Quando
leggerete questo post io sarò tornata a casa da poco da Cracovia e mi
accingerò a ripartire, questa volta destinazione montagna, che come
ben saprete sono ormai le mie vere vacanze in totale relax, dove mi
limito a dormire, mangiare, leggere e fare lunghe passeggiate in
modalità repeat.
Se
tutto va come le mie previsioni (non succede quasi mai, ma mi
ostino), qualche giorno prima del decollo avrò iniziato la lettura
di “The Trumpeter of Krakow” dello scrittore americano Eric P.
Kelly, un romanzo per bambini (8 anni in su) pubblicato nel 1928.
L'ho scoperto grazie alla guida di viaggio di Cracovia (questa) e
sono poi andata a leggere diverse recensioni su Internet, la maggior
parte erano entusiaste e mi hanno convinta all'acquisto: oltre ad
essere stato premiato con la “John Newberry Medal” della
letteratura per bambini, molti di coloro che l'avevano letto
sottolineavano la capacità dell'autore, grande appassionato e
studioso di cultura polacca, dove visse come professore universitario
anche per parecchi anni, di descrivere a fondo la vita e le usanze di
Cracovia nel Medioevo.
Ero
indecisa se portare un libro di poesie di Wislawa Szymborska,
scrittrice originaria proprio di questa città, ma poi ho deciso di
optare per un autore e un libro poco conosciuti, almeno in Italia. Ed
è proprio questo il mio suggerimento per le letture di questa
estate: siate avventurosi,
scostatevi dai libri più noti e più pubblicizzati, andate alla
ricerca di autori sconosciuti, esordienti o di piccole case editrici o cambiate completamente genere.
L'ho fatto, e lo sto facendo, grazie alla rubrica “Turineisa” e
sto avendo piacevolissime sorprese.
Un
altro consiglio che mi sento di darvi è: leggete o rileggete un
classico. Il mio ultimo confronto con un classico risale all'ormai
lontano 2012 e non è andata tanto bene, come vi raccontavo QUI. In
montagna ho deciso di prendere di petto niente di meno che “Guerra
e pace”, voglio dare un'altra possibilità a Tolstoj e secondo mio
fratello potrebbe piacermi, al punto da avermi regalato una
bellissima edizione del 1961. Il mio è anche un disperato ora
o mai più, altrimenti quando la
troverò nuovamente la voglia e la forza di affrontare 1468 pagine?!
Nel
caso dovessi finire tutte le mie letture in programma, arriverà un
ulteriore post con i libri in panchina!
Da sempre la lettura, e in particolare la letteratura, si è presentata con un carico di preconcetti, a priori sociali, di dover essere, aspettative. Così ogni lettura diventa in qualche modo obbligatoria: perché è il libro “di cui si parla”, perché se non lo leggi “sei fuori dalla discussione”, perché è il libro “che incide sul reale”, perché ha vinto un premio, perché devi averlo letto e al massimo lo rileggi. Perché “dobbiamo darci un tono”. Perché quello stile e solo quello ha l’etichetta “letteratura” attaccata addosso e ci fa sentire membri alla tribù. Dimenticandosi quello che diceva proprio Szymborska, e cioè che con un libro in mano «l’Homo ludens è libero. Almeno nella misura in cui gli è concesso di esserlo. È lui a stabilire le regole del gioco, obbedendo soltanto alla propria curiosità. Gli è dato di leggere sia libri intelligenti, dai quali apprendere qualche cosa, sia libri sciocchi, perché anche da quelli è possibile ricavare informazioni. È libero di non leggere un libro sino alla fine e di cominciarne un altro dall’ultima pagina risalendo verso l’inizio. È libero di farsi una risatina là dove non è previsto, o di soffermarsi infine su parole che poi ricorderà per tutta la vita.Francesco Guglieri(QUI l'articolo intero da cui è tratto)