È
strano come, in quest'epoca in cui siamo abituati a condividere foto,
notizie, pensieri, opinioni anche molto personali, si abbia
l'impressione di conoscerci l'un l'altro e come invece, alla fine, si
rimanga sempre dei perfetti estranei. O quasi. Quella che si da su
Instagram, il blog o Facebook è sempre l'immagine migliore di noi
stessi, rivista, corretta, photoshoppata (se solo sapessi usarlo...)
perdendo spesso in autenticità. Per fortuna non sempre è così, io
per prima sono una grande sostenitrice della sincerità, del non
costruito, non programmato e seguo principalmente persone che mi
sembrano avere la stessa filosofia. Sono una grande fan dei Social,
alcuni almeno, che sono per me fonte di intrattenimento, di
confronto, di approfondimento, di scoperta e, perché non ammetterlo,
di compagnia, visto che spesso sono sola a casa fino a quando non
vado a prendere VV a scuola. Ogni tanto però sento il bisogno di
accorciare le distanze, di tendere una mano. Visto però che non
posso obbligare nessuno ad aprirsi di più con me, lo faccio io per
prima e oggi vi racconto cinque cose che non sapete di me.
IL
MIO PRIMO BACIO
Non
mi sono mai considerata bella. Ci sono giorni che mi piaccio, altri
no, altri così così. Eppure so di essere carina perché mi è stato
spesso detto. Ma tra il sentirselo dire e crederlo veramente...
Scoprire di piacere a qualcuno, quando ero ragazzina, era fonte di
sorpresa: io ero l'amica, quella con cui si scherza, si parla, ci si
confida, non quella di cui ci si innamora. La verità è che i miei
corteggiatori li avevo ma non li vedevo. Devo ammettere che, per
molto tempo, non sono poi stata così tanto interessata, preferivo di
gran lunga l'amore dei libri e nei libri. Il mio primo bacio l'ho
dato a sedici anni o, sarebbe più corretto dire, l'ho ricevuto; io
ero troppo preoccupata e concentrata a capire che cosa dovessi fare e
a cercare di non ingoiare il chewing gum che non avevo fatto in tempo
a sputare. Lui sarebbe poi diventato il mio primo grande amore,
quello a cui penserò sempre con molto affetto e che avrà sempre un
posto speciale nel mio cuore.
L'UNIVERSITA'
Sono
in pochi a sapere che, prima di iscrivermi alla facoltà di Lingue e
letterature straniere, ho sprecato
due anni della mia vita nella facoltà di fisica. Volevo studiare
astronomia, peccato io non sia per niente portata allo studio delle
materie scientifiche, non almeno al livello richiesto da una facoltà
universitaria. I
miei genitori e alcuni professori del liceo avevano cercato di
mettermi in guardia ma, si sa, a quell'età si è un po' testardi e
ci si crede onnipotenti. È stata dura dover ammettere di aver
sbagliato, di aver fallito; ricordo ancora perfettamente come mi
sentivo il giorno in cui ho trovato mia madre ad attendermi fuori
dalla porta del bagno perché mi aveva sentita piangere sotto la
doccia. E non sarò mai abbastanza grata ai miei genitori per non
avermi impedito di scegliere quella facoltà, di avermi lasciato la
libertà di sbagliare da sola e, soprattutto, di non avermelo mai
rinfacciato con un «Io te lo avevo detto».
LA
PRIMA VACANZA DA SOLA
Per
anni i miei genitori hanno avuto una casa al mare dove ho trascorso
tutte le mie estati dalla fine della scuola fino alla ripresa a
settembre. Ho sempre considerato quella città della Liguria la mia
seconda casa ed è stato bello ritornarci di anno in anno, stessa
spiaggia e stesso mare proprio come recita la canzone, e stessi
amici aggiungo io. Quando abbiamo deciso di lasciare la casa le ho
anche dedicato un post che resta il più cliccato di sempre (lo
trovate qui). Comprenderete perché, a parte qualche viaggio studio,
io non sia mai stata interessata a fare altro se non tornare tutte le
estati lì, dal mio mare, dai miei amici. Così, il mio primo vero
viaggio da sola, l'ho fatto con quello che poi sarebbe diventato mio
marito. Ricordo l'emozione e l'agitazione la sera prima della
partenza, ricordo come invece fosse poi stato tutto naturale e
spontaneo condividere le giornate con lui e di come, una notte nella
tenda, avessimo deciso i nomi dei nostri futuri figli. Vittoria se
fosse stata una femmina.
IL
MIO PRIMO COLLOQUIO DI LAVORO
Deciso
di abbandonare la facoltà di fisica brancolavo nel buio, la mia
autostima era sottoterra e non sapevo cosa fare della mia vita. Per
fortuna sono venuti in mio soccorso i genitori della mia amica
inglese, conosciuta proprio al mare, che mi hanno invitata ad andare
a casa loro. Cambiare aria insomma... I patti con i miei genitori
erano chiari: non era una vacanza di svago, avrei dovuto cercarmi un
lavoro e mantenermi, loro avrebbero contribuito solo al biglietto
aereo e gli amici all'alloggio, nulla di più.
Ai
tempi, durante l'estate, nelle vetrine dei negozi era un fiorire di
annunci di lavoro, era sufficiente entrare, richiedere il modulo da
compilare, riportarlo e poi sperare in una chiamata. Impiegai una
mattinata a raccoglierli, il pomeriggio a compilarli e la mattina
dopo, con ancora i capelli bagnati della doccia, feci il giro per
riconsegnarli. in uno di questi negozi, il responsabile mi fece
accomodare e facemmo una piacevole chiacchierata, annaffiata da il
primo dei numerosi Nescafè che avrei bevuto a quel tavolo. Fu solo
quando mi disse «Però al lavoro non venire in jeans, infradito e
con ancora i capelli bagnati» che compresi che avevo appena
sostenuto il mio primo colloquio di lavoro e che ero stata assunta.
TANICHINA
Mi
dicono che do l'immagine di essere una persona dolce, solare, sempre
con il sorriso e pacata. Se chiedeste alla mia famiglia però vi
risponderebbero «Sì... al primo impatto...» Se dovessi scegliere
un difetto, direi che il peggiore, o meglio quello che mi ha causato
più guai perché spesso ha portato al fraintendimento, è il mio
essere accondiscendente: sono una pacifista,
sono per vivi e
lascia vivere,
sono per il cerchiamo di andare d'accordo con tutti. Ma le persone
sovente mi fraintendono; pensano che io sia un'insicura (e in parte
lo sono), pensano, a volte, che io sia una sprovveduta, pensano di
potermi sopraffare e lo fanno, non sempre con cattiveria, magari
perché mi sottovalutano, o mi vogliono aiutare, proteggere...
Non amo gli scontri, non sono competitiva e sono più per il lasciar
correre, se il fatto non è grave. Ma non sono brava a dimenticare,
mando giù il rospo, poi magari ne mando giù un altro, accumulo,
accumulo, accumulo e poi... esplodo!
Parecchi
anni fa, quando mio fratello si metteva molto d'impegno e faceva
bellissimi bigliettini personalizzati per noi familiari, si inventò
Tanichina, la fanciulla a rischio d'esplosione, proprio come una
tanica piena di benzina, e da allora è il mio soprannome in
famiglia.
Non siete autorizzati ad usarlo. Mi raccomando, non fatemi
arrabbiare...