perché è una buona prassi non farlo.
Gne
gne gne!
Be someone that does things, not someone who talks about things.
Darius Foroux