lunedì 14 novembre 2016

Quel che resta del giorno


Questa estate, durate il nostro soggiorno a Edimburgo, aveva luogo, oltre ad altri numerosi festival tra cui quello della letteratura, anche il “Fringe Festival”, il più grande festival d'arte al mondo con nel 2016: 50266 performance, 3269 spettacoli, 294 strade coinvolte; esibizioni per tutti i gusti che includevano taetro, commedia, danza, circo, cabaret, musicals, spettacoli per bambini, opera, ecc.


La sua particolarità sono le piccoli esibizioni che le compagnie eseguono lungo le strade per promuovere i loro spettacoli e invitare la gente di passaggio a prendervi parte: solo questo era già uno spettacolo in sé. Non avevamo programmato di prendere parte al festival, rimanendo ad Edimburgo quattro giorni, pensavamo di visitare solo la città; camminando per le sue vie però era più semplice accettare i numerosi volantini che venivano distribuiti (tra l'altro alcuni molto belli, che abbiamo tenuto come ricordo) che dire in continuazione «No, thank you». Fu così che a mio marito ne capitò uno in mano che catturò subito la mia attenzione, soprattutto la frase che riportava sul retro: have you ever wondered what characters do when the writer's not looking? (Vi siete mai chiesti che cosa fanno i personaggi quando lo scrittore non sta guardando?). Dopo diversi tentennamenti da parte mia e molta insistenza da parte di mio marito, ho deciso di abbandonare il gruppo e recarmi a vedere questa rappresentazione teatrale e ora sono davvero felice di averlo fatto perché è stato uno spettacolo molto bello, divertente a tratti, commovente e ricco di riflessioni.


La scena si apriva in una stanza, con due personaggi di un non ben identificato libri, uno seduto e uno in piedi, in preda ai crampi perché lo scrittore è da molto tempo che non scrive: ha il blocco dello scrittore! Man mano che lo spettacolo proseguiva, eravamo spettatori dei numerosi tentavi dello scrittore per superare questo suo stallo creativo: far comparire un mazzo di fiori in scena, provare ad introdurre una voce narrante (rappresentata da un attore), far improvvisamente diventare uno dei due personaggi un omosessuale e infine il colpo di scena, introdurre una porta. Avranno il coraggio di attraversarla? Esilarante per le reazioni che avevano di volta in volta i due personaggi, lo spettacolo è diventato molto commovente quando quest'ultimi hanno incominciato ad interrogarsi sul loro ruolo e le loro vite, intuendo di essere in tutto e per tutto nelle mani del loro scrittore. Quale destino li attenderà?


Quando ho ripreso in mano “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro per prepararmi al primo incontro di Bookcoaching, ha preso forma davanti agli occhi un'altra medesima stanza/prigione: Darlington House, la residenza dove Mr Stevens, protagonista del libro, ha sempre vissuto e lavorato come maggiordomo. Mi sono immaginata Kazuo Ishiguro nell'atto di far comparire una porta e Mr Stevens nell'atto di varcarla, per compiere il suo primo viaggio lontano da quello che era a tutti gli effetti l'unico luogo che aveva mai conosciuto, l'unica vita che avesse mai vissuto. Quale destino lo attenderà?
Non aggiungo altro, vi lascio con una poesia, che questo libro mi ha portato alla mente.
Una Prigione poco per volta diventa un amico -
E un legame di Parentela prende corpo
Tra il suo Volto Severo e il Nostro -
E nei suoi Occhi – due fessure sottili -

Dove con gratitudine cerchiamo
Quel Raggio che ci è destinato
Che ci spetta – affamati – porzione statuita -
E agognata – come quella del cibo -

Impariamo a conoscere le Assi -
Che rispondono al passo -
Sulle prime – un suono di grande tristezza -
Poi – ora – di certo non dolce, quanto

Quello degli spruzzi negli Stagni -
Quando la Memoria era un Ragazzino
Piuttosto che un Recinto Composto -
Una gioia Geometrica -

E il Giiro della Chiave
Che interrompe la Giornata
E la Sfrontatezza della Libertà -
Non così reale per noi – nonostante lo Sforzo -

E il Fantasma di Acciaio
I cui lineamenti – di Giorno e di Notte -
Ci sono familiari – come i Nostri -
E – come i nostri – senza via di scampo – davvero -

Il Cerchio sottile – il Limite -
Poi la passività che poco alla volta
Prende il posto della Speranza – una Quiete
Troppo erta per guardare verso l'alto -

La Libertà che abbiamo conosciuto
Evitata – come un Sogno -
Troppo lungo per qualsiasi Notte se non per il Cielo -
Ammesso che quello – davvero – sia la salvezza -

Emily Dickinson

3 commenti:

  1. Deve essere stato uno spettacolo molto bello e sarebbe stato davvero un peccato perderlo; questo è proprio il tipo di rappresenzioni che amerei vedere. La poesia che hai pubblicato è bellissima e veramente "opportuna": mi fa riflettere su quante siano le prigioni che frequentiamo e come tutte siano uguali fra loro. claudiag

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    1. Sai qual'è la cosa triste? Molto spesso le nostre prgioni ce le costruiamo noi...
      Lo spettacolo è stato davvero molto bello: due attrici, due sedie e poco più, ma tante emozioni!

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  2. Mi sarebbe piaciuto vedere lo spettacolo! Deve essere stato davvero interessante.

    Quando penso alle prigioni penso alle sbarre, ai muri (alti, spessi, invalicabili)...da che parte siamo noi? Siamo davvero "dentro"? Oppure siamo "fuori" e semplicemente stiamo guardando "dentro"?
    E chi lo dice che "fuori" sia meglio che "dentro"?

    Grazie al cielo le mie sono elucubrazioni prettamente teoriche, e posso pure fare filosofia, visto che chi è venuto prima di me mi ha fatto l'immenso regalo di vivere in un paese libero.

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