Questa
estate, durate il nostro soggiorno a Edimburgo, aveva luogo, oltre ad
altri numerosi festival tra cui quello della letteratura, anche il
“Fringe Festival”, il più grande festival d'arte al mondo con
nel 2016: 50266 performance, 3269 spettacoli, 294 strade coinvolte;
esibizioni per tutti i gusti che includevano taetro, commedia, danza,
circo, cabaret, musicals, spettacoli per bambini, opera, ecc.
La
sua particolarità sono le piccoli esibizioni che le compagnie
eseguono lungo le strade per promuovere i loro spettacoli e invitare
la gente di passaggio a prendervi parte: solo questo era già uno
spettacolo in sé. Non avevamo programmato di prendere parte al
festival, rimanendo ad Edimburgo quattro giorni, pensavamo di
visitare solo la città; camminando per le sue vie però era più
semplice accettare i numerosi volantini che venivano distribuiti (tra
l'altro alcuni molto belli, che abbiamo tenuto come ricordo) che dire
in continuazione «No, thank
you». Fu così che a mio
marito ne capitò uno in mano che catturò subito la mia attenzione,
soprattutto la frase che riportava sul retro: have you ever wondered
what characters do when the writer's not looking? (Vi siete mai
chiesti che cosa fanno i personaggi quando lo scrittore non sta
guardando?). Dopo diversi tentennamenti da parte mia e molta
insistenza da parte di mio marito, ho deciso di abbandonare il gruppo
e recarmi a vedere questa rappresentazione teatrale e ora sono
davvero felice di averlo fatto perché è stato uno spettacolo molto
bello, divertente a tratti, commovente e ricco di riflessioni.
La
scena si apriva in una stanza, con due personaggi di un non ben
identificato libri, uno seduto e uno in piedi, in preda ai crampi
perché lo scrittore è da molto tempo che non scrive: ha il blocco
dello scrittore! Man mano che lo spettacolo proseguiva, eravamo
spettatori dei numerosi tentavi dello scrittore per superare questo
suo stallo creativo: far comparire un mazzo di fiori in scena,
provare ad introdurre una voce narrante (rappresentata da un attore),
far improvvisamente diventare uno dei due personaggi un omosessuale e
infine il colpo di scena, introdurre una porta. Avranno il coraggio
di attraversarla? Esilarante per le reazioni che avevano di volta in
volta i due personaggi, lo spettacolo è diventato molto commovente
quando quest'ultimi hanno incominciato ad interrogarsi sul loro ruolo
e le loro vite, intuendo di essere in tutto e per tutto nelle mani
del loro scrittore. Quale destino li attenderà?
Quando
ho ripreso in mano “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro
per prepararmi al primo incontro di Bookcoaching, ha preso forma
davanti agli occhi un'altra medesima stanza/prigione: Darlington
House, la residenza dove Mr Stevens, protagonista del libro, ha
sempre vissuto e lavorato come maggiordomo. Mi sono immaginata Kazuo
Ishiguro nell'atto di far comparire una porta e Mr Stevens nell'atto
di varcarla, per compiere il suo primo viaggio lontano da quello che
era a tutti gli effetti l'unico luogo che aveva mai conosciuto,
l'unica vita che avesse mai vissuto. Quale destino lo attenderà?
Non
aggiungo altro, vi lascio con una poesia, che questo libro mi ha
portato alla mente.
Una Prigione poco per volta diventa un amico -E un legame di Parentela prende corpoTra il suo Volto Severo e il Nostro -E nei suoi Occhi – due fessure sottili -
Dove con gratitudine cerchiamoQuel Raggio che ci è destinatoChe ci spetta – affamati – porzione statuita -E agognata – come quella del cibo -
Impariamo a conoscere le Assi -Che rispondono al passo -Sulle prime – un suono di grande tristezza -Poi – ora – di certo non dolce, quanto
Quello degli spruzzi negli Stagni -Quando la Memoria era un RagazzinoPiuttosto che un Recinto Composto -Una gioia Geometrica -
E il Giiro della ChiaveChe interrompe la GiornataE la Sfrontatezza della Libertà -Non così reale per noi – nonostante lo Sforzo -
E il Fantasma di AcciaioI cui lineamenti – di Giorno e di Notte -Ci sono familiari – come i Nostri -E – come i nostri – senza via di scampo – davvero -
Il Cerchio sottile – il Limite -Poi la passività che poco alla voltaPrende il posto della Speranza – una QuieteTroppo erta per guardare verso l'alto -
La Libertà che abbiamo conosciutoEvitata – come un Sogno -Troppo lungo per qualsiasi Notte se non per il Cielo -Ammesso che quello – davvero – sia la salvezza -
Emily Dickinson
Deve essere stato uno spettacolo molto bello e sarebbe stato davvero un peccato perderlo; questo è proprio il tipo di rappresenzioni che amerei vedere. La poesia che hai pubblicato è bellissima e veramente "opportuna": mi fa riflettere su quante siano le prigioni che frequentiamo e come tutte siano uguali fra loro. claudiag
RispondiEliminaSai qual'è la cosa triste? Molto spesso le nostre prgioni ce le costruiamo noi...
EliminaLo spettacolo è stato davvero molto bello: due attrici, due sedie e poco più, ma tante emozioni!
Mi sarebbe piaciuto vedere lo spettacolo! Deve essere stato davvero interessante.
RispondiEliminaQuando penso alle prigioni penso alle sbarre, ai muri (alti, spessi, invalicabili)...da che parte siamo noi? Siamo davvero "dentro"? Oppure siamo "fuori" e semplicemente stiamo guardando "dentro"?
E chi lo dice che "fuori" sia meglio che "dentro"?
Grazie al cielo le mie sono elucubrazioni prettamente teoriche, e posso pure fare filosofia, visto che chi è venuto prima di me mi ha fatto l'immenso regalo di vivere in un paese libero.